13 Luglio 2014, 06:00
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Speciali siamo. E su questo non c’è dubbio. Il nostro Consiglio si chiama parlamento. I nostri consiglieri deputati. Speciali siamo, in questa mini-repubblica di Sicilia. In questa Regione-Stato sempre fuori sincro. Sempre un po’ più avanti o sempre un po’ più indietro. Speciali siamo. Ma siamo felici? O disperati? Lo chiediamo a voi. Qual è la vera Sicilia? E ve lo chiediamo, per una volta, pregandovi di fare uno sforzo ulteriore. Quello di metterci la faccia. Di rispondere alla nostra semplice domanda (la vera Sicilia è quella di Buttafuoco o è molto migliore di quella?) rendendo noto il vostro nome e il vostro cognome. Per la prima volta su Livesicilia, che ha sempre difeso l’anonimato dei lettori anche a costo di rinunciare ai soldi di una legge regionale, dovrete dirci chi siete. E come la pensate. L’immagine che ne verrà fuori dovrà avere i contorti nitidi. Frutto del vero identikit di ciascuno di voi.
Per riassumere la questione. Pietrangelo Buttafuco ha reso omaggio al suo bellicoso cognome. E ha acceso, con un (volontariamente) provocatorio pamphlet una miccia che sembrava lì da anni. Ha dato vita a una scintilla dentro la camera a gas dell’Isola-Stato. Per far esplodere la polemica. Le polemiche. Cioè tutte le declinazioni possibili, le sfumature di colore del problema: una Sicilia Buttanissima senza speranza, se non quella dell’azzeramento. Persino terminologico. La cancellazione della specialità. L’invio di un commissario, più “ferreo” di Mori. Come dire che l’unica, l’ultima speranza è quella di essere “normali”.
Ma a questo quadro di gattopardismo post-moderno, a questa immagine di pessimismo della Ragione che fu di Sciascia, vero “padre”, al netto del differente contesto (e ci si risiamo), della polemica buttafuocosa, sembra ne esista un’altra, di Isola. La Sicilia rivoluzionata dal presidente anti-manciugghia. La Sicilia destrutturata a colpi di revoche, provvedimenti, rotazioni, codici etici e qualche “lettera scarlatta” piazzata sul petto di qualche “indegno” siciliano. Una Sicilia nuova, che sembra piaccia ai siciliani.
Questa Sicilia pare non si prostituisca. Sembra che nessuno le abbia chiesto di farlo. Ed è felice, felicissima della nuova era. Di quest’alba di un nuovo giorno durato già un anno e mezzo. È la Sicilia raccontata dal presidente della Regione. Una terra nella quale, precisa il governatore, “la disperazione è evidente, ma a me spetta trovare le soluzioni. Dare la speranza”. E Rosario Crocetta è già convinto di esserci in parte riuscito. Se è vero che rivendica l’efficacia delle grandi pulizie nella Formazione, nella Sanità, nella comunicazione. E soprattutto nella lotta alla mafia. Una mafia che si annida ovunque. Anche, forse, dove non c’è.
Questa Sicilia, stando al racconto del presidente, pare felice. Sono felici tutti. Persino i disoccupati, che gli chiedono un “selfie” prima dell’ingresso alla direzione del Partito democratico. Ma anche tutti gli altri. Quelli solitamente incazzati di professione. Che pare non protestino più: “Non si sono mai viste – ha detto a più riprese Crocetta – Finanziarie così tranquille dal punto di vista dell’ordine sociale. Non abbiamo assistito nè a proteste nè a scontri”. A dirla proprio tutta, non si sono nemmeno mai viste tante Finanziarie (o leggi analoghe) in così poco tempo. Ma tant’è. Speciali siamo.
Anzi, specialissimi. Perché in quest’Isola si trova persino un dirigente ogni otto dipendenti. Specialissimi, pure i dirigenti. Perché nelle altre Regioni speciali sono appena uno su diciotto. E specialissima è la terra che dà lavoro a metà degli addetti alla Formazione professionale di tutta Italia, oltre settemila. Tanti quanti i lavoratori delle società partecipate regionali. Oltre a un parco-Forestali sufficiente a monitorare l’Amazzonia.
Specialissimi siamo. E al di là delle parole di Buttafuoco, emerge il dubbio che buttanissima (ovvero specialissima, nel senso che dicevamo) non sia tanto la terra, ma gli uomini che la abitano. Che buttanissimi siamo tutti noi, in fondo. Ai quali forse, sta tutto bene così. Siciliani siamo. Capaci, nel vortice dello stesso minuto, di indignarci, e di indignarci di chi si era indignato come noi. Di rimpiangere persino un passato segnato dalle esperienze di due governatori condannati per mafia. La mafia. Diventata, per Buttafuoco, un problema secondario. In affanno, ormai, rispetto agli altri problemi-rivali. Come quello di una disoccupazione dilagante. Di una industria che fugge, invece di attecchire, spaventata da mafiosi, burocrati e giornalisti. E come quello dell’emergere di una categoria nuova: quella della mafia dell’antimafia. “Ma a me – insiste il presidente a Crocetta pur non facendo il nome di Buttafuoco – interessa la mafia della mafia”.
Mentre anche chi è lontano per storia e modelli da Buttafuoco, come il segretario del Pd Raciti ammette: “La Sicilia descritta dallo scrittore è una Sicilia che esiste”. E mentre Mirello Crisafulli, politico con le radici ben profonde del cuore della Sicilia, quella Sicilia “difficile da amare” come avrebbe detto proprio Sciascia, ammette: “Questo governo in un anno e mezzo non ha fatto nulla. Solo slogan. Vorrei pensare il contrario, ma la sensazione è che la gente rimpianga Totò Cuffaro”. Un ritorno al passato che ha sempre un po’ il sapore della sconfitta. Della resa. Della disperazione. Mentre altri siciliani senza lavoro ma magari con l’ultimo smartphone fanno le foto col presidente che quasi, stando al suo racconto reso alla direzione regionale del Pd, non è in grado di fare due passi in giro senza essere “assalito” dai fan. Qual è la Sicilia allora? La vera Sicilia? La terra buttanissima o quella felicissima? L’Isola da commissariare o quella della rivoluzione? Una Sicilia disperata, insomma. O una Sicilia di speranza? Lo chiediamo a voi. Lo chiediamo a noi tutti, specialissimi, buttanissimi, felicissimi siciliani.
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13 Luglio 2014, 06:00