Il fuoco inghiotte mezza Sicilia | La giornata dell’apocalisse

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16 Giugno 2016, 12:50

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PALERMO Un forte odore di fumo e fuliggine avvolge Palermo quando la giornata va spegnendosi lentamente. L’immagine più dura è quella di Castello Utveggio avvolto dal fumo e di un Canadair che fa la spola tra Monte Pellegrino e il mare nel tentativo di spegnere i roghi che ancora feriscono la montagna. Ultimi fotogrammi di una giornata iniziata male e proseguita peggio, con la magistratura che attende l’esito dei primi accertamenti per indagare sull’eventuale esistenza di una regia occulta e con il tam tam politico delle responsabilità. Un giorno in cui la Sicilia occidentale e la provincia di Messina sono finite sotto l’assedio delle fiamme, sospinte da un forte scirocco che ha portato a punte di 42-43 gradi. Vento che ha anche impedito per lunghi tratti della giornata il volo dei sette Canadair gestiti dal dipartimento Protezione civile: dall’Isola sono arrivate al Centro operativo aereo unificato (Coau) del dipartimento 12 richieste di intervento aereo, di cui la metà dal Palermitano. Non sono bastate: roghi e focolai sono ancora ben visibili nella notte di Palermo. 

Più di 500, invece, gli interventi dei vigili del fuoco, spesso in difficoltà per via di carenze d’organico. Da Catania sono state inviate due squadre a supporto di un organico oggi apparso decisamente insufficiente. “Non riusciamo a fronteggiare tutti gli incendi”, era l’allarme lanciato dal Comando provinciale di Messina, alle prese con incendi e roghi sul versante tirrenico della provincia. Le emergenze più importanti sui Nebrodi, a Capo d’Orlando e a Sant’Agata di Militello. Un vasto incendio ha interessato anche un’area tra Naso e Capo d’Orlando, lambendo alcune abitazioni. Qui la Statale Randazzo-Capo d’Orlando è stata chiusa per larga parte della mattinata, per poi essere riaperta.

Una intera regione messa in ginocchio nella sicurezza, con la gente costretta a evacuare le proprie case, e nei trasporti, con autostrade e collegamenti ferroviari interrotti. Epicentro della grande paura Palermo e il suo hinterland, da Cefalù a Cinisi, e nel mezzo le Madonie. La principale autostrada di accesso alla città, la A19 Palermo-Catania, messa fuori gioco per tutta la giornata da fiamme e fumo. Alla base un grosso incendio nella zona di Mazzaforno, vicino a Cefalù, una delle aree più colpite. Nella zona le fiamme hanno lambito il centro abitato e alcune case sono state evacuate. “Una situazione drammatica”, diceva il sindaco, Rosario Lapunzina, mentre forze dell’ordine e vigili del fuoco imponevano l’evacuzione dell’Hotel Costa Verde e tenevano sotto osservazione l’ospedale Giglio. Qui chi poteva è stato dimesso e ha lasciato l’edificio, dove erano state attivate anche le procedure di preallarme per una eventuale evacuazione totale. Non ce ne sarà bisogno, ma al termine di una giornata vissuta a pochi centimetri dal pericolo le parole dei testimoni sul posto descriveranno una situazione “seria e davvero preoccupante”.

Una lunga scia di paura giunta fino al capoluogo, dove i palermitani hanno assistito agli incendi che hanno devastato Monte Pellegrino e alle fiamme divampate in città, nella zona della Favorita, alle falde della montagna. Roghi anche nei pressi del centro “La Torre”, al Borgo Nuovo e in via Paruta, dove è andata a fuoco una cabina elettrica: si sono sviluppati piccoli focolai attorno che hanno messo a rischio le auto parcheggiate. Nel pomeriggio paura anche nella borgata marinara dell’Arenella: numerosi i focolai e diverse abitazioni in fiamme nei dintorni dell’ex Chimica di via Papa Sergio. La città ha vissuto una giornata da incubo, con decine di incendi da un capo all’altro, soprattutto in periferia. Una palazzina di via Sperone è stata avvolta dalle fiamme e la polizia e i vigili del fuoco sono intervenuti per mettere in salvo i residenti. Distrutto anche un vivaio a Mondello. Nel lungo racconto di una giornata infernale anche la disavventura di una cinquantina di bambini soccorsi e trasportati all’ospedale Ingrassia a causa di un’intossicazione da esalazione di fumo. Le loro condizioni, fortunatamente, non sono gravi.

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Le fiamme non hanno risparmiato neanche l’area archeologica di Calatafimi-Segesta, dove sono intervenuti i vigili del fuoco di Trapani per cercare di scongiurare il peggio nei pressi del tempio greco. Il rogo più preoccupante si è sviluppato a Castellammare del Golfo, in contrada Conza, dove l’intervento via terra non è stato sufficiente a circoscrivere le fiamme ed è stato chiesto l’intervento dei Canadair. Un fronte ampio di incendio si è sviluppato anche nell’Ennese, nei pressi della vecchia miniera di Pasquasia: qui i vigili del fuoco sono intervenuti insieme con il personale della guardia forestale. Ad Agrigento un grosso incendio ha distrutto un capannone della zona industriale che conteneva plastica e altri rifiuti. Partito come un piccolo focolaio, a causa dello scirocco, l’incendio dalle sterpaglie ha invaso lo stabile della ‘Progeo’, ditta che si occupa del riciclo di rifiuti.

Il capitolo dell’emergenza è ancora lontano dalla parola fine, ma intanto polizia e carabinieri sono al lavoro per capire se questo ‘diabolico’ 16 giugno sia stato solo il frutto del caso o se dietro ci sia altro. A Cefalù la polizia ha chiesto l’intervento della Scientifica per verificare eventuali origini dolose delle fiamme. Le informative delle forze dell’ordine arriveranno sul tavolo delle procure di Palermo e Termini Imerese che cercheranno di capire se dietro a tutto questo ci sia la mano dei piromani. Ne sembrano certi Coldiretti Sicilia e il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci: “All’autocombustione credono solo i bambini – sostiene Antoci -. E’ una favoletta. Soprattutto se si considera che ci sono state decine di incendi contemporaneamente. Non è possibile che tutta l’Isola prenda fuoco per caso nello stesso momento”.

 

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16 Giugno 2016, 12:50

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