Cronaca

Sgominati i clan mafiosi di Pietraperzia e Regalbuto: “Mafia militare”

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12 Settembre 2024, 12:19

5 min di lettura

ENNA – Due operazioni in una. La cattura di quattro persone a Pietraperzia, orbitanti attorno a L.B., un pregiudicato per mafia e condannato al processo Primavera. E personaggi vicini a un altro pregiudicato a Regalbuto, A.A.P., già coinvolto nell’inchiesta Go Kart. Sono alcuni dei numeri dell’operazione Lua Mater, condotta dalla Squadra mobile di Enna e dal Commissariato di Leonforte.

Gli arrestati vengono ritenuti componenti o in qualche modo vicini alle famiglie mafiose di Pietraperzia e Regalbuto. Durante le indagini, coordinate dalla Dda di Caltanissetta – diretta dal procuratore Salvatore De Luca, che in questi minuti sta presentando i risultati dell’inchiesta – sono stati sequestrati a Cosa Nostra due imponenti arsenali pronti all’uso.

Le accuse vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso al favoreggiamento personale aggravato, detenzione e porto abusivo di armi da guerra armi clandestine e comuni da sparo. Durante le indagini il sequestro di 3 kalashnikov, 8 fucili e 9 pistole più le munizioni. Tutti sarebbero stati pronti all’uso e nella disponibilità degli appartenenti all’organizzazione mafiosa.

L’indagine su Pietraperzia

A Pietraperzia l’inchiesta ha riguardato L.B., condannato nell’operazione Primavera, che per gli inquirenti teneva i fucili in campagna con l’aiuto del figlio F.B. La polizia ha appreso questa notizia e ha svolto una perquisizione sequestrando un fucile calibro dodici e alcune parti di fucile.

A quel punto però gli investigatori hanno tenuto d’occhio i movimenti dell’indagato usando telecamere dotate di un “visore termico”. E hanno scoperto che i due, assieme a un fiancheggiatore, avrebbero dissotterrato alcuni sacchi di plastica, abbandonandoli in un terreno,

La polizia ha scoperto l’esatto punto in cui erano stati interrati i sacchi. E contenevano 6 pistole, 5 fucili, 1 kalashnikov e 1 mitragliatore da guerra, nonché più di 1.000 proiettili, comuni e da guerra, di diverso calibro.

Il gip di Caltanissetta a quel punto ha accusato di mafia B. L., sua moglie F.G. e suo figlio B. F., oltre al barrese A. A. D.. Gli inquirenti ipotizzano che contino su una schiera di persone a disposizione.

L’operazione su Regalbuto

A Regalbuto è stato arrestato il pregiudicato A.A.P., già condannato al processo Go Kart. Nel magazzino di un bar del centro di Regalbuto, in questo caso, la polizia ha sequestrato un arsenale composto da armi da guerra e da armi comuni.

Il titolare del bar, A.F.P., arrestato in flagrante il primo marzo scorso e cugino di A.A.P., avrebbe detenuto le armi per conto dell’organizzazione mafiosa. Nel corso di una perquisizione, effettuata da personale della Squadra Mobile di Enna e della Squadra di polizia giudiziaria del Commissariato di Leonforte, sono stati sequestrati un kalashnikov, 3 fucili, 2 pistole semiautomatiche e 1 revolver, con relativo munizionamento da guerra, più 250 munizioni, comuni e da guerra, di diverso calibro.

Il controllo del territorio

Secondo gli investigatori, A.P., dopo aver scontato la sua pena, si sarebbe rimesso in azione cercando di ricostruire i rapporti associativi, riproponendosi come referente di cosa nostra a Regalbuto, si all’interno della provincia di Enna, sia all’esterno, in particolare con i catanesi.

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Avrebbe tentato di controllare il territorio risolvendo contrasti tra privati, intervenendo in un caso in cui un uomo avrebbe subito prevaricazioni da un vicino; poi recuperando un’auto e un furgone rubati, in un caso chiedendo del denaro in cambio. Avrebbe pestato uno spacciatore che avrebbe agito senza autorizzazione.

E fatto una spedizione punitiva ai danni del presunto responsabile di un furto, picchiandolo duramente e sottraendogli un ciclomotore. Per questo è accusato di rapina. Il ciclomotore sarebbe stato poi restituito su ordine dello stesso A.A.P.. Lo avrebbe fatto anche per capire se fosse appoggiato da alcuni.

C’è poi un’ipotesi di estorsione. Sarebbe intervenuto perché un uomo a cui sarebbe stato vicino aveva una casa in vendita all’asta. E avrebbe costretto l’acquirente dell’appartamento a pagare una somma al suo amico.

Il procuratore: la mafia “militare”

Quanto accertato in questa operazione conferma l’erroneità del concetto di ‘mafia liquida’ e di una Cosa Nostra che fa solo affari non curando l’apparato militare. E’ dagli anni Novanta che non mi capitava di vedere un così ingente quantitativo di armi sequestrate: tre fucili mitragliatori, di cui due kalashnikov, 8 fucili e 9 pistole, più circa 2mila munizioni”. Così il procuratore capo di Caltanissetta Salvatore De Luca nel corso della conferenza stampa sull’operazione “Lua Mater”.

“Il dato è inquietante – continua De Luca – perché il kalashnikov se ben usato ha una forza tale da riuscire a bucare anche le blindature. Quale fosse l’utilizzo potenziale di queste armi si dovrà accertare ma desta una certa inquietudine. Questo è uno dei distretti d’Italia in cui la criminalità organizzata ha più armi in rapporto alla popolazione. I due arsenali sono stati rinvenuti uno a Pietraperzia e l’altro a Regalbuto, piccoli centri da 7mila abitanti l’uno. Bisognerà accertare il perché di tutte queste armi”.

De Luca ha sottolineato come la Procura e le forze di polizia giudiziaria abbiano esercitato un controllo sul territorio che ha impedito gravi fatti di sangue. “E’ la conferma – ha aggiunto – che la Procura di Caltanissetta non si occupa solo dei filoni di indagini sulle stragi del ’92 ma anche delle dinamiche mafiose attuali avendo la priorità della sicurezza dei cittadini. Si ripropone un copione già visto, cioè un capomafia che esce dal carcere dopo aver scontato diversi anni di detenzione e godendo di particolare prestigio, riprende in mano le redini del territorio”.

“Umiliazioni e pestaggi”

“Le armi venivano custodite da un uomo di fiducia del boss. A Pietraperzia sono state trovate in campagna mentre a Regalbuto nascoste nel bar centrale del paese“. Lo ha detto la dirigente della Squadra Mobile di Enna, Elena Barreca.

“L’organizzazione – ha continuato il commissario capo – operava sul territorio con l’uso della forza mediante minacce, estorsioni, pestaggi. Dall’altra parte il vertice dell’associazione si poneva come referente all’esterno per le famiglie mafiose che operano in altri territori”.

“Tra gli episodi accertati uno particolarmente eclatante in cui il boss decide di infliggere la propria punizione su un giovane, uno spacciatore, umiliandolo perché colpevole di aver avviato un’attività di spaccio senza il suo consenso. Il giovane, particolarmente prestante, prendeva gli schiaffi e non reagiva riconoscendo il potere del boss”.

Le notizie della provincia di Enna.

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12 Settembre 2024, 12:19

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