07 Dicembre 2011, 18:35
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Appena la videocamera del giornalista si accende, Ijeoma (nella foto) finalmente non riesce a trattenere le risa. Finalmente, sì, perché fino a un mese prima ridere le sarebbe costato troppe difficoltà. Fino al mese prima il suo cuore si portava dietro la malformazione con cui è venuto al mondo. Non poteva camminare a lungo e tantomeno correre fino a quando un medico siciliano, di Mezzojuso, ha deciso di portarla sull’Isola, per quelle cure che in Nigeria non le potevano essere garantite. “E’ inutile portare il pesce. Dobbiamo portarli con noi a pescare”, dice Giacomo Vernengo, pediatra che prima di divenire il presidente di Solaria onlus è stato uno dei componenti di ‘Medici senza frontiere’. Tra i 36 piccoli stati del paese, quello in cui vive Sigeoma, quasi ventenne, è uno dei più arretrati. Altrove, l’organizzazione no profit che opera dal 2003, è riuscita a costruire pozzi, piccoli ospedali e a distribuire comunque dei vestiti, beni di prima necessità. Qui invece è riuscita a formare alcuni medici.
C’è voluta una settimana, passata nel reparto di rianimazione dell’Istituto, prima che la ragazza si potesse dire totalmente fuori pericolo. Ospite a casa del medico, Ijeoma il 19 dicembre dovrà sottoporsi all’ultimo controllo, prima di decidere quando tornare a casa. Adesso cammina sulle sue gambe, sottilissime a causa di una malattia che non consentiva lo sviluppo dei suoi muscoli e della sua statura, molto minuta. “E’ già arrivata a 39 chili” spiega la moglie del medico: quattro chili in più rispetto a prima dell’operazione.
Il cibo italiano non le piace, ma i suoi capricci, spiega il medico, per fortuna non diminuiscono il suo appetito. Alle domande dei cronisti risponde timidamente: non ha più paura e la Sicilia le piace. Ma le mancano i suoi familiari a casa: la madre, impiegata della pubblica amministrazione, il padre, contadino, ma anche i suoi sei fratelli e i suoi amici. Quando tornerà le aspettano alcuni esami ad aprile e poi vorrebbe continuare a studiare. “Volevamo costruire un centro per la dialisi in Africa, ma anche dopo aver vinto il bando con il nostro progetto i finanziamenti non sono mai arrivati” spiega il pediatra a capo di una realtà “ancora molto ridotta” che conta solo quindici persone.
Il caso di Ijeoma è il quarto che la onlus Solaria è riuscita a risolvere. Prima della ragazza nigeriana infatti, in Sicilia una donna ha subito un intervento oculistico e due bambini, Faibur e Viktor sono stati sottoposti un intervento cardio-chirurgico. Ma le attese sono lunghe: i visti, i permessi e l’organizzazione di soggiorno e intervento costano tempo. E il tempo, una volta, è costato la vita a una bambina di due anni.
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07 Dicembre 2011, 18:35