Si chiude la “via d’uscita | Il governo in un vicolo cieco

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29 Gennaio 2014, 21:21

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PALERMO – La giornata era iniziata con i brindisi del presidente della Regione Crocetta e dell’assessore Bianchi. Ma si è conclusa col gran rifiuto del Commissario Aronica, che ha sparigliato le carte. Gettando il governo dentro un vicolo cieco. Dai margini di manovra strettissimi.

Si è chiusa, infatti, la “via d’uscita” che pareva oggi qualcosa di concreto, sebbene tecnicamente impraticabile. Il commissario dello Stato, a Roma, avrebbe dovuto in qualche modo fare “marcia indietro”. Rileggere la propria impugnativa davanti agli esponenti del governo nazionale e regionale. E magari cedere di fronte a questo o quell’articolo. Ma in che modo? Dove avrebbe portato quella strada?

Probabilmente da nessuna parte. Perché l’impugnativa, piaccia o non piaccia, esiste. Ed è, per intenderci, un atto che innesca un vero e proprio ricorso dello Stato nei confronti della Corte costituzionale. Un ricorso il cui iter è già partito. E che nel recente passato si è concluso con un nulla di fatto solo perché i governi hanno deciso di promulgare la norma senza le parti impugnate. Facendo cadere, così, i presupposti stessi del ricorso. Purificando, insomma, la legge dagli articoli “infetti”.

E del resto, quella di aspettarsi una apertura quantomeno “irrituale” dal Commissario Aronica è apparsa subito come un’idea ardita, coraggiosa. Le parole spese dal governatore nei confronti del Prefetto, nei giorni scorsi, non hanno fatto altro che aggravare la frattura. Renderla ormai scomposta. Accuse aggravate dal tentativo, anche agli occhi dei cittadini siciliani, di puntare l’indice contro quel commissario che “ha tolto i soldi anche ai disabili, alla lotta alla mafia, ai teatri, all’arte, ai lavoratori”.

Senza contare che nemmeno nella Capitale il governo poteva sentirsi certo di trovare tutte le porte aperte. La decisione del governatore, a inizio legislatura, di cacciare il ragioniere generale Biagio Bossone, fedelissimo di Fabrizio Saccomanni, non avrà certamente reso più liscia la strada verso il ministro all’Economia. Non a caso assente oggi al vertice di Palazzo Chigi.

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Il viaggio a Roma di Crocetta e Bianchi, così, non sortirà alcun effetto da questo punto di vista. Nonostante le rassicurazioni, stamattina, dell’assessore all’Economia: “La Finanziaria che promulgheremo alla fine sarà molto simile a quella che precedeva l’impugnativa”. Ma oggi, dopo il gran rifiuto, la possibilità di promulgare la legge di stabilità ignorando i rilievi di Aronica è legata solo a un possibile ricorso alla Corte costituzionale. Un ricorso, però, che potrebbe produrre una richiesta di danno erariale nel caso in cui la Consulta desse ragione al Commissario dello Stato. Un “danno”, in questo caso, da mezzo miliardo. Di cui si dovrebbe fare carico il governo, con l’avallo del Parlamento. Chi è disposto a seguire questa strada? Certamente nessuno.

Così, alla fine all’esecutivo – che finora ha temporeggiato in attesa di sistemare in qualche modo la faccenda – toccherà promulgare la legge senza le parti impugnate. E bisognerà fare anche presto, visto che sembra imminente una diffida dei sindacati confederali per la ritardata pubblicazione. Che sta causando, a catena, ritardi nell’erogazione degli stipendi dei dipendenti regionali.

E non a caso stamattina l’assessore Bianchi e il presidente Crocetta accennavano proprio alla questione “stipendi”. Il primo, ammettendo di trovarsi di fronte a un bivio: “Fare attendere qualche giorno in più i regionali, pur di provare a garantire gli stipendi di tutti gli altri lavoratori che ruotano attorno alla Regione? O pubblicare subito, sbloccando la spesa, ma non potendo rimpinguare i capitoli cassati?”. Il governatore, dal canto suo, ha richiamato i siciliani e le famiglie a “un atteggiamento responsabile per evitare che possano esserci degenerazioni che possano compromettere l’ordine pubblico”. Frasi che possono certamente ottenere anche l’effetto di operare una “pressione” nei confronti del governo nazionale in vista di una possibile trattativa.

Perché la Regione dovrà trattare. Il vicolo è cieco. E l’unica via d’uscita possibile è quella di una ridiscussione generale dei conti. Il presidente della Regione faceva riferimento a un risanamento che passasse attraverso un disegno di legge nazionale fondato sull’acquisto, da parte delle Regioni, di titoli di Stato. Un’ipotesi nebulosa, al momento. Più percorribili – stando ad alcuni addetti ai lavori – sarebbero altre strade. Come la ridiscussione dei contributi della Regione allo Stato (una cifra di circa 300 milioni) o quelli della compartecipazione alla spesa Sanitaria, considerata l’uscita, ormai, della Sicilia, dal piano di rientro. O ancora, una manovra immediata che punti a recuperare le somme impugnate attraverso tagli ad altri capitoli di bilancio, come quelli rivolti agli Enti locali. Tutte idee, al momento. Domani al “tavolo tecnico” ne arriveranno certamente di più concrete.

Ma una cosa, anzi due, sono certe: la Finanziaria non arriverà in Gazzetta ufficiale nemmeno domani. E a quel tavolo il Commissario dello Stato non siederà. L’impugnativa c’è. E rimane. Nonostane l’orgoglio ferito del governo, le rivendicazioni, le aperture dell’esecutivo nazionale, lo spiegamento variopinto di forze politico-istituzionali (da Schifani a Faraone…), e nonostante quell’affollato faccia a faccia durato appena quaranta minuti. Domani, forse, ne serviranno anche di meno. Il vicolo è cieco: il governo deve pubblicare la Finanziaria mutilata e poi mettersi a lavorare a una nuova manovra. Prima possibile. Perché è già troppo tardi.

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29 Gennaio 2014, 21:21

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