14 Maggio 2016, 15:41
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PALERMO – “I soldi sono troppo pochi, dobbiamo puntare sulla prossima programmazione europea ma per farlo bisogna ascoltare i Comuni che hanno un contatto diretto con il territorio. Palermo sta meglio di altre città, ma la vera emergenza è il lavoro”. Agnese Ciulla è da ormai quattro anni alla guida di uno degli assessorati più delicati del capoluogo siciliano, quelle che si occupa di Attività sociali: uno spettro di competenze praticamente infinito, che si intreccia con altri rami dell’amministrazione e che deve far fronte a problemi immensi contando su risorse limitate.
In tanti, a Palermo, bussano alla porta degli uffici in via Garibaldi: c’è chi cerca casa, chi un lavoro, chi vuole semplicemente un aiuto. Una pioggia di richieste che arrivano anche per telefono o per mail e a cui la Ciulla prova a dare una risposta. “Una cosa non facile – spiega l’assessore a Livesicilia – anche se noi, come dice il sindaco, lavoriamo su due piani: emergenza e progetto. Proviamo a dare risposte ai bisogni immediati, pensando però anche al domani, quando le risorse saranno ancora più limitate. Ecco perché bisogna programmare adesso e noi lo stiamo facendo grazie a Città educativa e al Piano sociale: due strumenti con cui abbiamo aperto un dialogo e un confronto con le altre istituzioni, con le associazioni che operano sul territorio, con chiunque voglia dare un contributo. Perché non si possono decidere le politiche sociali o programmare i fondi europei nel chiuso di una stanza, con qualche funzionario: bisogna ascoltare il territorio e pensare ad azioni personalizzate, con una sinergia anche fra i rami dell’amministrazione comunale”.
Una missione non facile, specie in Sicilia dove i tagli sono sempre più consistenti. “Per i minori, cioè fino ai 18 anni, abbiamo in bilancio 14,5 milioni di euro, 4 in meno rispetto al previsto, cosa che ci obbliga a ricorrere ai debiti fuori bilancio – dice l’assessore – un problema dovuto anche ai tagli regionali: prima i fondi coprivano l’80% del fabbisogno, ora si fermano al 15%. Il Piano infanzia-adolescenza è passato dai 12 milioni l’anno del 2010 fa ai 3,2 di oggi; il fondo nazionale per le politiche sociali contava 24 milioni nel triennio precedente, per quello in corso ci sono solo 8,5 milioni; l’integrazione all’affitto prima era di 7 milioni, nel 2013 ci hanno dato appena 400 mila euro. La Regione ha tagliato anche il fondo per le non autosufficienze stanziando 4 mila euro l’anno per un disabile gravissimo, praticamente un’ora di assistenza al giorno che evidentemente non basta. Noi come Comune spendiamo 120 mila euro al mese perché parliamo di cento persone che rischierebbero altrimenti di andare in struttura residenziale, così invece restano a casa e riusciamo anche a spendere meno. La verità è che le politiche sociali sono state mortificate: i soldi per il sociale non bastano mai, i tagli nazionali e regionali sono sostanziali e spesso si applicano criteri generali che non tengono conto dei territori. Detto questo, dobbiamo anche cambiare prospettiva: noi non dobbiamo dare soldi a cascata ma usarli per progetti personalizzati, cosa difficilissima ma necessaria; noi non dobbiamo finanziare gli enti del terzo settore, ma lavorare con loro per il territorio. La cosa assurda, però, è che mentre facciamo i conti con i tagli siamo costretti a pagare 300 euro a seduta più iva il commissario esterno, o i commissari, che fanno le gare, fino a un massimo di 10 mila euro. Un’anomalia tutta siciliana che costa molto e che allunga i tempi dei bandi: avevamo chiesto, come Anci, l’adeguamento alla normativa nazionale che risolverebbe il problema, ma l’Ars ha bocciato l’emendamento”.
Dopo quattro anni, però, la Ciulla rivendica il lavoro fatto. “Da quando ci siamo insediati dialoghiamo con la città, incontriamo gli uffici, le circoscrizioni, le associazioni perché abbiamo voluto costruire una visione di sviluppo della città capendo dove investire, secondo un concetto di benessere sociale. Lo abbiamo fatto sotto traccia, ma ora abbiamo una cornice nella quale muoverci. Dobbiamo sicuramente riqualificare gli spazi, sapendo però che i diretti beneficiari non devono essere solo i cittadini ma anche le imprese. Quello che stiamo facendo allo Zen e’ il frutto di un confronto con le associazioni sul territorio, siamo andati a vedere la situazione, a toccarla con mano, così come abbiamo fatto a Ballarò, in costa Sud o all’Albergheria perché l’impatto sociale sulla vita delle persone dipende da molte cose. In quattro anni abbiamo approvato il regolamento per il Garante dell’infanzia, aggiustato quello per gli interventi abitativi, esitato quello per il trasporto disabili che da 3 anni non si ferma. In consiglio affronteremo anche il regolamento sull’emergenza sociale, sul volontariato e sul garante della disabilità. Nel frattempo abbiamo aperto il dormitorio e ne apriremo un secondo, garantito la mensa e attivato servizi con il sistema dell’accreditamento. Abbiamo sbloccato i progetti Pisu con 6 milioni di fondi europei con cui abbiamo, tra le tante cose, informatizzato tutti i dati dei servizi sociali creando una piattaforma unica e acquistato pulmini e auto per le emergenze sociali. Abbiamo predisposto strutture di accoglienza per migranti in protezione internazionale per 150 adulti e 12 minori, usato i Pac per gli over 65 con cui garantiamo a 450 persone l’assistenza domiciliare integrata e il servizio di assistenza domiciliare, che significa avere a casa una medico, un infermiere, un assistente sociale, un operatore qualificato che si occupa della cura del soggetto, dalla pulizia del corpo alla pulizia della casa. E queste sono solo alcune delle cose fatte”.
A Palermo però la vera emergenza resta il lavoro. “La mancanza di un reddito impedisce di affittare una casa, di pagare le spese, di sopravvivere, ecco perché stiamo lavorando per favorire l’imprenditorialità giovanile e la nascita di nuove opportunità di lavoro. Adesso gestiamo direttamente il servizio civile al Comune, a costo zero, così come abbiamo aperto lo sportello Eurodesk per i giovani a Palazzo Magnisi: anche questo senza spendere quasi nulla”.
Un capitolo a parte merita il Pon Metro, il programma europeo che farà arrivare a Palermo 25 milioni di euro solo per il sociale. “Li useremo per tante cose – spiega l’assessore – e riguarderanno non solo Palermo, ma anche i comuni limitrofi. Avremo alcune azioni legate all’accompagnamento alla autonomi abitativa: non forniamo solo un supporto per trovare casa, ma anche servizi. Se sei un 18enne o una donna vittima di violenza ti aiutiamo a trovare un lavoro, se sei un anziano ti garantiamo l’assistenza domiciliare, se sei una famiglia a rischio ti sosteniamo con un servizio domiciliare. Il tutto per consentire ai soggetti di uscire dall’emergenza. Ma alcuni fondi del Pon Metro saranno dedicati anche all’autorecupero, che in Sicilia è complicato da attuare per la mancanza di una norma regionale: per questo inizieremo con una fase sperimentale. Ma al di là del Pon Metro, abbiamo messo in campo progetti personalizzati per minori disabili in collaborazione con l’Asp: 20 mila euro l’anno per disabile che possono comprendere la logopedia, la piscina o quello di cui c’è bisogno. Stiamo stilando anche l’elenco dei tutori dei minori. Io sono personalmente il tutore di 250 minori palermitani e di 480 minori stranieri non accompagnati e ce ne occupiamo praticamente tutti i giorni”.
Nonostante tutto, però, Palermo non sta peggio di altre città italiane. “Grazie all’Anci nazionale incontro gli assessori alle Attività sociali delle aree metropolitane e Palermo affronta le difficoltà tipiche delle città del Sud e quelle tipiche delle città metropolitane. Per fortuna però qui il sistema familiare ancora tiene, a Milano o Torino gli anziani sono più soli; viviamo la presenza di altre culture, come quelle dei rom e delle altre comunità migranti come normale processo di integrazione e multiculturalità. Il disagio, laddove è presente, è trasversale, indipendentemente dalla provenienza, purtroppo. I problemi sono legati alla necessità di offrire servizi educativi più forti e continuativi. Paradossalmente noi siamo più abituati ai tagli al sociale, che invece per le città del Nord sono una novità, e oggi, grazie alla programmazione comunitaria, abbiamo più fondi: avremo 25 milioni dal Pon Metro contro i 5 destinati alle città del Settentrione. Un problema però ci accomuna tutti: i Comuni italiani chiedono di essere coinvolti nella programmazione. I tagli ci sono, è innegabile, ma dobbiamo pensare al futuro, costruendo con i cittadine e le cittadine una visione di sviluppo economico e sociale. Le città vanno coinvolte, siamo noi ad avere un rapporto diretto con le persone. Ci sono milioni di euro a disposizione, ma la Regione deve coinvolgerci nella programmazione e per questo aspettiamo che ci convochi”.
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