05 Giugno 2017, 17:06
3 min di lettura
PALERMO – Oltre 46 milioni sono andati in fumo. E adesso la Regione dovrà cercarli da qualche altra parte. Magari direttamente dentro i bilanci della società Sicilia e-servizi, nonostante questa storia affondi in un remoto passato. Ma adesso, a rischio è anche il futuro della società dell’informatica, guidata da Antonio Ingroia e recentemente rinominata “Sicilia digitale”.
Nome vecchio, ma guai antichi. Che affondano al 2005, ai tempi del governo Cuffaro, quando si decide che sarà Sicilia e-servizi a occuparsi, per la Regione, di tutta l’attività informatica. Il bando successivo, col quale vengono materialmente affidati diversi progetti milionari all’azienda allora mista (c’erano ancora i soci privati di Engineering) è stato però sostanzialmente dichiarato illegittimo dall’Olaf, l’ufficio antifrode dell’Unione europea che aveva a sua volta chiesto un parere all’Autorità nazionale anticorruzione: quel bando avrebbe violato le regole sulla concorrenza. E così, “nulli” sono tutti i progetti portati avanti dalla società.
Perché l’Olaf? Semplicemente perché quei progetti erano stati finanziati dai fondi previsti dalla Programmazione europea 2007-2013. Soldi che l’Europa quindi non invierà in Sicilia. E che non potranno essere usati per “rimborsare” i 46 milioni già erogati alla società in questi anni: l’Ufficio “per l’attività di coordinamento dei Sistemi informativi regionali” guidato da Lucia di Fatta ha infatti annullato i decreti di finanziamento. La Regione, quindi, dovrà trovare quei soldi altrove.
Per quelle somme, infatti, è partito il processo di “decertificazione”. E adesso, bisognerà capire a che stadio fosse giunto ciascuno di questi progetti. Perché le situazioni sono sostanzialmente due: i progetti che, nonostante il “vizio” originario, sono stati comunque portati a termine; e i progetti che invece non erano ultimati e funzionanti alla data ultima per chiedere il “rimborso” europeo. Nel primo caso, si potrà attingere ad altri fondi (quelli regionali), nel secondo caso si potrebbero trasformare in debiti fuori bilancio.
Di sicuro c’è che “saltano” finanziamenti per 46 milioni, nonostante gli stessi avessero avuto il via libera dalla Corte dei conti, diversi anni fa. Ma già da un paio di anni, le “criticità” erano emerse. E nel febbraio del 2015, l’ufficio “informatico” aveva richiesto il ritiro temporaneo di tutti “gli importi relativi ai progetti affidati all’allora società mista Sicilia-e servizi dalla certificazione di spesa” dei fondi europei.
A quella, come detto, seguirà la presa di posizione dell’Ufficio antifrode europeo, che si è espresso negativamente su quegli affidamenti, anche sulla base del parere dell’Anac. Un parere nel quale veniva specificato il “vizio”: mancava, nel bando, l’ammontare esatto del valore dei progetti: “La mancata previsione negli atti di gara – si legge in quel parere – delle prestazioni da affidare al socio privato, in maniera concreta, precisa, temporalmente e oggettivamente specificata rende la gara ‘a doppio oggetto’ svolta dalla Regione Siciliana, non conforme alle chiare indicazioni della giurisprudenza in tema di (legittimo) affidamento di contratti pubblici al socio privato di minoranza di società mista e si configura – proseguiva il parere – come una chiara violazione del principio di concorrenza, sottraendo, in tal modo, al mercato una serie indefinita di contratti pubblici, di valore indeterminato”.
A questo parere, è seguito un lungo esame degli uffici regionali. E la conclusione è stata quella di “condividere” la posizione di Anac e Olaf. Così, ecco la conclusione-choc: “Tutti i contratti stipulati con Sicilia e-servizi spa, ed in particolare quelli stipulati per la realizzazione di operazioni finanziate con risorse a valere sui fondi Po Fesr 2007/2013 sono nulli per violazione del principio di concorrenza”.
Una illegittimità che, spiega l’Ufficio informatica, “comporta una irregolarità sulle procedure di affidamento che impone l’applicazione della rettifica pari al 100 per cento delle spese finanziate per ciascun progetto”. Insomma, ogni euro, fino all’ultimo, dovrà essere restituito all’Europa. O meglio, nessun euro arriverà da Bruxelles, nonostante fosse già considerato come entrata nei bilanci. E così, quei soldi vanno cercati altrove: dentro Sicilia e-servizi (e ciò metterebbe in serio pericolo il futuro della stessa azienda), dai soci privati con i quali è però in atto un lungo e pesante contenzioso, o nelle tasche dei cittadini siciliani: quei soldi, infatti, potrebbero diventare un mega “debito fuori bilancio”. E a quel punto, le carte viaggerebbero d’ufficio dritte verso la Corte dei conti.
Pubblicato il
05 Giugno 2017, 17:06