06 Marzo 2020, 12:16
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PALERMO – Da ieri sera Antonino Lo Presti è tornato a casa. È stata una lunga battaglia quella degli avvocati Anthony De Lisi e Angela Ajello.
“Una battaglia di civiltà”, la definiscono i due legali dell’indagato, arrestato nel luglio scorso nel blitz che ha colpito la famiglia Inzerillo di Passo di Rigano. Lo Presti, incensurato, accusato di avere fatto parte della famiglia mafiosa, è nipote di Tommaso Inzerillo. (leggi anche “A spasso con i padrini”).
Lo Presti sta male, molto male. In carcere ha perso oltre trenta chili a causa di una patologia che ha reso la sua salute incompatibile con il regime carcerario. Un quadro clinico cronico che non può essere curato neppure nei centri clinici dell’amministrazione penitenziaria.
Per ottenere gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico sono state necessarie quattro istanze al giudice per le indagini preliminari, cinque relazioni peritali di cui due disposte dal giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale del Riesame, un ricorso in Cassazione e due appelli al Tribunale della Libertà.
“Il tutto – aggiungono i legali – per fare valere un diritto inalienabile di ogni cittadino, ancorché detenuto, che è quello alla salute quale bene primario nonché alle cure mediche più opportune per le patologie accusate. Una situazione di profonda amarezza”. Di fondo c’è la farraginosità di un sistema che fa a pugni con la velocità necessaria quando bisogna affrontare patologie che hanno bisogno di essere affrontate subito.
Nel carcere di Voghera dove era detenuto Lo Presti ha rischiato di rimanerci nonostante il provvedimento di scarcerazione. All’inizio infatti si è dovuto attendere il braccialetto elettronico, uno strumento sempre difficile da reperire visto l’esiguo numero a disposizione.
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06 Marzo 2020, 12:16