17 Aprile 2019, 18:11
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BAGHERIA (PALERMO) – Una borsa con un computer, hard disk e altri supporti informatici. E’ il materiale con cui gli agenti della Digos sono usciti dall’abitazione della famiglia Frittitta ad Aspra, una frazione di Bagheria, nel Palermitano: è finito tutto sotto sequestro. In quella casa, fino a pochi mesi fa, viveva Giuseppe Frittitta, il 25enne che si era convertito all’Islam e si faceva chiamare “Yusuf”.
Si era trasferito a Bernareggio, in provincia di Monza-Brianza, dove stamattina è stato fermato dalla polizia con l’accusa di istigazione e autoaddestramento al terrorismo. Voleva diventare un “lupo solitario”, un combattente pronto alla guerra. E per farlo si era messo in contatto con Osama Ghafir, un marocchino appena diciottenne, abbracciando il salafismo, movimento che vuole scuotere l’Islam colonizzato dagli occidentali. Si allenavano duramente, praticavano crossfit e soft air per essere pronti a combattere. Intanto, tramite internet, si scambiavano video che poco lascerebbero all’immaginazione.
Frittitta, prima di trasferirsi al Nord, avrebbe utilizzato anche i dispositivi informatici sequestrati oggi nell’appartamento di Aspra. Strumenti indispensabili per manifestare il credo religioso sotto forma di un’intensa attività di propaganda dell’ideologia jihadista effettuata sul Web, “dove il ragazzo diffondeva e manifestava la sua adesione alle idee fondate sull’odio antisemita”, spiega la Digos.
Il 25enne, che si era fatto crescere la barba e pubblicava su Facebook foto inneggianti all’Islam, aveva inoltre avviato da tre anni a questa parte, contatti con coloro che frequentano la moschea di Villabate. Il luogo di culto che si trova in via Walter Tobagi oggi è chiuso, ma è qui che una delle comunità islamiche più antiche e radicate dell’Isola, si incontra. Frittitta avrebbe frequentato, costantemente il centro, principale luogo di aggregazione della zona per i musulmani e distante soltanto una decina di chilometri dalla casa dei genitori.
Sono questi ultimi ad affacciarsi dal balcone del primo piano della palazzina di Aspra, con gli occhi pieni di dolore e preoccupazione. Da tempo cercavano di dissuadere il figlio: “Non ti riconosco più”, gli diceva la madre. “D’altronde – dice la zia di Giuseppe Frittitta – in questo momento siamo molto provati”. Sono poche parole, scandite col contagocce, quelle dei familiari del ragazzo, nel quale appartamento stamattina si trovava la polizia, a caccia di ulteriori elementi utili alle indagini. “Non so cosa dire – prosegue la donna – perché sono molto dispiaciuta per mia sorella, sono sconvolta e non so cosa adesso ci aspetta”. E tra i vicini di casa, nessuno dice di avere mai sospettato dei comportamenti del giovane che si allenava per diventare un “lupo solitario”.
“Non ho mai notato nulla di strano – dice una donna a pochi metri dalla casa dei Frittitta – ho soltanto saputo che recentemente si era trasferito e che lavorava come camionista. I suoi genitori sono delle bravissime persone, non avrei immaginato una cosa simile, leggere la notizia mi ha fatto paura”. Già, perché l’ombra del terrorismo, in base a ciò che la procura ha accertato, poteva essere molto vicina. Frittitta parlava chiaro alla madre, come emerge da un’intercettazione: “Se me la cresci …se me la cresci tu, come fate crescere le femmine vostre, mi costringete ad andarmene in carcere! Mi mandate voi con le vostre mani in carcere a me, perché devo tagliarle la testa”.
La madre cercava di convincerlo, tentava di farlo tornare sui suoi passi abbandonando l’estremismo religioso. In quell’occasione gli diceva che se avesse avuto una figlia avrebbe dovuto delegare a lei la sua educazione per allevarla nel rispetto dei sani principi. Ma il figlio rispondeva: “Se fossi stata tu musulmana, anche tu saresti stata oppressiva. Io ti sarei stato ad ascoltare, ma sei una miscredente e non hai nessun potere su di me”.
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17 Aprile 2019, 18:11