18 Maggio 2020, 12:21
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PALERMO – Saracinesche alzate e porte aperte, furgoni che scaricano merci, ma soprattutto tante famiglie pronte a una sfida da “ora o mai più”: oggi la Palermo che lavora si è svegliata molto presto, o forse ieri non è proprio andata a dormire. Da qualche giorno erano in corso i preparativi per le riaperture di molti settori dell’economia italiana e regionale, e oggi quella che molti già definiscono “Fase 2 e mezzo” è ufficialmente iniziata. Un processo in cui non si è certo rivelato d’aiuto il ritardo del governo nazionale nel pubblicare il decreto sulle riaperture (a meno di sei ore dall’entrata in vigore), che quindi ha portato il governo Musumeci a emanare l’ordinanza per la Sicilia in tutta fretta. Nel capoluogo dell’Isola il risultato è variegato e coinvolge indistintamente tutti i settori, dal commercio al dettaglio fino alla ristorazione, passando per centri estetici e parrucchieri: c’è chi è riuscito ad allinearsi alle norme anti-contagio, chi sta lottando contro il tempo per non perdere altri giorni preziosi, e chi proprio non ha intenzione di avventurarsi in quella che gli sembra una missione impossibile.
Al salone Equipe della Bellezza di Tiziana Pantano si lavora fin dal primo minuto. Le postazioni per il taglio sono passate da quattordici a nove, “distanziandole a tre metri anche se avremmo potuto lasciarne anche uno – spiega la proprietaria – ma non ci convinceva. Così la clientela è sicuramente più tranquilla. Abbiamo dimezzato anche le postazioni per lo shampoo”. Da oggi accorgimenti come sacchetti per le borse delle clienti all’ingresso, visiere, guanti e spazzole confezionate singolarmente in buste di cellophane saranno all’ordine del giorno. “Ma è chiaro che guadagneremo il 50 per cento in meno – fa presente Pantano – oltre al fatto che si è persa quell’atmosfera che si trovava venendo da noi. Ma quanto mi mancava tagliare i capelli…”. Loredana Raccuglia, una cliente, spezza una lancia a favore di “una categoria penalizzata senza nessun motivo. Guardiamoci intorno: qui la situazione è anche più sicura di tante altre attività come i supermercati, che però hanno lavorato senza sosta. Qui c’è un’igiene che non ho visto da nessuna parte. Che si tratti di piccole attività o di grandi saloni come questo, per i parrucchieri e i centri estetici restare due mesi a casa non è stato giusto”.
Emanuele La Licata, titolare dell’omonimo caffè e tabacchi, si è preparato al meglio delle possibilità. “Abbiamo installato un plexiglass alla cassa, dotato il personale di mascherine e guanti, sistemato i dispenser di sanificante in vari punti del locale e più che dimezzato i posti all’esterno – dice – mantenendo anche più di un metro di distanza interpersonale: un tavolo per quattro ormai è da considerare per due, e se un cliente volesse avvicinare una sedia a un’altra lo inviteremmo noi stessi a non farlo. Anche all’interno gestiamo il servizio un cliente per volta – aggiunge La Licata – mentre chi fa parte dello stesso nucleo familiare può entrare insieme ma deve stare comunque distante l’uno dall’altro”. Come molti altri esercenti, però, La Licata ammette: “Le nuove misure per ripartire non ci convincono. Lo facciamo per amore dell’attività. Siamo aperti da due settimane perché abbiamo fatto asporto e domicilio, ma con risultati molto bassi, e ora qualcosa dobbiamo inventarcela: per esempio – conclude – per ora ci ripetiamo che siamo una startup e quindi stiamo investendo per lanciare, e non rilanciare, la nostra attività. Ci fa stare meglio”.
Spostandosi in centro saltano subito all’occhio le nuove, insolite file della “Fase 2 e mezzo”: non più solo davanti ai supermercati, ma anche fuori dalle sedi dei ‘big’ dell’abbigliamento H&M e Zara, ancora chiusi. “Già la fila?”, chiede qualche dipendente; “Dovreste esserne contenti”, scherzano i clienti.
FASE 2, PALERMO RIAPRE: GUARDA LE FOTO
Poco distante da una piazzetta Bagnasco ancora praticamente serrata e deserta, lo storico negozio di abbigliamento Sinagra è invece pronto a ricominciare. “Solo a marzo e aprile, mesi ‘caldi’ per via dei matrimoni, ho perso molte decine di migliaia di euro – dice il titolare Giacomo Sinagra – e sicuramente non riceverò nulla in cambio. Preciso che anche mio figlio lavora con me, e che il nostro unico impiegato l’ho pagato io perché non ha ricevuto la cassa integrazione. Ora – aggiunge – in vista del mese di maggio non so a quali gravi danni vado incontro. La mia attività ha quasi 52 anni, e ancora oggi ho clienti che vengono qui dallo stesso tempo, la mia clientela vuole sentirsi protetta e io sto facendo il possibile: siamo provvisti di sanificante, protezioni individuali, guanti da fornire al cliente anche se non compra niente. Quello non è un problema, piuttosto lo è il fatto che ho merce in negozio da febbraio e quella è rimasta, e che dopo un’ora e mezza dall’apertura non è ancora entrato nessuno”. Il primo cliente arriva (e acquista) alle 10,43. “Se siamo responsabili ci salviamo”, è il suo commento secco.
A pochi metri, al negozio di streetwear Yankee, cambia lo stile ma non le accortezze per ripartire: “Abbiamo deciso di far entrare non più di cinque persone alla volta, a prescindere se la normativa fosse meno stringente – spiega il titolare Giuseppe Longo -. Gli articoli è possibile provarli, come da decreto, ma il cliente trova sempre il sanificante sia nei camerini, sia all’entrata, sia in cassa. Come la vedo? Ci siamo fatti una vacanza di 70 giorni, cosa che non mi succedeva da 17 anni di carriera, e ho cinque dipendenti e fornitori da pagare. È inutile nascondersi, ma è anche vero che la crisi di oggi non è tanto diversa dal 2012 e quella l’ho superata. Ora devo pur dare un motivo al cliente per venire in negozio – prosegue – e quindi sto ripartendo già coi saldi, ma oltre a questo abbiamo comunque fatto di necessità virtù: abbiamo lanciato l’e-commerce e, per l’occasione, abbiamo lanciato una collezione denominata ‘United for Community’ in collaborazione con artisti di strada che si può acquistare su ordinazione; un progetto di cui sono doppiamente soddisfatto perché tutto il ricavato andrà direttamente alla Croce Rossa”.
La nuova fase a Palermo però ha anche un’altra faccia: nel mondo della ristorazione sono in tanti a non essere riusciti ad adeguarsi in tempo, a non sentirsi abbastanza tutelati e a non voler rischiare la salute della clientela: “Domani il Qvivi non apre – assicura Ezio Giacalone, proprietario del noto locale in centro – perché ancora materialmente non abbiamo ben capito come funziona. Il decreto è uscito da troppo poco tempo e ancora le linee guida per noi non sono chiare, e finché non saranno chiare sicuramente non aprirò. Magari spero di farcela in settimana”.
Perplesso e prudente anche Antonello Amoroso, del ristorante Amoroso Salotto Culinario: “Le bozze di decreto e ordinanza circolavano da qualche giorno, e purtroppo i documenti ufficiali si confermano un po’ contraddittori – commenta -. In Sicilia si danno per buone le linee guida del governo nazionale ma restano tantissime cose da capire, per esempio di chi è la responsabilità se in un tavolo si asserisce che tutti i commensali sono conviventi e quindi si fa sì che il distanziamento sociale sia praticamente azzerato. Io personalmente non sono riuscito ad attrezzarmi in tempo e, da quello che ho notato confrontandomi coi colleghi, siamo in molti a non voler aprire a queste condizioni. Io attenderò un paio di settimane, ma facendo previsioni realistiche non escludo l’opzione delle ferie forzate”.
“Io domani non apro per serietà – rilancia il titolare del ristorante Balata, Francesco Carnevale -. Sarei quasi pronto, ma se le regole hanno un senso dovevamo avere almeno una settimana per i necessari interventi: sanificazione di ambienti e climatizzatori, visite e formazione personale, attrezzarsi coi dispositivi di protezione individuale, gli ultimi accorgimenti in sala e definire i menu. In settimana farò tutto ciò che serve – precisa – e spero di aprire il prossimo weekend o al massimo a fine mese. Se vogliamo riconquistare la fiducia dei clienti dobbiamo essere molto responsabili. Siamo abituati alle regole sanitarie e ne applicheremo altre, ma conoscerle poche ore prima è vergognoso. Ma apriremo – promette – e i ristoranti saranno i posti più sicuri d’Italia”.
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18 Maggio 2020, 12:21