15 Novembre 2013, 16:14
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PALERMO – La recessione continua a mietere vittime tra le imprese: l’Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure di imprese del Cerved ha stilato un rapporto che rivela come, nei primi nove mesi del 2013, in Sicilia siano cresciute a dismisura le procedure per fallimento, i concordati in bianco e le liquidazioni di società di capitale. I dati parlano di un aumento del 10,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012, con 386 fallimenti dichiarati tra gennaio e settembre, numeri più contenuti rispetto a quelli nazionali, che parlano di un +12 per cento. Numerose anche le procedure non fallimentari (i cosiddetti “concordati in bianco”), in aumento del 26,7 per cento sul già elevato dato dell’anno precedente.
Per quanto riguarda le liquidazioni di società di capitale, la Sicilia fa purtroppo segnare il record nazionale sia per numero (ben 773 in nove mesi) sia come aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno passato (+8,4 per cento), ponendosi come triste capolista tra le regioni italiane. Anche le società di persone fanno segnare un aumento superiore all’uno per cento, in controtendenza con il dato nazionale, che ha davanti il segno meno. In fortissimo aumento (+71 per cento) il numero di liquidazioni di ‘scatole vuote’, società di capitale che negli ultimi tre anni non hanno depositato alcun bilancio.
“Questi dati – commenta Antonello Montante, presidente di Unioncamere Sicilia – dimostrano che a pagare il conto della crisi sono le imprese, stritolate da costi insostenibili e da un peso fiscale che in Italia fa numeri da record. La strada per il rilancio passa inevitabilmente da un alleggerimento della tassazione e da una serie di misure che concretamente rimettano in carreggiata la nostra economia. Ci vorrebbe un gruppo di lavoro organizzato a livello centrale che, come già fatto tra l’altro in altri paesi, metta insieme associazioni di categoria, istituzioni e banche per studiare una soluzione che porti alla ripresa. Inoltre, bisognerebbe essere un po’ più nazionalisti e tutelare i nostri mercati e marchi che hanno fatto la storia e qualità del made in Italy”.
Duro il commento da parte del Segretario regionale della Fisascat Cisl, Mimma Calabrò: “C’è bisogno di un intervento choc da parte della politica, di una serie di patti territoriali con le parti sociali che interrompano questo meccanismo perverso a spirale che non fa terminare la crisi. La Sicilia non si può permettere di aggiungere alla disoccupazione ormai strutturale altra disoccupazione dovuta alla mancanza di azioni concrete da parte di una politica immobile su tutti i livelli”.
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15 Novembre 2013, 16:14