Sicilia, veto imputati nel Pd: in ballo nomi di peso - Live Sicilia

Sicilia, veto imputati nel Pd: in ballo nomi di peso

Il tema dell'incandidabilità di alcuni nomi noti tiene banco. Sono le ultime ore per scrivere le liste delle elezioni regionali 2022.
REGIONALI 2022
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CATANIA – L’ora X scatterà stasera. Cioè quando le federazioni provinciali del Partito democratico invieranno alla segreteria regionale i propri suggerimenti per le elezioni del 25 settembre. Le regionali, s’intende. I file che ciascuna provincia compilerà anticiperanno la temperatura della direzione regionale del Pd, fissata per domani sera: il segretario dei dem isolani, Anthony Barbagallo, e i vertici dovranno scegliere i candidati per Palazzo dei Normanni. Ed è chiaro quale sarà l’argomento di conversazione: si litigherà sugli incandidabili?

La richiesta di liste pulite

Del resto, di questo si parla da giorni. E questo è l’argomento che è tornato sulla bocca di tutti dopo la lettera di Barbagallo ai segretari provinciali del Pd Sicilia. Dopo le questioni tecniche (numeri, collegi…), il leader regionale ricorda le parole della candidata alla presidenza della Regione Siciliana, Caterina Chinnici, che ha invocato liste cristalline. “La sua disponibilità – puntualizza Barbagallo in fondo alla missiva – è condizionara alla circostanza che non ci siano candidati all’Assemblea Regionale Siciliana con procedimenti penali pendenti nelle liste che la sostengono”.

E qui, più che l’asino, rischiano di cascare nomi importanti. Le parole di Chinnici, arrivate al termine di una riunione con la coalizione, erano finite sui titoli dei giornali. Ma cosa questo significasse non era chiaro finché non è stato scritto nero su bianco nella lettera. Perché non è solo una questione di Statuto e Codice etico: è andare oltre. È rischiare di non candidare, oltre a Giuseppe Lupo a Palermo (a processo per corruzione in un filone del processo Saguto), anche Angelo Villari e Luigi Bosco a Catania, imputati da ex componenti della giunta di Enzo Bianco e a processo per il dissesto del Comune. Il discorso esclude Valentina Scialfa che, pur essendo nelle stesse condizioni di Villari e Bosco, è priva del veto chinniciano in quanto candidata nazionale.

Cosa dicono il codice etico e lo Statuto

Il Partito democratico affronta il tema della candidabilità in due distinti documenti, che da soli non bastano a risolvere la questione: il Codice etico e lo Statuto. Testi integrali alla mano, si rischia di restare più confusi che persuasi. Il Codice etico, per esempio, all’articolo 5 dice chiaramente: “Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare, a ogni tipo di elezione ­anche di carattere interna al partito­, coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato: a) emesso decreto che dispone il giudizio”. Sembrerebbe una norma stringentissima, se non si continuasse la lettura. Perché al punto “c”, il terzo dell’elenco, dopo una ulteriore condizione di incandidabilità, appare un elenco di reati.

Mafia, prostituzione, omicidio colposo “derivante dall’inosservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro”. L’elenco è attaccato al punto “c”, ma sembra riferirsi in realtà all’articolo 5 nella sua interezza. Cosa che renderebbe molto meno stringente il requisito del rinvio a giudizio. Fuori dal testo, traducendolo: non è che sono incandidabili tutti coloro che stanno affrontando un processo da imputati; non lo sono solo quelli che lo stanno affrontando per alcuni reati. Nell’incertezza lasciata dal Codice etico, si va al secondo documento di partito.

A guardare lo Statuto, sperando in una chiarezza maggiore, si incappa nell’articolo 27. Che così recita: “Tutti i candidati nelle liste del Partito Democratico, a ogni livello, devono dichiarare di essere candidabili secondo le condizioni previste dal Codice di autoregolamentazione delle candidature approvato dalla Commissione parlamentare Antimafia“. Il Codice, per fortuna, si spiega meglio. E nell’impegno, richiesto ai partiti, di non candidare chi sia anche solo sospettato di alcuni reati aggiunge un elenco piuttosto esaustivo. Tra cui include anche una serie di “delitti contro la pubblica amministrazione”. In cui, però, non figura il falso ideologico.

I casi Villari e Bosco

Falso ideologico è il reato per cui sono imputati Angelo Villari e Luigi Bosco nel processo sul buco di bilancio a Palazzo degli elefanti. A guardare Codice etico, Statuto e Codice di autoregolamentazione, Villari e Bosco potrebbero forse aspettarsi di non incontrare ostacoli, a meno di interpretazioni diverse di quanto confusamente scritto nel Codice etico. Ma le parole di Chinnici, ribadite nella lettera di Barbagallo, dicono semplicemente: “procedimenti penali pendenti“. Allargando il campo anche alle indagini in corso, a volerla dire tutta. Cioè anche a chi non è ancora imputato, ma ha ricevuto un avviso di garanzia.

Nel richiamo di Barbagallo si potrebbe leggere un tentativo del segretario di fare spallucce di fronte a una “condizione” posta da Chinnici alla base della sua disponibilità a essere la candidata per Palazzo d’Orleans. Come si può chiedere, del resto, a una donna con la sua storia, di fare un passo indietro su un tema così sensibile? Barbagallo non sembra abbia intenzione di farlo. Non è chiaro se nolente o, piuttosto, volente.

Tra i possibili esclusi e tra i loro numerosi sostenitori, almeno in provincia di Catania, c’è già l’aria di chi vuole dare battaglia. Quanto all’ultimo sangue si capirà dall’elaborazione delle liste delle federazioni provinciali. Se i nomi di questi “impresentabili last minute”, che prima tali non erano e adesso lo sembrano, fossero negli elenchi inviati alla segreteria regionale, sarà chiara una cosa: la direzione regionale del 19 agosto sarà scoppiettante.


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