18 Dicembre 2015, 15:04
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PALERMO – Altra “stangata” in vista per i dirigenti regionali. La “crociata” dell’assessore Baccei che punta ai risparmi nella pubblica amministrazione avrà nuovamente come obiettivo i lavoratori a capo di strutture e servizi della Regione. Scelte che stanno già scatenando le reazioni dei diretti interessati: “Quella norma è incostituzionale”.
La norma in questione è compresa nell’articolo 9 della legge di stabilità nazionale che verrà approvata in giunta, stando all’annuncio del presidente Crocetta, lunedì prossimo. Una norma sulla quale i dirigenti si preparano già ad alzare le barricate. L’articolo prevede la “cancellazione” della indennità di risultato per i dirigenti messi alla guida di piccoli uffici. Il governo ha scelto come “quota” quella dei sedici dipendenti: se l’ufficio ne conterrà di meno, il dirigente non avrà diritto a quel “bonus” regolarmente previsto dal contratto collettivo di lavoro.
Una somma che viene corrisposta per “fasce” in base alla complessità dell’ufficio diretto. E che oscilla tra zero e 23.240 euro annui. Che per molto presto potrebbero scomparire. “Questa proposta – attacca il sindacato dei dirigenti regionali Dirsi – svilisce le funzioni ricoperte da ogni singolo dirigente, non tenendo in considerazione tutte le responsabilità che vengono assolte direttamente e su delega da parte dei dirigenti generali, e che permettono di sopperire, quotidianamente, alle necessità della pubblica amministrazione regionale”.
Ma non solo. I requisiti previsti da Baccei rischiano si sottovalutare altri aspetti. Come ad esempio la possibilità che uffici molto “popolosi” non siano poi necessariamente produttivi o, al contrario, il fatto che uffici con poco personale (ad esempio l’Ufficio legislativo e legale) siano chiamati a uno sforzo non da poco. “Riteniamo – proseguono allora i sindacalisti – che la proposta formulata dall’assessore Baccei, oltre che carente dal punto di vista della compatibilità con normative e contratti vigenti, provocherà l’effetto contrario rispetto ad una paventata razionalizzazione degli incarichi, demotivando soprattutto coloro che fino ad oggi hanno contribuito con la propria buona volontà a sopperire alla carenze di una amministrazione mal governata”.
Senza contare il fatto che l’intervento previsto in Finanziaria finirà per “saltare” i normali passaggi previsti dalla contrattazione collettiva. E la cui sede, per legge è individuata nell’Aran, l’agenzia, appunto, che ha il compito di discutere ed eventualmente lavorare alla modifica dei contratti. Contratti, tra l’altro, specie per la dirigenza regionale, che non vengono rinnovati da 12 anni. “La proposta – proseguono sempre i rappresentanti dei dirigenti – risulta inapplicabile in una amministrazione che ancora oggi non dispone di piante organiche, e che ha avviato da pochi mesi una fase di sfoltimento del personale di ruolo, con le procedure di pensionamento anticipato. Paradossalmente – proseguono – si potrebbe verificare che il preposto al servizio di gestione dell’autoparco potrà usufruire di un incarico con un contratto remunerato con una quota di parte variabile, mentre un dirigente preposto alla struttura che cura le problematiche del trasporto su ferrovia, con una gestione economica di capitoli di spesa per oltre 200 milioni di Euro, e con tutte le responsabilità che ne conseguono, non fruisce di un contratto perché all’interno della struttura non c’è personale sufficiente a raggiungere la fatidica quota di 16 unità”.
Ma il governo sembra voler tirare dritto. Con questa norma punta a risparmiare da subito cinque milioni di euro. E le sforbiciate nei confronti dei dipendenti regionali, che in passato avevano scatenato vere e proprie “guerre” all’Ars, riguarderanno anche i permessi sindacali. La norma in Finanziaria rimanda infatti a un prossimo accordo-quadro la definizione delle indennità dei dipendenti in aspettativa sindacale. Nel frattempo, però, queste vengono equiparati a quelle degli statali, meno “remunerative” rispetto a quelle siciliane. L’articolo “contestato”, poi, prevede anche la cessazione degli “accordi sindacali che prevedono trattamenti economici in contrasto con la disposizione di cui ai commi precedenti”. Prosegue la crociata contro i regionali. E all’Ars sarà guerra.
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18 Dicembre 2015, 15:04