11 Luglio 2021, 17:03
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PALERMO – La Sicilia è donna, gli esempi sono numerosi, uno per tutti racconta di quelle fimmine che nel 250 A.C. decisero di tagliarsi i capelli per realizzare le corde degli archi che sconfissero i Cartaginesi pronti a entrare a Palermo. Donne siciliane dal carattere determinato e libero. Difficile incasellarle in uno stereotipo, sono oggi sempre più sicure di sé, professioniste-acrobate in equilibrio tra il diritto di seguire i propri sogni e i doveri della famiglia, fatta non solo di figli ma anche di genitori anziani da accudire. Sicule autonome che producono, che sono al servizio della comunità, ma che purtroppo continuano, come tutte le donne del pianeta, a faticare ancora per la parità, declinata in tutti gli ambiti.
Marcella Cannariato è una di queste donne positive e caparbie che amano fare rete, convinte che la rinascita non possa prescindere dalla presenza delle donne. Palermitana, imprenditrice di successo, un concentrato biondo di competenza, energia e tenacia, amministratore unico di A&C Broker, guida la sua azienda con spirito d’innovazione, basti pensare che le sue dipendenti praticano lo smart working, da sempre, prima ancora che si diffondesse a causa della pandemia. Proprio perché l’orario flessibile consente alle mamme che lavorano di stare accanto ai loro bambini.
Unica donna siciliana a essere stata inserita da Forbes nel 2019 tra le 100 donne leader italiane. Nel 2007 ha fondato la A&C Broker, società di punta nel campo del brokeraggio assicurativo nazionale che impiega circa una trentina di dipendenti. Responsabile regionale della Fondazione Marisa Bellisario, Marcella Cannariato presiede anche l’associazione “Fiori d’acciaio”.
Il suo impegno a favore delle donne è totale: “Se non c’è uguaglianza non c’è democrazia e legalità”, sostiene. Da qualche anno è a fianco di Elena Bonetti, ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, in qualità di esperta, trait d’union tra le richieste provenienti dal mondo esterno e la ministra che sarà a Catania il prossimo 9 settembre e a Palermo il 10, in occasione dell’inaugurazione della mostra Libere di vivere.
Contiamo nella rinascita del nostro Paese. Chi saranno i protagonisti?
“La famiglia è alla base della ripresa economico-sociale dell’Italia perché la famiglia significa donne e welfare appropriato. Al momento assistiamo a tre fenomeni che sembrano sconnessi tra loro ma non lo sono: molte donne a casa, culle vuote e tantissimi giovani che emigrano. La generazione Z quella dei nativi digitali vive situazioni diverse: al Nord i ragazzi partono rinforzano il loro know-how, ritornano e creano micro e medie imprese. Al Sud invece, c’è un depauperamento delle risorse, interi territori si svuotano come agli inizi del Novecento ed esportano capitale umano, un capitale che ci costa perché quei giovani li abbiamo cresciuti e formati, ma vanno a creare economia fuori”.
E Resto al Sud l’incentivo per la nascita e lo sviluppo delle attività imprenditoriali?
“Funziona a metà perché non c’è una formazione adeguata, noi donne dobbiamo lavorare tutte per fare aumentare il PIL, dobbiamo capire che ci saranno nuovi lavori che spazzeranno via i vecchi, molte di noi non sono ‘digitalizzate’ non sono in grado di affrontare la rivoluzione industriale 4.0”.
Solo un problema di formazione o anche di autonomia?
“Entrambi. Pensa che il 60% delle donne siciliane non ha un conto corrente personale, soprattutto quelle dell’entroterra e anche quelle che lavorano e che dovrebbero essere autonome non lo sono. Hanno il conto con il “tesoriere di famiglia”, cioè il marito-compagno che se le abbandona le lascia in serie difficoltà”.
Donne e politica, perché continuano a essere poche?
“Perché le donne non riescono ancora ad autodeterminarsi e non si può pensare che lo faccia un uomo per loro. Dobbiamo crearci un percorso, farci valere. Dobbiamo alla legge di Lella Golfo la possibilità di entrare nei consigli di amministrazione, siamo brave, ci laureiamo con voti più alti ci specializziamo e poi nonostante le competenze non raggiungiamo le posizioni apicali. Senza dimenticare il gender pay gap, un problema che in Italia non riusciamo a lasciarci alle spalle. La differenza salariale tra uomo e donna si stava faticosamente riducendo, ma negli ultimi mesi è cresciuta e ora la media che ha raggiunto è dell’11,1%. La pandemia ha fatto retrocedere l’Italia”.
Come vede la Sicilia e la scarsa presenza femminile in Giunta?
“Per le amministrative si deve alternare un uomo e una donna, così non acade per le regionali in Sicilia, questo la dice lunga. Siamo ancora arretrati, non vedo nessuna politica a favore delle donne, sono ancora le associazioni che si danno da fare con poche risorse. Ovviamente questo non basta, bisogna ingranare la marcia del cambiamento. Ma non si cambia mentalità con una legge serve una rivoluzione culturale che diventa poi antropologica. Le donne siciliane non sono formate e bisogna insistere su questo punto, si deve partire dalle scuole, con percorsi di studio universitari STEM, relativi alle discipline scientifico-tecnologiche, che ancora oggi si pensa siano poco adatti alle donne, per performance universitarie che facilitano gli esiti occupazionali”
Qual è la sua posizione sul Ddl Zan e più in generale sulla teoria di genere?
“Siamo tutti impegnati nella lotta contro l’omofobia. L’Europa ha varato leggi in tal senso, mi chiedo però se condivide la legge Zan scritta in questo modo. Credo che cancelleranno con la parola genere il fatto di essere donna, ma io non sono genere, non sono gente, io sono una persona e sono donna. Vorrei dei progetti per i giovani sull’educazione all’inclusione e sulle relazioni con l’Altro”.
Ha ma pensato di candidarsi a sindaco della sua città?
“Purtroppo Palermo non è ancora pronta ad avere un sindaco donna”.
In passato però l’ha avuta con Elda Pucci negli anni Ottanta.
“Sì, ma quanto l’hanno fatta durare? Tutto è sempre determinato dagli uomini. E io non voglio questo. Inoltre, ci vuole un’ambizione sfrenata e una grande sete di potere per pensare di diventare prima cittadina di Palermo, perché le macerie che ci sta lasciando chi ci ha governato non è roba da poco. Noi saremo commissariati, c’è il caos in città e nell’Isola e i siciliani non hanno capito che l’unica cosa da fare di politico è puntare sul turismo che è una filiera industriale”.
Pensa che l’Assessorato regionale al Turismo stia lavorando bene?
“Mah, forse a livello regionale, certo non a Palermo, una città travolta e stravolta dall’immondizia. Se vogliamo investitori o anche solo tour operator stranieri dobbiamo pensare al decoro urbano. La qualità della vita non è il clima, il mare e stereotipi vari; la qualità della vita è data dal decoro di una città. Le nostre spesso non sono amministrate bene perché si pensa solo al tornaconto personale. Gestire una città significa pensare ai concittadini, quindi dare lavoro, decoro e a intraprendere strade virtuose. Con un occhio sempre rivolto agli ultimi che non devono restare indietro”.
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11 Luglio 2021, 17:03