07 Febbraio 2012, 13:37
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Scorrendo quei quattordici nomi, non se ne incontrano di “noti”. E a questi nomi non corrispondono nemmeno stipendi “spropositati o illegittimi”, come ha evidenziato la commissione d’indagine all’Ars sul piano di informatizzazione della Regione. L’altra faccia di Sicilia e-Servizi sta al primo piano. O al piano terra. Gente pronta ad attraversare la porta per tornare a casa, dopo cinque, sei anni di lavoro nell’azienda. “A 1.200 euro al mese”, precisano alcuni di loro, quelli che fanno capo a Sicilia e-Servizi Venture (la parte privata della società), oggi riuniti in un’assemblea di protesta, nei locali di via Thaon de Revel.
Sono in 68. Quattordici di loro, quelli dai “nomi normali”, hanno già perso il posto. O lo perderanno questa mattina, nel momento in cui arriverà il telegramma della Venture. Gli altri hanno deciso di incrociare le braccia, condividendo le ragioni dei colleghi. E anche, in un certo senso, il loro destino. Anche per loro, l’ipotesi licenziamento è assai concreta, a dire il vero.
“Non si può entrare”. Il portiere ci stoppa, per un attimo. C’è tensione, ma nemmeno troppa. Basta dichiararsi “visitatori”, in fondo, per superare il tornello ed entrare nel carillon della Sicilia e-Servizi. La società del futuro. Le pareti bianche, le scale pulite, i locali ampi e ordinati. Non sembra la sede di una società in liquidazione. Una società inefficiente, secondo i deputati dell’Ars. Dove sono stati perpetrati abusi. A cominciare da quegli stipendi dei dirigenti che gridano vendetta. “Ma loro stanno al secondo piano”, ci spiega Salvatore Sciortino, uno dei quattordici “tagliati” da Sisev. Una sorta di empireo, da dove i dirigenti “hanno fatto e fanno carriera sulle nostre spalle”. Sulle spalle di quelli del primo piano, del piano terra, del parcheggio esterno, ormai. Non proprio gente sprovveduta, o impreparata: “Siamo tutti ingegneri informatici – puntualizza Giuseppe La Verde, un altro dei ’14’ – e siamo noi a far funzionare tutto”.
Tutto. Davvero tutto. Perché la fine dei contratti dei dipendenti di Sisev ha già ricadute concrete, immediate. A mezzogiorno, le chiamate giunte da uffici legati alla Regione per una richiesta di assistenza erano quasi 230. Di queste, 170 sono state “perse”. Il guasto, o il problema, non è stato risolto. “Il nostro contratto – spiega Orazio Nevoloso – scadeva domenica 5. Da ieri siamo senza lavoro, e i colleghi hanno solidarizzato con noi. In questo momento, se avviene un guasto informatico non può intervenire nessuno”.
E se il concetto di “guasto” può sembrare vago, ecco alcuni degli esempi di piattaforme informatiche gestite dagli operatori di Sisev che oggi sono fortemente a rischio o già inattive: dalla posta elettronica dei dipendenti della Regione siciliana, all’utilizzo della firma elettronica, dalla gestione dei pagamenti effettuati dall’amministrazione all’anagrafe regionale dei medici di base e dei pediatri. Tutto rischia di fermarsi. “Già, probabilmente – aggiunge Sciortino – non potranno essere erogati nemmeno gli stipendi ai Regionali”.
Una forma di “par condicio”, in fondo, per quei dipendenti che denunciano: “A gennaio non abbiamo preso lo stipendio. E quelli passati – racconta Pietro Accardi – li ricevevamo ogni due-tre mesi”. Stipendi da 1.200-1300 euro. Lo precisano, diverse volte. “Perché non siamo noi – puntualizza Fabio Randazzo – quelli dipinti dai giornali o dalla commissione dell’Ars. Noi siamo quelli che realmente facevano funzionare tutto”.
E in realtà, erano stati presi proprio per questo. La convenzione stipulata con la nascita di Sicilia e-Servizi spa, società mista al 51% della Regione e al 49% dei privati (Accenture ed Engineering), prevedeva la formazione di questi dipendenti, e il loro transito nella società regionale entro il 2013, data nella quale Sicilia e-servizi sarebbe dovuta passare tutta nelle mani della Regione, appunto. “E infatti ci hanno formato, – spiega Sciortino – al punto che oggi siamo in grado di portare avanti da soli la società. Ma una volta formati, ci hanno messo alla porta. Un paradosso”. Per questi lavoratori, un ingresso nella società attraverso un primo contratto da interinali di 36 mesi, seguito da un rapporto di 34 mesi con contratto di apprendistato. “E sulla tipologia del contratto – aggiunge Sciortino – siamo intenzionati a verificare la legittimità anche da un punto di vista legale”. Sono pronti i ricorsi e le denunce, insomma.
Al loro posto, potrebbe arrivare gente direttamente da Engineering o Accenture. “E anche da questo punto di vista – aggiungono i dipendenti – c’è da verificare un fatto assai delicato: visto che Sicilia e-servizi gestisce dati sensibili dei siciliani, noi abbiamo firmato una clausola che ci impone il segreto professionale. Chi subentrerà a noi rispetterà questo segreto? E poi, siccome da noi si gestiscono anche le bozze dei bandi di concorso, ad esempio, il privato non potrà avvantaggiarsi dall’accesso a questi dati?”.
Domande che, insieme alle altre, non hanno finora ricevuto risposta: “L’azienda – dice Salvatore Sciortino – s’è rifiutata di incontrare i sindacati che stanno sostenendo la nostra protesta. Finché non avremo risposte, continuerà lo sciopero”.
E dopo lo sciopero, la valigia. “Se non si sbloccherà la situazione – spiegano i dipendenti – non ci resterà altra possibilità che l’emigrazione. Siamo tutti laureati, specializzati, spesso con voti altissimi. Ma la Sicilia evidentemente non sa che farsene di noi”.
E non manca la stoccata alla politica. I lavoratori infatti hanno inviato una lettera al presidente della Regione Lombardo e ai componenti della seconda e della terza commissione all’Ars: “Anche il governo regionale ha le sue colpe, visto che la Regione non ha voluto liquidare le somme ai privati. Noi rendicontavamo tutto ogni tre mesi, perché il governo non ha mai contestato nulla?”.
In qugli anni, crescevano i compensi dei dirigenti, si allargava il (presunto) credito vantato dai privati giunto a oltre 70 milioni, si acuivano le tensioni col pubblico, si dimetteva e rientrava due-tre volte il presidente della società Emanuele Spampinato. E ancora, venivano assunti con contratti più o meno lunghi il figlio del sindaco di Palermo Pietro Cammarata, Giovanni Di Stefano (ex segretario dei giovani Mpa), Vincenzo Lo Monte, fratello di Carmelo oggi deputato alla Camera (Mpa);Nicola Barbalace, consigliere Pd a Messina; Deborah Civello, cognata del parlamentare del Pdl all’Ars Francesco Scoma; Nicola Calderone, ex collaboratore di Alemanno; Mario Parlavecchio, già dipendente regionale e cugino dell’omonimo deputato regionale dell’Udc, Urania Papatheu, ex commissario della Fiera di Messina.
Nel frattempo, si fermava il progetto della “banca dati regionale”, affondava tra contenziosi anche assai pesanti il progetto Iride, nasceva una commissione d’indagine all’Ars, il governo decideva la liquidazione della società. In quei sei anni, 80 “operatori” portavano avanti la macchina. Quattordici di loro sono già stati invitati a “togliere il disturbo”. E tra questi, ecco la sorpresa, nessun cognome noto.
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