21 Marzo 2013, 13:13
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CATANIA – Botta o botto. Ruota attorno a queste due parole pronunciate in due diversi sedi, interrogatorio e aula di Tribunale, il ricorso per ‘fuoco amico’ presentato alla Corte d’Appello di Messina dalla difesa di Antonino Speziale, uno dei due ultras del Catania condannati per omicidio preterintenzionale per la morte, il 2 febbraio 2007, dell’ispettore capo di polizia Filippo Raciti durante il derby col Palermo allo stadio Massimino, chiedendo la revisione del processo.
Secondo questa teoria, sostenuta dagli avvocati Giuseppe Lipera e Grazia Coco, Raciti sarebbe stato ferito da un Discovery della polizia mentre faceva retromarcia davanti il piazzale dello stadio Massimino. Un ispettore di polizia presente parla di “avere sentito una botta sull’autovettura” e “visto Raciti portarsi le mani alla testa”. Interrogato dal presidente del Tribunale in aula, precisa di avere sentito “un botto” precisando che si riferiva all’esplosione di un petardo, visto che in siciliano botta ha lo stesso significato della parola botto in italiano.
Nel ricorso, in cui il poliziotto è denunciato per falsa testimonianza dalla famiglia Speziale, si cita anche un verbale di intercettazione di un giovane arrestato che parla dell’incidente del Discovery che sarebbe stato ripreso con un telefonino. Infine la difesa solleva contrasto tra giudicanti per il reato di aggressione e resistenza a pubblico ufficiale per il quale Speizale è stato giudicato due volte. La tesi della difesa di Speziale di fuoco è stata già valutata e ‘bocciata’ da due Gip e in tutti i gradi di giudizio dei processi che si sono conclusi con la condanne, passate in giudicato, a 8 anni per Speziale e a 11 anni per l’altro ultras imputato in diverso procedimento, Daniele Micale. Nelle motivazioni della sentenza di condanna i giudici definiscono “suggestiva e senza fondamento d’indizio” questa ipotesi, ma che “é rimasto accertato” che l’ispettore “non restò vittima, come vorrebbe la difesa, del ‘fuoco amico’.
Nella richiesta di revisione alle Procure generali di Catania e Messina, gli avvocati Lipera e Coco contestano “due antinomi”, due contraddizioni in altrettanti processi: quello per resistenza a pubblico ufficiale per gli scontri del derby e quello per l’omicidio dell’ispettore Filippo Rciti, avvenuti lo stesso giorno. . Nel primo emerge che il giovane durante i tafferugli è travisato, nasconde il suo volto tanto da essere identificato dal colore e dalla marca della felpa che indossava, mentre in quello per omicidio lo si vede in faccia. La seconda “antinomia”, secondo i penalisti, riguarda le modalità del reato: nel primo dibattimento Speziale è accusato di aver lanciato un sottolavello divelto dai bagni dello stadio e che avrebbe colpito Raciti causando la mortale lesione al fegato, mentre nel processo per omicidio si è sostenuta la tesi che il sottolavello fu utilizzato solo a mò di ariete.
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21 Marzo 2013, 13:13