Cronaca

Sparatoria di Librino, le richieste della difesa e le tensioni in aula

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19 Settembre 2024, 05:01

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CATANIA – Seconda udienza per il processo d’appello sulla sparatoria di Librino dell’otto agosto 2020, in cui morirono due persone dopo uno scontro a fuoco tra il clan Cappello e quello dei Cursoti milanesi. La discussione in aula si è concentrata sulle richieste istruttorie della Procura generale e dei difensori.

Alla fine dell’udienza c’è stato qualche attimo di tensione durante le dichiarazioni spontanee di Carmelo Distefano, che si è lamentato del fatto di essere interrotto dalla presidente del collegio.

L’udienza del 18 settembre fa parte del troncone di processo che riguarda le responsabilità dei Cursoti nello scontro a fuoco di viale Grimaldi, in cui una colonna di motociclette dei Cappello incontro due auto con a bordo i Cursoti.

Le richieste della Procura e quelle della difesa

La pubblica accusa, rappresentata da Alessandro Sorrentino e da Andrea Ursino, ha esposto le proprie richieste istruttorie, ribadendo quelle dell’udienza precedente e concentrandosi soprattutto sull’acquisizione dei verbali del pentito Michele Vinciguerra.

Richiesta a cui l’avvocata che difende Carmelo Distefano, accusato di essere il leader dei Cursoti milanesi, si oppone sostendendo che Vinciguerra sarebbe “irrilevante” nel processo sulla sparatoria: “le sue dichiarazioni arrivano un anno dopo i fatti, durante i quali era detenuto”.

Le diverse difese poi passano a esporre le proprie richieste. Quella di Distefano ribadisce quelle della scorsa udienza, tra cui quella di risentire Giuseppe Scuto, che la sera della sparatoria vide Carmelo Distefano, sottoposto all’obbligo di firma in quel periodo, nel commissariato di Nesima.

La difesa avanza questa richiesta per chiarire l’aspetto del vestiario che Distefano indossava il giorno della sparatoria: la sua presenza sul luogo dei delitti infatti è stata confermata, oltre che dalle dichiarazioni dei pentiti, attraverso un video in cui non si vedono chiaramente i visi e in cui l’identificazione è stata fatta attraverso i colori degli abiti.

Proprio sul video in cui si vedono i momenti degli spari, la difesa di Distefano ha chiesto di potere effettuare una nuova perizia. Il filmato è stato estratto dal cellulare di alcuni familiari di Vincenzo Scalia, che della sparatoria di viale Grimaldi è una delle vittime.

Le videocamere

La difesa di Distefano chiede poi di riesaminare il punto delle videocamere presenti in casa di Martino Carmelo Sanfilippo, attraverso cui l’uomo dei Cursoti, poi diventato collaboratore di giustizia, controllava il perimetro di casa sua. In più, la difesa chiede un nuovo esame di Martino Carmelo Sanfilippo, per vagliarne nuovamente l’attendibilità.

Il terzo punto chiesto dalla difesa di Distefano è un riesame del capitano Mancuso dei Carabinieri, per verificare che ci fossero videocamere piazzate davanti alla casa di Distefano o sulla via in cui abitava all’epoca della sparatoria. In quel periodo infatti Distefano era indagato e intercettato per altri procedimenti, e l’ipotesi della difesa è che dei video su quella giornata possano fornire degli elementi in più sulla sua posizione.

Su quest’ultimo punto si aggiunge anche l’avvocata Giardina che difende Roberto Campisi, accusato di essere il braccio destro di Distefano: “Ormai le città sono come il Grande Fratello, tutti sono ripresi di continuo – dice l’avvocata – eppure mancano riprese proprio del mio assistito, davanti la sua casa o nella via in cui viveva”.

Le risposte della Procura generale

Riprende parola il pm Alessandro Sorrentino, per ribattere alle richieste della difesa. Sulla testimonianza di Giuseppe Scuto e il nodo degli abiti di Distefano, il procuratore dice: “il lasso di tempo tra la sparatoria e la firma è di un’ora, e fa intendere che la testimonianza non sia così dirimente. Distefano avrebbe potuto cambiarsi dopo i fatti in viale Grimaldi”.

Sulle videocamere, il pm rimanda a un’udienza in cui fu sentito proprio il capitano Mancuso. In quell’occasione l’ufficiale dei Carabinieri disse che non c’erano telecamere delle forze dell’ordine vicino alle abitazioni di Distefano e Campisi. Quelle a casa di Sanfilippo, essendo destinate alla sorveglianza, non registravano le immagini.

Le dichiarazioni spontanee

Nell’ultima parte di udienza Roberto Campisi e Carmelo Distefano hanno voluto rilasciare dichiarazioni spontanee. È stato soprattutto durante quelle di Distefano che c’è stato qualche attimo di tensione.

Il presunto capo dei Cursoti esordisce proclamandosi innocente e affermando, come ha più volte fatto nel corso del processo di primo grado, che i collaboratori di giustizia che lo accusano abbiano mentito, scaricando ogni responsabilità dei fatti di sangue su di lui e Campisi per alleggerire le proprie.

Distefano sostiene poi di non conoscere nemmeno Campisi: “Io se lui ci fosse o no sul luogo della sparatoria non lo so dire, perché non lo conosco. So che io sono innocente e che non ero lì. Non esiste prova contro di me e non c’è una persona che mi abbia visto in faccia tra chi ha partecipato alla sparatoria”.

Distefano continua contestando quello che poco prima aveva detto il procuratore: “Come si fa a dire che una testimonianza non è dirimente? Qui tutto è dirimente”.

A questo punto la presidente del collegio Giuliana Fichera chiede a Distefano se ha altro da aggiungere, e Distefano, in collegamento dal carcere in cui è detenuto, dice “sto cercando di difendermi”, contestando il fatto di non potere continuare le sue dichiarazioni spontanee. Distefano si alza e sparisce dal video, per riapparire poco dopo.

Il presunto leader dei Cursoti dice di non avere più nulla da aggiungere, ma di volere “solo difendersi”. La sua difesa chiede che sia ascoltato con più spazio nel corso della prossima udienza, che si terrà dopo la metà di novembre.

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19 Settembre 2024, 05:01

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