Sicilia e-Servizi, 16 'licenziati' | C'è la figlia di Bontade - Live Sicilia

Sicilia e-Servizi, 16 ‘licenziati’ | C’è la figlia di Bontade

I 76 lavoratori della Sisev, licenziati dai privati che facevano parte della partecipata regionale, sono stati sottoposti a un periodo di prova finalizzato alla nuova assunzione. Ma qualcuno di loro non ha superato le selezioni. L'ex pm: "Una commissione di esperti ha verificato i requisiti".

PALERMO – C’è anche la figlia di Giovanni Bontade tra i 16 lavoratori di Sicilia e-Servizi licenziati dal Commissario straordinario Ingroia al termine del periodo di prova al quale si sono sottoposti i 76 ex dipendenti di Sisev. Il nome, o meglio il “cognome” della parente dell’uomo ucciso negli anni ottanta era saltato fuori fin dal giorno dell’incarico conferito all’ex pm per guidare la società partecipata della Regione. Indicato quasi come uno delle cause della scelta di un ex pubblico ministero “antimafia” come Ingroia per la gestione della mega-società.

Marilena, figlia di Bontade, fa parte dell’enco dei 16 ex dipendenti Sisev licenziati oggi dalla società. O meglio, più che di licenziamenti si dovrebbe parlare di “mancate assunzioni”. I sedici lavoratori, infatti, facevano parte del bacino dei 76 dipendenti della Sicilia e-Servizi Venture. Per intenderci, si tratta della porzione “privata” della partecipata regionale. Una società mista, fino a pochi mesi fa, qundo i privati, alla scadenza della convenzione hanno dovuto lasciare la compagine societaria. In quell’occasione, sono partite le lettere di licenziamento per i dipendenti delle società Accenture ed Engineering, che componevano, appunto la “Venture”.

Licenziamenti che hanno subito creato il panico all’interno di Sicilia e-Servizi e alla Regione. Quei dipendenti, infatti, gestivano una serie di delicatissimi software e protocolli informatici. L’amministrazione, insomma, si era trovata di fronte al rischio di un maxi-blocco informatico (dai pagamenti degli stipendi fino alla gestione delle prenotazioni sanitarie). Da lì, la necessità di trovare una “mediazione” che puntasse a evitare appunto i pesanti disagi e allo stesso tempo a tutelare quei posti di lavoro. In effetti, la convenzione tra i privati e la Regione prevedeva il trasferimento al termine del contratto, dei lavoratori “formati” tra i ranghi della pubblica amministrazione. Il cosiddetto “know how” doveva insomma passare alla Regione. Ma a causa dei contenziosi ancora in piedi tra le società e l’amministrazione regionale, si è andati allo scontro.

Il nuovo commissario Ingroia, così, si è trovato a gestire una patata bollente. Risolta attraverso la poposta di un’assunzione a tempo determinato per i 76. Che passasse però attraverso un periodo di prova di quattro mesi. Una procedura che aveva anche attirato l’attenzione della Corte dei Conti che ha voluto vederci chiaro.

“La selezione – ricorda Ingroia – è stata portata avanti da tre esperti. Si tratta di un professore universitario titolare di una cattedra in ingegneria informatica e di due ufficiali in pensione: uno della Guardia di Finanza e un altro della Dia”. Gli esperti, spiega Ingroia “hanno sottoposto i lavoratori a test scritti e colloqui orali, per verificare la necessità della loro assunzione. Sono state portate avanti quindi delle verifiche di natura ‘tecnica’. Verifiche che la Commissione ha svolto in assoluta libertà e autonomia. Certamente – prosegue Ingroia – sono stati verificati anche i requisiti di probità e affidabilità”.

“Due mesi fa, 76 dipendenti di Sicilia servizi venture – dice Giuseppe Di Liberto della Uilm – sono stati assunti da Sicilia e-servizi con un contratto a tempo determinato di 18 mesi, che prevedeva un periodo di prova di 4 mesi. Questo personale è stato licenziato perché non aver superato il periodo di prova; il governatore aveva assicurato che nessun lavoratore sarebbe stato licenziato. Sulla vicenda chiediamo un incontro a Crocetta e al commissario della società Antonio Ingroia”.

Ma intanto, ecco i 16 licenziamenti. O le 16 “non assunzioni”. Tra queste, anche quella della figlia del boss. “Nessuno – ha confermato Ingroia – va considerato responsabile del cognome che porta. Ma la lavoratrice è stata giudicata, insieme ad altri, non all’altezza di proseguire la propria esperienza nella società”. A non superare le “selezioni”, poi, ecco un altro cognome noto alle cronache recenti. Francesco Nuccio, infatti, nel 2012 fu arrestato, insieme al padre, nella mega inchiesta sull’Eolico che portò in carcere anche l’imprenditore Vito Nicastri.


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