01 Febbraio 2016, 15:58
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PALERMO – “Chi gestisce risorse pubbliche in qualità di presidente del gruppo, ha l’onere di utilizzarle esclusivamente per le finalità per le quali sono state erogate e non può sottrarsi in alcun modo dal dovere di giustificare come le abbia utilizzate”.
Con queste parole la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti (presidente Luciana Savagnone, relatore Giuseppe Colavecchio) spiega perché Francesco Musotto, ex capogruppo del Mpa, deve risarcire all’Assemblea regionale siciliana 589 mila euro di danno erariale. E lo specifica in un passaggio successivo delle sessanta pagine di motivazione: “In altri termini, se è pacifico che il capogruppo è sottratto dall’obbligo della resa del conto a questa Corte, è altrettanto pacifico che non si possa sottrarre dall’onere di documentazione; ecco perché l’utilizzo del contributo unificato di cui non poteva ritenersi svincolato da qualsisia controllo e onere di allegazione, come pretenderebbe il convenuto”.
Viene, dunque, smontato il cuore della difesa di Musotto, secondo cui, non solo c’era un vuoto normativo (dei paletti più stringenti sarebbero stati fissati solo nel 2014) ma le spese dei gruppi rientravano nell’alveo di autonomia e discrezionalità riconosciute al parlamentare. Bastava, secondo la difesa, che Musotto avesse dimostrato di avere girato ai singoli onorevoli regionali i soldi del contributo riconosciuto al gruppo parlamentare.
“Vi sarebbe una gestione arbitraria delle risorse pubbliche – spiega la Corte – è stato il convenuto (e cioè Musotto, ndr) che ha deciso, come dallo stesso dichiarato, di erogare a pioggia le somme in questione e a non pretendere che ciascun destinatario ne giustificasse neanche a posteriori l’utilizzo”. Insomma, il parlamentare regionale deve spiegare come ha speso i soldi che gli sono stati assegnati.
Ecco nello specifico le contestazioni a Musotto.
L’ex capogruppo ha assegnato 186 mila euro in più ai deputati nel capitolo dei portaborse, identificandoli alla generica voce “indennità/contributo funzionamento gruppo parlamentare”. Secondo Musotto, infatti, i soldi sarebbero serviti per pagare consulenze e iniziative politiche. Non basta: secondo il collegio andavano rendicontate.
Musotto ha prelevato, in contanti o attraverso assegni, circa 160 mila euro dal conto corrente del gruppo, ma non ha fornito alcuna pezza d’appoggio contabile. Una parte dei soldi, 45 mila euro, ha detto di averli girati a Raffaele Lombardo per la campagna elettorale del partito. Una tesi sempre smentita dall’ex governatore. In ogni caso, scrivono i giudici, “non è consentito finanziare con i soldi del gruppo la campagna elettorale del partito di appartenenza”.
Altra spesa contesta riguarda i 4.700 euro utilizzati per una cena del 2010 a Villa Alliata. Fu organizzata per presentare la nuova giunta Lombardo: “Non si comprende come tale evento di natura conviviale possa farsi rientrare tra le finalità istituzionali”.
Con 18 mila euro Musotto ha autorizzato il pagamento di pranzi extra per i parlamentari del gruppo e per i loro ospiti. I giudici ricordano che i deputati avevano diritto a un buono pasto “i quali dovevano ritenersi satisfativi”.
Musotto, in qualità di capogruppo, ha liquidato più di cento mila euro per affittare la sede del Mpa in via Libertà. Il regolamento prevede che l’Ars finanzi l’affitto di locali esterni, ma solo quando “vi è la prova che i locali messi a disposizione dall’Assemblea non fossero idonei”. Non solo, i locali via Libertà non ospitavano il gruppo parlamentare ma la sede del partito.
Fuorilegge sarebbero anche i 17 mila euro utilizzati per le spese del commissario regionale del Mpa, il senatore Oliva (consumazioni, taxi, giornali, carburante, libri). “Che c’entra con il gruppo?”, tagliano corto i giudici.
Infine spese per altre migliaia di euro sarebbero state autorizzate da Musotto per noleggio di macchine, cene al ristorante e necrologi. Sono state tutte bollate come “non inerenti ai fini istituzionali del gruppo”.
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01 Febbraio 2016, 15:58