18 Aprile 2014, 20:33
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PALERMO – La storia di Sicilia e-Servizi è antica. Ma i pasticci della Regione sono nuovi, nuovissimi. In una trentina di pagine, la Procura della Corte dei conti riassume una vicenda a tratti imbarazzante. Puntellata da storie di sprechi e inefficienze. E di “intollerabili leggerezze” scrivono i pm contabili guidati da Gianluca Albo. Che attribuiscono la non lusinghiera responsabilità al presidente della Regione Rosario Crocetta, a buona parte della sua giunta e all’ex pm Antonio Ingroia. Oltre all’Avvocato dello Stato Giuseppe Dell’Aira e alla dirigente regionale Rossana Signorino.
Il danno contestato per le assunzioni di 74 lavoratori a Sicilia e-Servizi ammonta a 2,2 milioni di euro. Si tratta della spesa che la Regione si è impegnata a pagare per i contratti da 18 mesi l’uno sottoscritti con quei lavoratori. Una spesa inconcepibile, secondo la Procura della Corte dei conti, che racconta una storia di paradossi, di marce indietro e persino di un presidente della Regione che “rinnega” in un colpo solo, alla fine dell’anno, una sua delibera e persino la scelta di creare un ufficio “interno” che si sarebbe dovuto occupare proprio dei compiti assegnati ai 74 ex dipendenti della Sisev.
Un quarto di quel danno (poco più di mezzo milione di euro) viene contestato direttamente a Rosario Crocetta, circa 440 mila euro all’assessore – e adesso vicepresidente – Patrizia Valenti, 220 mila euro l’uno all’avvocato dello Stato Massimo dell’Aira, al Ragioniere generale Mariano Pisciotta e al commissario liquidatore Antonio Ingroia. Il restante mezzo milione se lo dividono, invece, i sei assessori ed ex assessori coinvolti oltre alla dirigente Signorino.
La nascita di Sicilia e-Servizi
I pm contabili, nella prima parte dell’atto col quale contestano al governatore e agli altri “rinviati a giudizio” il danno erariale, ripercorrono i primi anni della società partecipata che avrebbe dovuto occuparsi del mondo dell’informatica della Regione. Una società mista, le cui quote spettavano, per il 51% alla Regione, per il restante 49% ai privati di Sicilia e-Servizi Venture (in pratica, le due società Accenture e Engineering). Nella convenzione stipulata nel 2006 tra Regione e privati, si prevedeva che questi ultimi avrebbero dovuto “formare” i dipendenti e trasferire, infine, il “know how”, cioè le conoscenze, alla pubblica amministrazione. Passano gli anni. Ma il cosiddetto “popolamento” non si attuerà mai. Da un lato, infatti, i privati non “trasferiscono” il personale. Dall’altra, i governi passati non hanno mai chiesto ai privati di compiere questo passaggio. Un “giochino” che ovviamente danneggiava le casse pubbliche, come mettono nero su bianco i pm contabili: “Ritardando il trasferimento del know how – si legge nell’invito a dedurre – si manteneva la dipendenza tecnica di Sicilia e-Servizi dal socio privato, e, conseguentemente, quest’ultimo continuava a percepire le milionarie remunerazioni delle commesse affidategli negli anni senza gara alcuna”. Intanto, nel 2008 entrava in vigore la norma che obbligava, anche per le società partecipate, l’obbligo di evidenza pubblica per qualsiasi tipo di assunzione. Assunzione che, comunque, precisano i pm contabili, non era affatto obbligatoria. “Nessun atto – si legge nella contestazione a Crocetta e agli altri – prevedeva un esplicito riferimento ad un obbligo di far transitare personale dal socio privato Sisev al socio pubblico Sicilia e-Servizi, e men che meno si prevedeva un transito si massa”. Anche perché, insistono i procuratori, in nessun momento, dal 2007 al 2013 la società partecipata da un lato e la Regione dall’altro hanno chiesto di portare a termine quel trasferimento. Nemmeno con l’avvento del nuovo governo. Eppure, scrive la Procura, “era ampiamente ed oggettivamente prevedibile, sia che senza un’adeguata strutturazione tecnico-professionale Sicilia e-Servizi non sarebbe stata in grado di gestire in autonomia la piattaforma informatica regionale, sia che, ritardando il trasferimento del know how, con la fuoriuscita del socio privato si sarebbe verificata (creata) l’urgenza di non poter interrompere il servizio”. Insomma, era chiaro da tempo che, alla scedenza della convenzione, prevista per il 31 dicembre del 2013, la Regione si sarebbe trovata in difficoltà. Ma nessuno muove un dito. Anzi. Qualcosa viene fatto. Un pasticcio.
Le accuse a Crocetta e Ingroia
Nel marzo del 2013, la giunta di governo ribadisce “il divieto di assunzione per le società partecipate e, di conseguenza, qualsasi ipotesi di ripopolamento”. Insomma, neinte da fare per gli oltre 70 dipedenti di Sisev. La Regione non può più assumere. Anzi, a fine novembre del 2013 (Ingroia è da poco commissario), il Ragioniere generale Mariano Pisciotta, anche sulla scia di quella delibera che ribadisce il no alle assunzioni, spiega che “il processo di popolamento” era divenuto “difficoltoso e complesso” e che le recenti norme regionali e nazionali disponevano l’internalizzazione delle attività di informatica.
L’Ufficio speciale
Così, la Regione decide di mettere su una propria struttura di dipendenti interni, un “Ufficio speciale” che avrebbe dovuto portare avanti le attività dei 74 si Sisev. Alcuni dei regionali, addirittura, vengono affiancati ai dipendenti delle società private. Devono imparare il mestiere, visto che tutto dovrà passare alla Regione. Sicilia e-Servizi infatti, nel frattempo, era stata messa in liquidazione per la seconda volta. Eppure, passano pochi giorni, e la Regione cambia idea. Il 10 dicembre del 2013, si tiene una riunione nei locali di Sicilia e-Servizi. E in quell’occasione, Rosario Crocetta accenna alla necessità di affrontare le “problematiche” di quei lavoratori. Tre giorni dopo, il Ragioniere generale Pisciotta e la dirigente del servizio Partecipazioni Signorino chiedono un parere all’Avvocatura dello Stato: possono essere assunti quei lavoratori nonostante il blocco delle assunzioni?
Il parere dell’Avvocatura dello Stato
Il parere in effetti è, a sorpresa, positivo. Un atto che la Procura della Corte dei conti censura sotto diverse forme (sarebbe stata affermata, senza motivo, la possibilità di eludere il divieto di assunzione e gli obblighi di evidenza pubblica). Coinvolgendo anche l’Avvocato dello Stato Massimo dell’Aira nel procedimento col quale viene contestato il danno erariale.
Ma a quel punto, serve anche una delibera di giunta. La proposta di ripopolamento viene inviata “per condivisione” all’assessore all’Economia Bianchi. Che probabilmente fiuta qualche guaio e risponde di non ravvisare “profili di diretta competenza dello scrivente” e rimanda tutto al presidente Crocetta e all’assessore alla Funzione pubblica Valenti. Bianchi, è forse un caso, non sarà presente in occasione della giunta che darà l’ok alle assunzioni. È il 15 gennaio del 2014. E i pm contabili accertano un fatto quantomeno imbarazzante: il carteggio allegato alla delibera, infatti, arriva “lo stesso giorno e a ridosso” della giunta. Senza passare dagli uffici di gabinetto degli assessori, dove avrebbero potuto ricevere un primo vaglio. No. Gli assessori si trovano sul tavolo quella delibera. E l’approvano “acriticamente” scrivono i pm contabili. Anche per questo, Scilabra, Stancheris, Valenti, Bartolotta, Bonafede e Cartabellotta rientrano nell’elenco dei “rinviati a giudizio”. E del resto, i pm contabili spiegano che la giunta avrebbe potuto comunque decidere in maniera difforme rispetto al parere dell’Avvocatura. E invece, nulla.
Le assunzioni dei 74 lavoratori
Così, via alle assunzioni. Che passano attraverso la valutazione di una commissione di esperti che costa alla Regione altri 16 mila euro per i compensi del presidente Filippo Sorbello e dei componenti Rocco Umberto e Domenico Balsamo. I commissari, di fatto, decidono chi degli ex dipendenti può essere assunto e chi no. Qualcuno resta fuori. E la scelta fa discutere (tra gli altri, la figlia di Giovanni Bontade). Per gli altri, ecco un contratto di 18 mesi. Pochi giorni prima, forse avvertendo il rischio, il governo aveva fatto aggiungere in Finanziaria una norma che consentiva la deroga al blocco delle assunzioni “per le procedure frutto di evidenza pubblica”. Bocciata dal Commissario dello Stato, insieme a tante altre.
Insomma, secondo i pm, tutte queste violazioni di legge dimostrano una “intollerabile leggerezza e negligenza funzionale”. Quelle assunzioni, in un colpo solo, infatti, avrebbero violato le norme per il contenimento della spesa, quelle sull’evidenza pubblica, e il principio di economicità e sana gestione finanziaria. Assunzioni, secondo la Procura compiute “al buio, senza alcuna giustificazione e contra legem”. A Crocetta, i pm contestano persino di avere rinnegato la delibera della sua giunta del marzo 2013, la scelta di creare un Ufficio speciale per internalizzare l’informatica e anche la stessa decisione di mettere in liquidazione la società. Un pasticcio, insomma. Da due milioni di euro.
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18 Aprile 2014, 20:33