25 Febbraio 2018, 07:20
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Da oggi ospitiamo i contributi dell’avvocato Dario Immordino.
La Sicilia è l’unica regione a statuto speciale che non finanzia da sé la sua spesa sanitaria: lo Stato contribuisce a coprirne oltre la metà (50,9%).
Può sembrare l’ultimo dei problemi della sanità siciliana alle prese con una delicata riforma della rete ospedaliera e con emergenze continue riguardo ai costi e alla efficienza delle prestazioni; o magari neanche un problema dato che il sostegno finanziario dello Stato dovrebbe costituire un contributo dovuto per garantire servizi essenziali ai cittadini.
Invece il sistema di finanziamento rientra fra i profili critici della sanità siciliana e in certa misura incide sulla sua efficienza, poiché assoggetta la Regione ai continui tagli di risorse ed ai tetti di spesa imposti dalla legislazione nazionale, e le impedisce di decidere come far quadrare i conti, quale spesa tagliare, di quanto ridurre i costi e come utilizzare i risparmi.
Questa libertà vigilata dipende anche dal cosiddetto piano di rientro, il percorso di risanamento finanziario che la Sicilia ha intrapreso, sotto il controllo delle autorità statali, per colmare l’ingente deficit e far fronte all’enorme debito accumulato. Ma la dipendenza dai trasferimenti statali restringe ulteriormente i margini di autonomia regionale: se lo Stato fornisce le risorse ha il diritto di imporre alla Regione come utilizzarle e come realizzare le economie di spesa, ed in diverse occasioni i risparmi conseguiti attraverso i tagli alla sanità siciliana sono stati dirottati fuori dal territorio regionale e destinati al risanamento della finanza pubblica nazionale.
Le altre regioni a statuto speciale, invece, finanziano da sé i propri sistemi sanitari, e ciò le rende “ padrone” delle proprie risorse e consente loro di non subire i diktat dello Stato. La Corte costituzionale, infatti, ha chiarito che le leggi statali non possono imporre come risparmiare sulle spese, né come utilizzare le risorse risparmiate alle regioni che provvedono autonomamente ed integralmente al finanziamento dei propri sistemi sanitari. Se sono le regioni a pagare lo Stato non può decidere come debbano essere spese le risorse.
Ed in un settore come quello sanitario, che concerne i diritti primari dei cittadini, è essenziale che una regione autonoma possa decidere come utilizzare le risorse, quali spese ridurre e di quanto tagliarle, in modo da adeguare l’offerta sanitaria alle esigenze della collettività territoriale.
L’unico modo per recuperare questo potere è quello di far fronte autonomamente all’intero ammontare della spesa sanitaria. Si tratta certo di un onere non da poco, ma i benefici sarebbero notevoli.
Lo Stato, infatti, sarebbe tenuto ad attribuire alla Regione entrate tributarie di importo sufficiente per finanziare interamente il costo dei servizi e delle prestazioni sanitarie. Non più trasferimenti, quindi, ma gettito tributario, cioè risorse di proprietà regionale, che lo Stato non potrebbe manovrare, ridurre o sottoporre a condizione. Ed i tributi versati dai siciliani resterebbero nel territorio regionale per garantire diritti fondamentali dei cittadini. Inoltre la Costituzione riconosce alle regioni che dispongono di un gettito tributario più basso della media nazionale il diritto ad ottenere trasferimenti di solidarietà (cosiddetti perequativi) a carico delle regioni più ricche, per garantire livelli essenziali di assistenza sanitaria pari al resto del territorio nazionale. Queste risorse aggiuntive coprirebbero i costi standard che la Regione non riesce a finanziare, ossia “soltanto” il costo efficiente di servizi e prestazioni sanitarie, ma la razionalizzazione della spesa è interesse della stessa Regione e dei cittadini.
Le altre regioni speciali, che già finanziano autonomamente le proprie spese sanitarie, negli ultimi anni, attraverso specifici accordi con lo Stato, hanno addirittura assunto a carico dei propri bilanci le spese relative ad altre funzioni: dalla gestione degli ammortizzatori sociali alle infrastrutture di competenza statale sul territorio. Tutte hanno ottenuto in cambio un consistente aumento delle entrate, in certi casi superiore all’ammontare delle spese.
La situazione siciliana è molto complessa, e bisognerebbe senz’altro vigilare attentamente sul trasferimento di costi e risorse. Ma se la Sicilia decidesse di assumere a proprio carico l’intera spesa del sistema sanitario regionale otterrebbe allo stesso tempo la certezza di avere risorse sufficienti a finanziare un livello di servizi sanitari almeno pari a quelli offerti sul resto del territorio nazionale e tornare padrona delle proprie risorse, decidendo da sé come spenderle e dove risparmiare, e i risparmi di spesa potrebbero essere interamente investiti in Sicilia aumentando il livello dei servizi o riducendo la pressione fiscale.
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25 Febbraio 2018, 07:20