“Si torni ad amare il teatro |come ha fatto mio padre”

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26 Settembre 2014, 12:01

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La sua “Lucia di Lammermoor” aprirà la stagione invernale della Fondazione Arena di Verona, il 13 dicembre presso il Teatro Filarmonico della città veneta; Guglielmo Ferro, regista catanese di 48 anni è il primo siciliano ad avere questo onore, che giunge a coronamento di un anno “strano e bellissimo”, come lo definisce lui. Apolide, perennemente in viaggio tra Londra, Roma e Catania, da pochi mesi è anche consulente artistico del Teatro Quirino Vittorio Gassman di Roma.

Ferro, qual è stato il percorso che l’ha portata al Quirino?

“Un percorso lungo diversi mesi. Mi avevano fatto la proposta e io sono stato ben felice di accettare nel momento in cui è stato chiaro che sarei stato messo nella condizione di fare un buon lavoro; perché io voglio tornare a fare il teatro seriamente, come una volta. Come quando, per esempio, non si facevano scambi di spettacoli a scatola chiusa ma si girava per vedere tutte le nuove piéces e solo dopo, se andavano bene, si compravano per l’anno successivo. Buone pratiche che da un bel po’ di anni, in tantissimi teatri italiani, sono state accantonate, in nome del “tu compri un mio spettacolo e io ne compro uno tuo”, senza curarsi della qualità; e solo sulla base, quando va bene, della fiducia.

E quando va male?

Quando va male, sugli scambi di bassa lega, di mercimonio. Ecco, io voglio evitare queste cose, anche perché nella crisi generale del settore è l’unica cosa da fare se si vuole che esista ancora il teatro.

Il Quirino questo l’ha capito?

Il Quirino ha capito che non si può continuare su una riga che non sia quella del fare qualità e del fare pubblico. Faremo cose che rispecchino la storia e la tradizione del Quirino, ma che siano anche aperte alle novità europee, perché il teatro deve essere contemporaneo. Del resto lo è sempre stato: Eschilo, Moliere, Shakespeare, Pirandello, erano contemporanei, cioè scrivevano del loro tempo e la gente si riconosceva e riempiva le sale. Se vogliamo riportare il pubblico a teatro dobbiamo ripartire da lì. E le assicuro che la gente non aspetta altro. Le faccio un esempio: qualche anno fa a Catania abbiamo portato in scena Sicilian Tragedi di Ottavio Cappellani, bene o male non spetta a me dirlo, ma la gente faceva la fila in strada per comprare il biglietto, tutto esaurito sempre. Per inciso lo spettacolo è stato sospeso, non ha completato le repliche programmate. Probabilmente per eccessivo successo. Invece dovremmo prendere esempio dal National Theatre di Londra; se uno spettacolo va male, si sospende, se va bene si può mettere in scena anche per anni.

E il teatro di sperimentazione, allora? Lo cancelliamo?

“No, certo che no. Quello è importantissimo, ma si deve fare nel modo giusto. La sperimentazione è la fucina per il teatro che verrà. Esattamente come la sperimentazione medica; a nessuno viene in mente di vendere in farmacia farmaci sperimentali, o installare protesi non ancora testate. Sono due cose diverse ma complementari.

La Lucia di Lammermoor che aprirà la stagione invernale dell’Arena di Verona è stata creata per il Massimo Bellini di Catania, l’anno scorso, in una situazione terribile: scioperi, pochi soldi, emergenze di tutti i tipi. Eppure è stata scelta…

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“E’ una cosa che mi fa un piacere immenso, che dimostra ancora una volta come anche con poche risorse si possa fare un lavoro straordinario, grazie all’impegno di tutti. Abbiamo cercato di fare un prodotto innovativo e ci siamo riusciti, con la mia squadra che comprende Stefano Pace per le scenografie, Massimiliano Pace per i video e Francoise Raybaud per i costumi; ed è meraviglioso avere un giusto riconoscimento per aver creato una cosa “bella”, oltretutto a Catania. Ogni tanto, capita attraverso il lavoro e la dedizione di conquistare grandi traguardi. Quello che dispiace è che molto spesso le scelte artistiche sono indirizzate verso professionisti bravi solo nel tessere trame e rapporti politici. Questo, secondo me, è quello che ha portato molti teatri alla rovina”.

Lo spettacolo rimarrà uguale?

“ Cambierà il cast, il coro e le maestranze. Ma, anche se sono sicuro che lavorare in un teatro come quello di Verona sarà una meraviglia, mi mancherà l’affetto e la professionalità dei lavoratori del teatro Bellini. Non dimenticherò mai, nonostante le enormi difficoltà, l’amore e la passione che hanno dimostrato.

E a proposito di Catania, ha qualcosa in programma per la sua città natale?

Probabilmente ci sarà una grande sorpresa per Capodanno; ma non è ancora il momento di parlarne.

E’ inevitabile chiederle un parere sul teatro della sua città, quello diventato grande grazie a suo padre e a Mario Giusti, e che da qualche anno si dibatte in acque non proprio felici. Cosa si può fare?

Bisognerebbe trovare qualcuno che ricominci ad amarlo come hanno fatto mio padre, Giusti e molti altri.

 

 

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26 Settembre 2014, 12:01

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