23 Dicembre 2021, 05:55
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Avremmo voluto il Natale della liberazione dal Covid. Il Natale della mascherina messa in un angolo, come il ricordo di uno spavento che non ci appartiene più. E invece, tra noi e la meta, si è inserita l’insidiosa variante Omicron. Di cui poco si sa ancora, se non che ci fa paura. E ci fa paura, forse, proprio per quello che non sappiamo e che proietta la sua ombra sullo schermo della nostra angoscia. Invece, sarà ancora il Natale della cautela e delle precauzioni che, in parte, verranno stabilite da chi è chiamato, appunto, a stabilire qual è il livello d’allerta. Sarà un momento familiare, conviviale, ma con l’accortezza di chi non può ancora sciogliersi in un abbraccio senza freni, perché il nemico non è battuto. E sarà un pranzo di Natale agghindato dagli addobbi e pure dai consigli degli esperti siciliani, qui convocati, che indicano la via del raziocinio per evitare contagi. Quanti dovremmo essere a tavola? Quale sarà il livello opportuno d’allerta, tra alberi e presepi? Cosa è meglio fare, cosa non fare?
Il dottore Renato Costa, commissario dell’emergenza Covid a Palermo, consiglia: “Al massimo, direi, dieci persone a tavola, meglio otto, con il massimo del distanziamento possibile. Quando si è insieme e non si sta mangiando, bisogna indossare la mascherina. E’ necessario areare frequentemente il luogo in cui si soggiorna, lavarsi le mani, cose già spiegate, peraltro E ricordiamo che un tampone non fa male a nessuno ed è meglio mettersi al sicuro, anche se si è vaccinati. Perché ovviamente il pranzo natalizio va condiviso solo se è stato portato a termine il ciclo di somministrazioni, meglio con la terza dose”. Il tampone che non fa male a nessuno, l’ingrediente aggiuntivo nella costruzione della serenità.
Ci saranno polemiche, sciarre, incomprensioni, nel parentado perché i membri della famiglia non vaccinati verranno, magari, esclusi dagli inviti? Può essere. Ma questa è una guerra che si sta combattendo. E chi non si è vaccinato, in un certo senso, ha scelto da che parte stare, non indossando il vestito di responsabilità che i tempi richiedono.
“Il pranzo di Natale? Suggerisco a tutti di rimanere all’interno del proprio ambito familiare – dice il dottore Massimo Farinella, esponente del Comitato tecnico scientifico siciliano, infettivologo e primario all’ospedale ‘Cervello’ di Palermo -. Che i commensali siano tutti vaccinati, con due dosi o con la terza, è la precondizione. L’attenzione suggerisce i ricambi d’aria, la distanza e le mascherine il più possibile. E ricordiamoci che una mascherina non è per sempre e va cambiata spesso”.
“Ricordiamoci pure – aggiunge il dottore Farinella – che siamo in emergenza ed è necessario essere prudenti e compiere qualche sacrificio. Le tavolate vanno rimandate”. “Al momento possiamo invocare il buonsenso – questo era il consiglio del professore Antonio Cascio – Come procedere? Invitare parenti vaccinati, tenere gli anziani e i fragili un po’ più riparati, anche se sono immunizzati, evitare baci e abbracci perché è meglio contenersi, se possibile”.
E che questa sia ancora una guerra, una stagione durissima, ce lo ricorda il dottore Baldo Renda, primario della Terapia intensiva Covid dell’ospedale ‘Cervello‘ di Palermo: “Siamo un po’ spiazzati. Vediamo ancora arrivare tante persone che non si sono protette con il vaccino e finiscono da noi, ricoverate. Temo che ci aspettino mesi complicati, anche per la variante Omicron. Non so quanti finiranno in rianimazione, ma già un ulteriore aumento dei pazienti potrebbe mettere sotto stress il sistema sanitario, speriamo che non accada. I no vax? Dovrebbero venire a fare un giro da noi, cambierebbero subito idea”.
Ma anche questo Natale, in fondo, è Natale, con la sua speranza, attrezzo indispensabile, soprattutto, lì dove il dolore non passa. Non potremo abbracciarci, se non con estrema circospezione. Però abbiamo gli occhi sopra la mascherina. E hanno imparato a parlare.
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23 Dicembre 2021, 05:55