Sicilia, i fondi europei e lo spettro della riprogrammazione - Live Sicilia

Sicilia, i fondi europei e lo spettro della riprogrammazione

Ecco che cosa emerge dalla relazione della Commissione

PALERMO – Lo spettro che incombe sulla spesa Ue della Regione si chiama riprogrammazione frettolosa (entro dicembre) dopo il daccapo in larga parte già operato anche su asset infrastrutturali e di sostenibilità ambientale di cruciale importanza. Opere – elenco scarno e non esaustivo – che si chiamano per esempio tratta ferroviaria Ogliastro, Interporto di Termini Imerese, dal 2018-2019. O porto di Gela, già riprogrammato dal 2019 alla finanziaria “di guerra” del 2020, con 143 milioni di euro pronti e poi stornati per fronteggiare l’emergenza Covid, assetata di 400 milioni in tutto, presi totalmente dalla programmazione Fesr. Discorso a parte per i progetti Ambiente, spesso tra i più ansimanti verso la meta certificazione e sostituiti di fatto con progetti elaborati dai più agili uffici commissariali del Dissesto idrogeologico. Dunque, a dispetto della gioia legittimamente manifestata dal governo Musumeci per il (quasi) raggiungimento del budget annuale sulla spesa dei fondi europei, dalla relazione in Commissione Ars per l’esame delle Attività dell’Unione Europea da parte del dirigente Federico Lasco, emergono spine e criticità. Un paio di giorni fa i deputati pentastellati Ketty Damante e Luigi Sunseri avevano, dal canto loro politico, sottolineando l’esiguità degli importi 2021 per il raggiungimento degli obiettivi (poco meno di 573 milioni di euro), lanciato l’allarme sul rosso fisso dei livelli di spesa, inferiore al 40 per cento su una programmazione prossima a spirare. Ora in Commissione sono arrivate le carte già presentate al presidente della Regione, per l’audizione dello stesso Lasco, sotto il titolo “Po Fesr 2014/2020 – Stato di attuazione del Programma operativo”.

Il passo avanti nell’era Musumeci

Indubbio l’enorme progresso rispetto al 2018, aria da fine impero Crocetta, quando la spesa certificata soffocava a 6 milioni di euro. Un fardello che pesa forte sui numeri della Sicilia e del suo governo in carica. Ma il nodo riprogrammazione, che da sempre accompagna la materia, è sempre lontano dall’essere sciolto. Se oggi la spesa certificata per il 2021 tocca il 95%, con un centinaio milioni residui su una quota da certificare di un miliardo e 980 milioni di euro, ciò che preoccupa è il ritmo medio di spesa, sul rapporto spesa-tempo. I soldi che restano vanno infatti chiesti, spesi e certificati fra il 2022 e il 2023. Quanti ne restano, è presto detto: la dotazione iniziale è di 4 miliardi 273 milioni 38 mila e 791 euro, le cifre sinora certificate in quattro anni supererebbero di poco il miliardo e 900 mila euro. Dando per scontato che a fine 2021 verrà riempito il gap con i 2 miliardi e 75 milioni di chiusura 2021, resterebbero altri 2 miliardi, praticamente la metà dell’intero portafoglio europeo, da certificare in due anni.

Domande ritirate e correzioni

Il condizionale è dovuto allo scarto, evidenziato dallo stesso rapporto, fra le domande di finanziamento certificata dalla Regione e quelle effettivamente “bollate” dalla Ue. Fra l’una e l’altra c’è uno scarto, per eccesso, di 191 milioni e 382 mila euro: in pratica la Regione ha dato a buon fine domande per 1 miliardo 828 milioni 263 mila e 904 euro, senza tenere conto delle istanze ritirate o corrette. La cifra effettivamente certificata a oggi scende pertanto a 1 miliardo 636 milioni 881 mila e 704 euro, che fa salire il gap reale con il budget complessivo da raggiungere fra 2022 e 2023 a 2 miliardi 636 milioni 157 mila e 87 euro. Oltre seicento milioni in più – più dell’intera spesa 2021 – dei due miliardi nominali calcolati sopra. Da spendere e certificare in due anni, con le elezioni di maggio in mezzo.

Obiettivo…riprogrammare

In soldoni, per il 2022, si legge nella relazione di Lasco e dei suoi tecnici, per il 2022 si dovranno certificare 730 milioni di euro, con i fuochi di artificio finali di 1,65 miliardi nel solo 2023. Dato, questo, che – si legge nel report – “desta, ad oggi, alcune preoccupazioni principalmente derivanti sia dalla connessione di tale spesa con una quota rilevante di interventi, spesso di natura infrastrutturale, ancora in fase di avvio (fra i quali gli interventi a valere sugli strumenti di attuazione territoriale del PO) che dal carico amministrativo necessario per la gestione di una quota così importante di risorse da certificare. Ed è anche allo scopo di mettere in salvaguardia la chiusura del Programma al 2023 e di garantire una piena attuazione finanziaria dello stesso entro i termini di eleggibilità previsti dalla regolamentazione comunitaria di riferimento, che è in corso un ulteriore percorso di riprogrammazione del Programma operativo”. A rischio, dunque, infrastrutture strategiche e loro lungaggini. Riprogrammare per non perdere le coperture. Aspettare.

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