05 Gennaio 2018, 19:41
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PALERMO – Non c’è stato alcun Natale nella casa della famiglia Lucido. Addobbi, albero e decori sono chiusi in dei grossi sacchi, così come gran parte dei “pezzi” di vita di Mariano, Filippa e delle due figlie, sotto sfratto ormai da ottobre. Nell’appartamento al primo piano di via Diana, nella zona di Partanna Mondello, tra i grossi scatoloni e le valigie pronte, sembra esserci spazio soltanto per le lacrime.
Le stesse che non riesce a trattenere Daniela Lucido, insegnante precaria di 50 anni, quando abbraccia la madre e il padre, entrambi invalidi al cento per cento. La famiglia avrebbe dovuto lasciare la casa oggi pomeriggio: l’esecuzione era prevista per le 15,30, ma il custode giudiziario ha deciso di rinviarla di quindici giorni. “Non serve a nulla – dice la donna – perché saremo nella stessa situazione. E’ inutile rinviare, noi vogliamo soltanto rimanere nella nostra casa. Ci sarà tolta dopo una serie di ingiustizie che riteniamo fortemente di aver subito”.
La vicenda ha origini lontane nel tempo e sarebbe stata alimentata negli anni da controversie per questioni legate ad eredità immobiliari. E’ stato un parente ad aggiudicarsi la casa, “messa all’asta dopo il pignoramento – spiega Daniela Lucido -. Avremmo dovuto pagare ventimila euro circa di spese legali, visti i procedimenti civili che abbiamo affrontato, ma la nostra richiesta di rateizzazione è stata rifiutata e questo è il risultato. I miei genitori non possono muoversi, non hanno un’altra casa in cui andare. Mia sorella è invalida al 76 per cento per una malattia degenerativa, io sono una precaria. Quale futuro avremo? Ogni euro che entra, va via per altre spese legali – continua l’insegnante – e un ordine di rilascio previsto fra quindici giorni renderà inutile anche l’eventuale giudizio di merito che sarà discusso in appello il 17 marzo. Siamo disperati – prosegue – affrontiamo da soli questa situazione paradossale da anni”.
Mariano, il padre 91enne, respira con difficoltà. Sotto il piumone ha lo sguardo pieno di paura: “Lui ha detto che vuole morire qua – dice la figlia – è questa la sua casa. Da quando ci è stato ordinato di andare via non vuole più prendere le sue pillole, non mangia più. Tutto ciò è gravissimo se consideriamo che è immobilizzato per un grave problema all’anca ed ha due piaghe da decubito”.
La moglie, Filippa, ha gli occhi lucidi. Dal letto chiede l’abbraccio della figlia, vuole essere confortata. Lei è cardiopatica e soffre di ipertensione. “Il medico legale ha affermato che i miei genitori possono lasciare l’appartamento sulle barelle – sottolinea la donna – ma forse nessuno ha realmente idea delle loro condizioni di salute, comprese quelle psicologiche. Questa storia che si trascina ormai da decenni – conclude – ha cambiato profondamente il nostro stile di vita, abbiamo perso da tempo la tranquillità, ci ha sconvolto”.
In via Diana, oggi, anche il consigliere della settima circoscrizione, Pietro Gottuso: “Stiamo parlando di due persone che hanno vissuto la loro lunga esistenza in quella casa venduta all’asta e acquistata dai parenti con cui hanno avuto la lite, che adesso ne chiedono lo sfratto. Ora, non entrando nel merito delle beghe familiari o giudiziarie, occorre fare appello all’umanità che dovrebbe albergare in ogni persona; e se la società palermitana, e non solo, si è indignata per la morte di un senzatetto sotto i portici di una via nei pressi del porto, non può permettersi di ‘produrre’ due nuovi senzatetto, tra l’altro a un’età avanzata. Non ci resta che sperare che durante questi quindici giorni prevalga l’aspetto umano e morale”.
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05 Gennaio 2018, 19:41