02 Luglio 2014, 20:27
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PALERMO – Agosto 2013. La parabola di Salvo Castagna inizia la fase calante. I finanzieri del Gruppo di Palermo si presentano negli uffici della Italiacom spa in via Ugo La Malfa. Hanno una delega per un controllo in materia di lavoro. Scoprono che ci sono 38 operatori di call center in nero. Le fiamme gialle incrociano i dati con quelli dell’Inps e accertano che le società Italiacom, Italiacom.Net e Italiacom.Tv, hanno impiegato, tra il 2010 ed il 2013, 218 lavoratori. Anche questi in nero. O meglio risultavano assunti con “contratti di collaborazione autonoma occasionale” ma, come hanno raccontato gli stessi dipendenti, le loro prestazioni erano continuative, con turni e mansioni ben precise.
Non è tutto, perché Castagna avrebbe falsificato le lettere di dimissioni di tutti i lavoratori di Italiacom per riassumerne solo alcuni in Italiacom.Net, usufruendo anche degli sgravi fiscali. Fra tasse non pagate e contributi non versati, castagna deve allo Stato 732 mila euro. Da qui l’avvio dell’inchiesta al termine della quale sarebbe venuto a galla l’utilizzo da parte di Castagna delle tre società come se fossero un bancomat personale. Con i soldi l’imprenditore avrebbe comprato auto di lusso – Ferrari, Bmw e Audi – orologi Rolex, pacchetti viaggi e organizzato feste ed eventi per promuovere la sua nuova attività di cantante. Tra questi, tre manifestazioni organizzate al teatro Golden di Palermo e nella Valle dei Templi di Agrigento, ribattezzate con il nome “Italiacom with Love”. Il denaro accumulato, sostengono il procuratore aggiunto Dino Petralia e il sostituto Claudia Ferrari, non era frutto della capacità imprenditoriali di Castagna, ma di una serie di presunti illeciti. Ad esempio, l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti attraverso la creazione di società fittizie con sede a Londra e nel paradiso fiscale americano del Delaware. Uno stratagemma per pagare meno tasse (900 mila euro di fatture false sarebbero servite per abbattere la base imponibile) e gonfiare i bilanci (oltre 5 milioni sarebbero i soldi fatti figurare fittiziamente) da presentare alle banche per ottenere linee di credito.
C’è poi il capitolo della presunta truffa ai clienti della compagnia telefonica. Castagna, attraverso Italiacom e Italiacom.net avrebbe prelevato dalle carte di credito di mille cittadini importi per complessivi 491 euro giustificati con le voci “adeguamento contrattuale” e “mancata restituzione del modem/router”. I prelievi, però, non sarebbero stati sufficienti a ripianare una situazione debitoria che nel 2013-2014 ha superato i dieci milioni di euro. A causare il buco anche la massiccia campagna pubblicitaria sulle reti nazionali (Rai, Sky, Mediaset) che la società non è stata in grado di onorare in fondo.
E così il 6 giugno è stato dichiarato il fallimento di Italiacom. Castagna è stato iscritto nel registro degli indagati per bancarotta fraudolenta assieme alla ex compagna, Alba Cinà, che era anche socia ed amministratrice di Italiacom spa. Ammonterebbero ad oltre due milioni i fondi distratti e ricostruiti dai finanzieri del Gruppo di Palermo. Secondo gli investigatori, Castagna, cosciente dell’imminente fallimento, avrebbe cercato di spogliarsi dei beni affidandoli a dei “prestanome” che risulterebbero formali amministratori delle società del gruppo Italiacom e di altre estere. Sempre a Castagna sarebbe riconducibile anche il ristorante “Carlito’s Way” di Palermo.
Le indagini si sono così concentrate anche sulla creazione da parte di Castagna di un portale web denominato “my jungle” (al tempo del lancio, nel gennaio 2013, fortemente pubblicizzato a Palermo anche attraverso una conferenza stampa) che avrebbe consentito agli utenti di poter visualizzare, in streaming, film ed altre proiezioni protette senza alcun problema di “buffering”. Cioè di rallentamento nel caricamento e nella riproduzione del video. La gestione del sito era stata affidata alla società Italiacom.Tv. Castagna, però, non avrebbe mai né richiesto l’autorizzazione né pagato i diritti degli oltre 700 film disponibili sul portale. E così il sito è stato oscurato.
Alla luce di tutto ciò – attendiamo una replica dall’indagato – si è arrivati al sequestro delle società, di 27 conti correnti, di 4 orologi del valore complessivo di 80.000 euro, e di 9 tra autovetture e moto tra le quali spicca una Ferrari con targa di San Marino.
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02 Luglio 2014, 20:27