Sicilia, Rotondi: "Qui la Democrazia Cristiana non è mai finita" - Live Sicilia

Sicilia, Rotondi: “Qui la Democrazia Cristiana non è mai finita”

Il deputato centrista commenta le gesta dei colleghi isolani.

PALERMO – Galeotto fu il libro. La presentazione palermitana del testo “La variante Dc” di Gianfranco Rotondi alla presenza dei dioscuri del centro, Totò Cuffaro e Davide Faraone, ha attirato l’attenzione di più di un commentatore politico. E non poteva essere diversamente. Gli ingredienti “Dc” e “Sicilia” stuzzicano ancora i palati dei politici nostrani. Il perché lo spiega Gianfranco Rotondi con una semplice considerazione “La Sicilia la Dc è rimasta in vita”, spiega dopo avere parlato della diaspora centrista che dal 1993 in poi ha caratterizzato il palcoscenico politico nazionale. 

Partiamo dal suo libro. Che cosa è la variante Dc?

E’ il racconto della transumanza dei democristiani nella Seconda Repubblica. La vita della Dc è finita nel 1993, quella dei democristiani è continuata e il libro la racconta. 

Chi sono secondo lei gli eredi di quella storia in Sicilia?

Direi che nel Paese, più che in Sicilia, gli eredi sono ovunque con una differenza però.

Quale?

Se dovessi darle una lettura correntizia direi che quelli del Caf sono andati con il centrodestra, la sinistra Dc, diciamo l’area Zaccagnini, è andata con il centrosinistra. Chi ha vinto la partita? La risposta è semplice: la sinistra. 

Perché?

La sinistra Dc ha egemonizzato il Partito Democratico, invece i moderati democristiani sono scomparsi dai radar. Siamo rimasti io e Pier Ferdinando Casini in Parlamento. E’ vero che uno dei due corre per il Quirinale, ma la prevalenza è stata quella della sinistra democristiana.

E in Sicilia? 

Qui dobbiamo aprire una parentesi graffa. Qui la storia è stata diversa perché la Dc è sostanzialmente rimasta in vita. La Sicilia ha vissuto una sorta di pandemocristianesimo: tutti i partiti sono stati guidati da democristiani. 

Qui è nata recentemente anche la nuova Dc di Totò Cuffaro. Che idea si è fatta?

Mi sembra un’ambizione diversa. E’ l’ambizione di un uomo che è fuori dalla contesa in senso personale e ha una condizione privilegiata per non avere bisogno di mercanteggiare e quindi per affermare un’identità senza che ad essa corrisponda un tornaconto. 

Totò Cuffaro riparte dalle idee, insomma.

In senso metafisico direi che liberato dal corpo (che per un politico è il bisogno di essere eletto) si eleva In purissimo spirito. 

Lei ha fama di essere un ottimo ritrattista. Proviamo a tratteggiare le caratteristiche di alcuni protagonisti della politica siciliana?

Faccio una premessa, non sono molto attendibile perché sono veramente amico di tutti. Calco la scena da tanti anni e soprattutto coltivo sempre l’aspetto personale e umano dei rapporti per cui tendo sempre a una certa indulgenza. 

Partiamo da Gianfranco Miccichè.

Miccichè è il genio e la sregolatezza di Forza Italia. Le sue idee sono sempre eccentriche, geniali. Mi ricorda il mio maestro Fiorentino Sullo che vedeva le cose vent’anni prima, ma cascava nella prima trappola che gli capitava davanti dieci minuti dopo. 

Saverio Romano?

E’ un pensatore asciutto, severo. Vorrebbe essere un uomo di potere ma è troppo pigro e quindi resta sostanzialmente come me un pensatore. 

Davide Faraone?

Faraone è di un’altra generazione. Ha il fisico del democristiano: pensoso, riflessivo. Ha anche i riflessi lenti del democristiano,  però è passato per Renzi quindi sospetto che abbia un guizzo col quale può scappare.

Nello Musumeci?

Sono amico di Musumeci. VI confesso un’esclusiva. Quando fondai la mia Dc chiesi a Musumeci di venire con noi perché ritrovai in lui il senso sociale di una destra che si sovrapponeva tranquillamente all’esperienza democristiana. E confermo questo giudizio.  

Abbiamo parlato del centro, in Sicilia la vera partita riguarda l’unità del centrodestra. Secondo lei in Sicilia il centrodestra troverà la quadra su Musumeci?

Non sono esperto di cose siciliane, credo che naturalmente ogni discussione ovunque parta

dal governatore uscente quindi troverei abbastanza normale che il ragionamento partisse dall’esperienza del presidente Musumeci. Ma sono cose che i siciliani sanno vedere  molto bene da sé. Non hanno bisogno di consigli. 


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