Politica

Sicilia, nasce il “Manifesto dei diritti e dei doveri dei beni culturali” FOTO

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30 Novembre 2021, 18:32

5 min di lettura

Ancora una volta la Sicilia è laboratorio politico del Belpaese, capace di anticipare sul piano territoriale le trasformazioni che potrebbero investire il sistema nazionale. Non è certo la prima volta nel corso della storia repubblicana che l’Isola faccia da apripista attraverso nuove prospettive, la capacità di guardare lontano, presentando una visione d’interesse collettivo. L’ultima occasione è stata offerta questa mattina: nella sala Mattarella dell’Assemblea Regionale Siciliana, è stato presentato infatti il “Manifesto dei diritti e dei doveri dei Beni culturali”, promosso su impulso del responsabile del dipartimento Beni Culturali del PD Sicilia, Manlio Mele. Il documento mira a salvaguardare un patrimonio comune che deve essere tutelato da diritti specifici ai quali corrispondono, in modo speculare, altrettanti doveri. “Questo documento è il primo del genere in Italia. Spesso da questo palazzo sono partite molte battaglie e proposte di legge – spiega Mieli – adottate poi dal Parlamento nazionale. Parliamo di diritti oggettivi e soggettivi, complessi, erga omnes, una specifica e singola categoria in cui si esprimono diritti e doveri morali e culturali, nella speranza che vengano riconosciuti come diritti autonomi”.

Come nasce il progetto


Il Manifesto, diretto ai cittadini e alle istituzioni, nasce da un coordinamento di intellettuali (Roberto Albergoni, Monica Amari, Edward Richard jr. Bosco, Francesca Cicero, Marika Cirone, Andrea Cusumano, Cinzia Laurelli, Manlio Mele, Lorenzo Palumbo, Silvia Pinto, Ersilia Saverino) che hanno lavorato circa otto mesi cercando il massimo equilibrio ”. In un’ottica di esigibilità, dopo l’approvazione dell’Ars diventerà una “Carta dei diritti e dei doveri dei Beni culturali”, questo affinchè cittadini e comunità possano coltivare la curiosità, l’immaginazione, la creatività e assumere responsabilità e doveri per lo sviluppo della conoscenza e per la tutela delle eredità culturali, dei paesaggi e dei territori nel rispetto dell’ambiente. Durante la presentazione è stato ribadito da più relatori il concetto che la cultura e il segmento che rappresenta non possono essere il fanalino di coda di ogni Finanziaria, i tagli alla cultura sono inaccettabili se si vuole difendere e valorizzare il patrimonio culturale. Secondo Roberto Albergoni, manager culturale e presidente meNO: “La scrittura di questo documento ha rappresentato un’esperienza interessante, con la partecipazione attiva di tutti i soggetti coinvolti”. E ha evidenziato due punti: “Il primo è che nasce in Sicilia, non solo per la natura sincretica della sua cultura ma anche per un’esigenza specifica, in quanto il tema dei diritti e doveri culturali riguarda la cittadinanza, l’impegno della collettività, il rapporto con ciò che è pubblico, con le istituzioni. Il secondo, perchè, bisogna considerare la cultura come un valore al di là del reddito che può procurare. Non si nega lo sviluppo economico, ma si rifiuta la logica per cui un bene debba essere attenzionato solo se produce profitto”. Un Manifesto dunque che coinvolge i beni culturali, il mondo dell’istruzione, i cittadini, le istituzioni, la cultura in generale, in un circuito circolare. L’opinione del deputato Claudio Fava, presidente della Commissione regionale Antimafia è: “Mettiamo al centro la cultura non più come oggetto ma quale soggetto capace di darsi una identità, una cultura che sia contenuto e non contenitore, inclusiva e non escludente come nel caso del teatro di Librino, a Catania, che esiste da 20 anni, ma è stato sempre chiuso e vandalizzato”.

Il ruolo della scuola e della politica


Forse occorre fare un altro tipo di ragionamento e porsi delle domande, chiedersi perchè ancora oggi, la cultura è vista da una larga parte della società come elitaria, un lusso, un optional, considerato che in Sicilia il reddito minimo è tra i più bassi d’Europa. Al tempo stesso si ha fame di cultura – come dimostrato dal successo delle mostre e degli eventi inaugurati dopo il lockdown – una fame che si deve saziare fin dalla prima età. Da qui il ruolo fondamentale della scuola e della politica che come ricordato da Andrea Cusumano, già assessore alla Cultura del comune di Palermo: “Il valore di questo manifesto è enorme perché i diritti culturali oggi non sono ancora riconosciuti, la cultura è il primo settore a essere tagliato in caso di crisi e l’ultimo a essere recuperato e riavviato, pensiamo per esempio a causa del Covid 19 alla sofferenza di tutti i lavoratori del cinema e dei teatri. Mi sembra una prospettiva miope pensare che solo il binomio economia e politica possano essere una sferzata per risollevare il paese”.
Il Manifesto vuole essere certamente d’innovazione e spinta, ma forse non dice niente di nuovo in materia considerato che esistono già le norme sul valore del patrimonio culturale, della importante e rivoluzionaria “Convenzione di Faro”, ratificata dall’Italia nel 2020, dopo 15 anni di attesa. E proprio a questa Convenzione fa riferimento Gaetano Armao, vice presidente e assessore all’Economia della Regione Siciliana: “Le norme sono già vigenti, tangibili, non da costruire, la Convenzione offre spazi infiniti non ai beni culturali che sono ormai non esistono più, ma all’eredità culturale. Concordo invece sul fatto che la Sicilia sia sempre stata avanti e che qui si siano realizzati tanti successi come la “Carta di Agrigento” approvata in Europa dal Comitato europeo delle Regioni, e l’introduzione di un principio che non ha pari in altri paesi: per redigere un piano urbanistico si prevede che il comune faccia eseguire uno studio archeologico redatto dalla Sovrintendenza”. Ad Armao risponde immediatamente l’onorevole Nello Dipasquale che ricorda che non si vogliono riscrivere le norme: “ Bensì fare sintesi, fare pressione, ribadire dei concetti, il Manifesto è un documento politico, è un segnale di unità nel senso di attenzione verso il patrimonio culturali, un appello affinchè le norme già esistenti diventino prassi, sedimento culturale di tutti, per una cultura che non isola ma che apre orizzonti crea partecipazione e fa sentire tutti protagonisti”.

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Un atto di indirizzo


Si tratta dunque di una raccomandazione, di un atto d’indirizzo, perché esistono già le normative recepite ufficialmente ma l’Italia resta ancora indietro. “Il diritto alla cultura è un diritto esigibile – precisa Antonello Cracolici – che assume una centralità nell’insieme delle politiche pubbliche. Occorre parlare di diritti che entrino nell’agenda dei politici, dobbiamo estendere la Carta a tutte le istituzioni scolastiche, alle università. La cultura non è protezione ma valorizzazione, che diventa domanda, pressione e conflitto politico”. Tra i relatori presenti, oltre alla vice presidente dell’Ars, Angela Foti, anche Giuliano Volpe, già presidente del Consiglio superiore dei Beni Culturali e Maria Amari, i componenti del comitato promotore, i deputati regionali del PD Antonello Cracolici e Michele Catanzaro, il capogruppo del PD all’Ars, Franco Piro, responsabile del dipartimento Economia del PD Sicilia.

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30 Novembre 2021, 18:32

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