Dati Covid falsi, Razza indagato - Live Sicilia

‘Dati Covid falsi’, inchiesta chiusa: Razza e altri 5, ‘disegno criminoso’

La Procura di Palermo ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini

PALERMO – Per mesi in Sicilia ha regnato il caos sui dati Covid. Secondo la Procura della Repubblica di Palermo c’era “un disegno criminoso” dietro il caricamento dei numeri nelle piattaforme informatiche del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di Sanità. LA REPLICA DI RAZZA: “Per i pm nessuna zona rossa rinviata”

Il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti maria Pia Ticino e Andrea Fusco hanno spedito l’avviso di conclusione delle indagini. I pm confermano l’impostazione accusatoria: sulle piattaforme informatiche regionali e ministeriali, nei mesi scorsi, sono stati caricati dati falsi sul monitoraggio dell’epidemia Covid in Sicilia.

Chi sono gli indagati

A ricevere l’avviso di conclusione delle indagini sono sei persone. L’elenco si apre con l’assessore regionale alla salute Ruggero Razza, l’ex dirigente generale del Dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico Maria Letizia Di Liberti (sostituita quando si seppe dell’inchiesta, era finita ai domiciliari) e il direttore del Servizio 4 dello stesso Dasoe, Mario Palermo.

Gli altri indagati sono di Salvatore Cusimano, dipendente dell’assessorato regionale all’Industria e nipote di Di Liberti e da lei chiamato a lavorare al suo fianco; Emilio Madonia, dipendente di una società privata che si occupava della gestione del flusso dei dati sul Covid; Roberto Gambino, dipendente dell’Asp di Palermo e distaccato al Dasoe.

Falso in concorso è il reato che viene contestato a tutti. Soltanto per Di Liberti e Madonia c’è anche la contestazione di avere indotto in errore, trasmettendo dati falsi, il ministero della Sanità e l’Istituto superiore di Sanità che classificarono la Sicilia a rischio basso e non moderato nella settimana dal 14 al 20 dicembre.

“Numeri non veritieri”

Le indagini erano dei carabinieri del Nas e dei comandi provinciali di Trapani e Palermo. Falsi sarebbero stati i dati caricati in più giorni fra ottobre 2020 e gennaio 2021. Alterato era il numero dei tamponi eseguiti, quello relativo ai nuovi positivi al Coronavirus e i dati sui ricoveri nei reparti ordinari e nelle terapie intensive degli ospedali siciliani che affrontavano ondata di pandemia.

Non ci sono i dati sui morti che erano sì sbagliati, ma il cui numero non incideva sulle scelte di politica sanitaria. Il dato sui decessi Covid non compare nel capo di imputazione provvisorio perché da esso non dipendeva la collocazione delle regioni in una fascia di colore invece che in un’altra a seconda della gravità della situazione pandemica.

Ai decessi faceva riferimento l’assessore Razza quando intercettato parlava di spalmarli. Razza si scusò parlando di “frase infelice”, oggi viene confermato che non c’era rilevanza penale in quelle frasi.

Sono altri i parametri su cui si basava l’adozione delle restrizioni. A cominciare dal rapporto fra nuovi contagiati e tamponi eseguiti, e dalle occupazioni dei posti letto.

L’inchiesta partì da Trapani e fu poi trasferta a Palermo per competenza territoriale. I magistrati palermitani hanno spulciato i dati aggregati caricati nelle piattaforme informatiche compilando i cosiddetti form che vengono trasmessi a Roma.

Ora gli indagati potranno presentare memorie difensive o scegliere di farsi interrogare. Poi ci sarà la richiesta di rinvio a giudizio. razza, dal canto suo, replica: “L’avviso di conclusione delle indagini è un atto a garanzia della difesa. Da una prima lettura delle contestazioni sembrerebbe che le indagini abbiano consentito di accertare che non c’è mai stata una valutazione erronea sulla fascia di collocazione della nostra Regione da parte del Ministero, come originariamente ipotizzato, che nessuna “zona rossa” è stata rinviata e occultata”.


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