26 Gennaio 2016, 11:30
3 min di lettura
PALERMO – Il funzionario infedele paga per tutti. E se non paga lo faranno gli altri imputati. Si chiude in appello – la sentenza di oggi è definitiva – il processo contabile sui soldi della Regione finiti nelle tasche di Emanuele Currao. Il collegio presieduto da Pino Zingale ha condannato l’ex funzionario e il dirigente in pensione Concetta Cimino a sborsare complessivamente 242 mila euro. Definitiva anche la condanna per Amalia Princiotta Cariddi (41 mila euro) e Antonino Di Prima (8 mila euro). Questi ultimi due sono funzionari della Ragioneria ed erano chiamati in causa per l’omesso controllo delle operazioni illecite. Per tutti la condanna è “in via sussidiaria rispetto a Currao”. Pagheranno cioè solo se non lo farà l’ex funzionario.
Si chiude, dunque, dal punto di vista contabile, l’indagine delegata dal vice procuratore Gianluca Albo ai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Palermo, sfociata a anche in un processo penale ancora in corso.
I soldi della Regione, invece di essere utilizzati per pagare i fornitori, finirono sul conto corrente di Currao e di un altro intestato a un altro soggetto, ma nella sua disponibilità. Fu l’ennesimo scandalo che travolse l’assessorato regionale all’Istruzione e alla Formazione professionale. L’inchiesta nasceva dalla denuncia dell’ex capo del dipartimento Formazione, Ludovico Albert, e del dirigente Marcello Maisano.
A Emanuele Currao, poi trasferito, bastò cambiare le cifre dell’Iban per dirottare migliaia di euro sul proprio conto corrente. Il tutto, sostiene l’accusa ne processo penale, grazie alla compiacenza della Cimino. Davanti ai magistrati contabili le è stato contestato il comportamento colposo e non doloso. A lei spettava, infatti, il compito di vigilare. Ed invece Currao entrava nel sistema informatico per disporre i mandati di pagamento con la password della dirigente che ha confessato la sua abitudine a cedere le sue credenziali informatiche. Le incursioni di Currao sono avvenute anche quando non doveva essere in ufficio visto che era stato sospeso per un periodo dal servizio.
La Cimino si è difesa sostenendo di essersi attivata per segnalare alcune situazioni anomale e per recuperare i soldi finiti sul conto corrente sbagliato. Eppure nel corso dell’interrogatorio davanti al giudice per le indagini preliminari era stato proprio Currao ad ammettere di essere l’artefice della truffa e a sollevare pesanti ombre sulla gestione della Cimino.
Nelle carte dell’inchiesta è finita anche la storia di un viaggio in Sud America pagato due volte dalla Regione. La prima attraverso un accredito lecito, l’altra con un decreto ingiuntivo, richiesto dallo stesso Currao e il cui importo – 42 mila euro – sarebbe stato girato sul conto corrente del funzionario. Nel 2009 la Regione impegnò i soldi per pagare la trasferta di alcuni funzionari, compreso Currao, in Costa Rica e Argentina. Il viaggio era finanziato dall’Unione europea nell’ambito del progetto Pacef sulla “valorizzazione della donna nel Sud America”. Secondo gli investigatori il viaggio sarebbe stato pagato due volte.
Tra i beneficiari dei fondi pubblici “distratti” da Currao ci sarebbe anche l’imprenditore Mario Avara che aveva costruito una casa in legno per Currao a Sciacca, finita sotto sequestro. Avara aveva detto di essere all’oscuro della truffa. Si era limitato a incassare i soldi che Currao gli doveva per il lavoro. Un capitolo dell’inchiesta penale coinvolge una raffica di dipendenti che avrebbero intascato soldi non dovuti per straordinari inesistenti o gonfiati.
Nel frattempo la ricostruzione dei finanzieri ha retto al vaglio della Corte dei conti. Ed è arrivata la condanna definitiva.
Pubblicato il
26 Gennaio 2016, 11:30