08 Aprile 2024, 06:45
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PALERMO – “Il grano non cresce ed è già ingiallito, le imprese sono in ginocchio e serve acqua e foraggio per gli animali: c’è il rischio che la catastrofe già in corso non si arresti”. Sono le parole di Graziano Scardino, leader della Cia regionale, a pochi giorni dalla richiesta dello stato di mobilitazione nazionale della Protezione civile. Il bestiame pascola su terreni aridi, il fieno è introvabile, i prezzi del foraggio sono alle stelle e, adesso, si teme anche per le coltivazioni arboree”. (Nella foto com’è il grano adesso e come dovrebbe essere).
Cosa sta succedendo nelle aziende agricole?
“La situazione è drammatica, da giugno dello scorso anno non ci sono piogge, per cui abbiamo una fortissima crisi idrica, in tutta la Sicilia, con l’aggravante che alcuni invasi, per via delle storture burocratiche, hanno ancora problemi paradossali. Per esempio la diga Trinità nel Trapanese, che ha avuto le paratie aperte, disperdendo l’acqua il rischio di crollo, anche se uno studia sostiene che a valle non ci sono persone o cose che potrebbero essere travolte”.
Che risposte avete ricevuto sugli invasi incompiuti in Sicilia dei quali parlavamo più di un mese fa?
“Le dighe sono di competenza del ministero e questo favorisce il rimpallo tra le istituzioni”.
Qual è la fotografia delle produzioni?
“Su tutti i terreni a seminativi, cereali, leguminose e foraggere, continuando così non si raccoglierà praticamente alcunché. Soprattutto nel grano duro, che è quasi azzerato almeno nelle zone di pianura e bassa collina”.
Di che calo stiamo parlando della produzione?
“Abbiamo di media 250mila ettari di grano duro in Sicilia e oggi rischiamo di perdere circa 1.200 euro per ettaro, dopo che sono stati sostenuti 1.000 euro per ettaro dei costi di produzione. Sono tutti in perdita, in pratica, anche quelli che vendono il fieno, perché ci sono piante nane, non c’è stata acqua durante l’inverno”.
È vero che il grano è già ingiallito?
“Sì, ha già cambiato di colore, significa che se anche dovesse piovere, ormai l’apparato radicale è secco e non servirà più l’eventuale acqua”.
Avete una stima dei danni?
“Ancora non esatta, ma complessivamente in Sicilia parliamo di un miliardo di euro di danni, con tutte le superfici che non andranno a raccolto. Minimo 700 milioni di euro di danni”.
Cosa sta accadendo negli allevamenti?
“Stiamo vivendo un dramma, la situazione non è cambiata, le piogge non sono arrivate e in molti allevamenti, con la linea vacca-vitello, gli animali dovrebbero iniziare a pascolare, ma in pianura e collina il terreno è nudo. Mancando l’acqua, gli animali non hanno cosa bere. La Regione ha istituito una cabina e c’è un commissario di esperienza, bene le norme, bene lo stato di emergenza, ma bisogna immediatamente quantificare e avere le disponibilità finanziarie per dare ristoro a tutti gli agricoltori e agli allevatori”.
Quali sono le previsioni?
“Che tra due mesi potremmo avere problemi anche sulle piante arboree”.
Lo sa che per assicurare l’acqua potabile a grande parte dei siciliani, viene ipotizzato il divieto di erogazione di alcuni bacini per fini agricoli?
“Ci sono alcuni invasi che vengono destinati all’uso agricolo e umano. Noi sappiamo che prima vengono le persone, poi gli animali e poi le piante. Temiamo che tra poco bisognerà scegliere cosa far venire meno. Stiamo parlando del rischio catastrofe che è in atto per i seminativi e la zootecnica e rischia di diventare tale per le culture arboree”.
Che proposte avete fatto?
Per esempio a Lentini, 80 milioni di metri cubi di acqua sono nell’invaso, abbiamo proposto una stazione di pompaggio per far arrivare l’acqua alla piana di Catania ed evitare la catastrofe di portata storica, con la compromissione di tutti gli agrumeti. È un tema di non poco conto, c’è il rischio reale che una parte delle aziende agricole, meno strutturate, chiudano per sempre. Non è uno slogan, ci sono famiglie che saranno disperate, anche perché la Pac non ha aiutato questi comparti”.
E lo stato di emergenza?
“Non deve essere solo un decreto, ci vogliono i centinaia di milioni di euro, in modo che si possa intervenire come è stato fatto in Emilia Romagna dopo l’alluvione. In Sicilia il clima è paragonabile a quello del Marocco e dell’Algeria. Se vogliamo continuare a pensare alla nostra terra dobbiamo concentrarci sull’emergenza per pensare al futuro, puntando sui dissalatori, sulle acque reflue e sulla messa in funzione delle dighe e non ci possiamo pensare quando non piove”
Cosa serve subito?
Ristorare i danni e far sopravvivere le aziende, fare arrivare l’acqua per far sopravvivere gli animali con foraggio e acqua. Pensare ai cerealicultori, facendo arrivare realmente i contributi, la politica deve pensare meno alle elezioni europee”
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08 Aprile 2024, 06:45