16 Settembre 2016, 05:46
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PALERMO – Una lite al bar per una guantiera di dolci finì a pistolettate. Era l’ottobre del 2014. Ora si scopre che nella brutta vicenda di un tentato omicidio avrebbe avuto un ruolo anche Giampiero Pitaressi, considerato il reggente del clan mafioso di Villabate.
Il 17 ottobre del 2014 Ivan Firriolo, pregiudicato di 31 anni, si presentò al pronto soccorso dell’ospedale Civico di Palermo. Un colpo di pistola alla coscia gli aveva provocato la frattura del femore. All’indomani la stanza dell’ospedale fu imbottita di microspie che registrarono le conversazioni del ferito con parenti e amici. Era la presunta ricostruzioni di quanto accaduto la sera precedente. Firriolo era arrivato alle mani con Michele Sollima, pure lui pregiudicato, “per il fatto della guantiera si sono acchiappati si sono ammazzati al bar…”.
Il litigio sarebbe nato da una battuta di troppo, dopo che Firriolo aveva comprato un vassoio di dolci “a credito”, cioè senza pagarlo subito. Ed erano riemersi vecchi rancori. Sollima, infatti, sarebbe stato picchiato più volte da Firriolo. E così, dopo avere preso un pugno nell’occhio, avrebbe chiamato in soccorso alcune persone, tra cui Pitarresi. La lite sarebbe proseguita non più al bar, da dove erano stati allontanati, ma in via Alfa XI, strada di alloggi popolari a Villabate. Qui sarebbe intervenuto anche il cognato di Firriolo: “… a che stavamo parlando, che lui (Ivan Firriolo, ndr) se la voleva discutere con Giampiero (Giampiero Pitaressi, ndr)) è arrivato questo (Michele Sollima, ndr) con il revolver… ha girato da dietro… ti sparo”.
Alla scena avrebbe assistito Pitarresi, dunque. Non un semplice spettatore, a giudicare dalle intercettazioni, un istigatore della violenza: “… i picciotti ci volevano dividere… Giampiero… lui è stato… che gli dice: ‘Fateli ammazzare’… perché non li dividi?… dice: ‘Li devi fare ammazzare’”. Pitarresi per il suo comportamento avrebbe meritato una punizione, “ma in questo momento se tu gli dai legnate a uno di questi, noialtri abbiamo problemi…”.
Piuttosto che cercare lo scontro, era più opportuno, come suggeriva qualcuno, chiarire la faccenda: “… lui si deve discutere questo discorso appena è con Giampiero… lui appena esce dall’ospedale glielo porto a casa”. A parlare della vicenda e del successivo chiarimento un anno dopo è stato un altro Sollima, Salvatore, collaboratore di giustizia e cugino di Michele: “Poi diciamo stu Ivan niscìu du spitale, è andato a casa, allora abbiamo cercato di dargli un aiuto per mantenerci la famiglia”.
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16 Settembre 2016, 05:46