14 Gennaio 2011, 09:05
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Sonia Alfano contro il pm Gennaro. Il deputato europeo Idv scrive nel suo blog sul “Fatto”: “E’ da tempo ormai che mi occupo di molte vicende siciliane che riguardano le collusioni del potere ufficiale con la mafia, l’etica pubblica e le deviazioni della politica. Da ormai molto tempo so, e in verità lo sanno un po’ tutti, che esistono magistrati onesti e capaci e magistrati corrotti, collusi, menzogneri o palesemente criminali che infangano il buon nome della magistratura italiana e offendono la dignità dei tanti giudici onesti e ancor più di quelli morti per difendere la nostra libertà.
C’è una città, in Sicilia, dove esiste una vicenda troppo spesso insabbiata. Una città di cui alla nazione viene da decenni offerta una cartolina luridamente falsa, dalla destra e dalla sinistra, che lì costituiscono un unico, miserevole, immondo impasto di potere. Quella città è Catania. Del “Caso Catania”, di questa città a cui la verità è stata strappata con l’uccisione, prima, del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e, poi, del giornalista Pippo Fava, siamo in pochissimi, purtroppo, a parlare.
Così come in pochissimi abbiamo parlato dell’iscrizione nel registro degli indagati per concorso esterno in associazione mafiosa dell’editore catanese Mario Ciancio Sanfilippo, avvenuta con oltre vent’anni di ritardo e probabilmente con la riserva mentale di non farne derivare alcuna conseguenza sul big boss del potere catanese. La stampa censura e la politica, da destra a sinistra passando per il centro, finge di non sapere.
Ieri il Fatto Quotidiano ha pubblicato la foto “fumante” di un magistrato catanese attualmente in predicato di diventare procuratore capo. Si tratta del dott. Giuseppe Gennaro. La foto ritrae il noto magistrato mentre è intento a svagarsi con l’altrettanto noto imprenditore mafioso Carmelo Rizzo, morto ammazzato il 24 febbraio del 1997. Gennaro, che ha sempre negato di conoscere l’esponente di punta del clan Laudani, ha promesso (ma lo farà veramente?) che sporgerà denuncia per l’ennesima volta, come già fece nel 2006 per un articolo di MicroMega a firma di Marco Travaglio e di Giuseppe Giustolisi. Non si è capito se denuncerà anche il fotografo responsabile dello scatto.
Ha aggiunto che, nell’occasione immortalata nella foto, si trovava alla festa della prima comunione del suo vicino di casa, e che non conosceva le due persone con le quali stava amabilmente chiacchierando, parlando con la bocca piena del cibo di cui avevano piene le mani, prelevato da una quarta sedia utilizzata a mò di tavolinetto. La distanza fra Rizzo e Gennaro è di pochi decimetri; il gesticolare delle mani e la postura di Rizzo testimoniano la conversazione. A breve distanza compaiono sedie vuote (a riprova che Gennaro era seduto accanto a Rizzo per scelta e non per occasionale costrizione), mentre alle spalle del gruppo è visibile una compita signora, che sembra proprio la consorte del dottor Gennaro. Il vicino di casa di Gennaro, dunque: di quale casa? Qui casca l’asino: perché la casa, una decorosissima villetta, fu costruita a San Giovanni La Punta (paesino a monte di Catania) dall’impresa “Di Stefano Costruzioni” riconducibile proprio al mafioso Carmelo Rizzo. (…)
Gennaro è come Scajola: non sa chi è Rizzo ma ci si siede a tavola insieme, e non sa come abbia potuto diventare proprietario di una villa (dove tuttora risiede) realizzata dall’impresa della persona che in quella fotografia sembra quasi alitargli sul collo. E forse la copertina di quella brochure non era un altro modo di Rizzo per alitare sul collo di Gennaro? Purtroppo Rizzo fu ucciso prima che potesse raccontare a verbale i crimini a sua conoscenza e le liaisons istituzionali del clan Laudani. Non sappiamo, quindi, cosa avrebbe potuto raccontare alla giustizia. Né sappiamo se mai qualche investigatore gli avrebbe potuto chiedere conto di quella fotografia “fumante” o di quella stravagante e un po’ sconcia brochure pubblicitaria. (…)
Adesso dobbiamo augurarci che il Csm non abbia la spudoratezza di consegnare la guida della Procura di Catania a magistrati come Giuseppe Gennaro o Giovanni Tinebra (l’uomo di fiducia di Berlusconi nominato nel 2001 alla guida del Dap), entrambi candidati e in trepidante attesa di impadronirsi della procura. La città ha bisogno di un procuratore capo estraneo a quel marcio sistema di potere, per avviare una disinfestazione di certe stanze del palazzaccio di piazza Verga. E’ il passaggio decisivo per restituire dignità a Catania e chiedere scusa ai pochi uomini che l’hanno servita con nobiltà e coraggio e che ancora aspettano il nostro grazie”.
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14 Gennaio 2011, 09:05