Stasera “Le mani su Palermo”:|Lo Piccolo e il movimento antiracket|alcuni fotogrammi in anteprima

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10 Ottobre 2008, 08:51

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Dopo avere raccontato l’arresto di Bernardo Provenzano (con “Scacco al re”) e la vicenda delle talpe alla Procura di Palermo (“Doppio gioco”), Raitre chiude un’ideale trilogia sulla mafia con “Le mani su Palermo”, docu-fiction in onda stasera in prima serata.

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A realizzarla, Rai Fiction e Magnolia, con la regia di Fabrizio Lazzaretti e Matteo Lena. Nata da un’idea di Claudio Canepari e Salvo Palazzolo, “Le mani su Palermo” (sottotitolo: Il regno violento del boss Salvatore Lo Piccolo) ricostruisce le indagini di una squadra di poliziotti che si mette sulle tracce di Salvatore Lo Piccolo e del figlio Sandro. Per la prima volta, vengono mostrati i filmati della Polizia che hanno portato all’individuazione dei latitanti ed il video, girato all’interno del covo di Giardinello, dove Salvatore e Sandro Lo Piccolo sono ripresi in manette. Le immagini dell’arresto non sono le uniche esclusive del film documentario: l’ultima stagione di riscatto dell’antimafia è raccontata dalle voci di chi ha deciso di denunciare il pizzo, i commercianti antiracket. A Palermo, il movimento di ribellione al racket cresce grazie ai giovani di “Addiopizzo” che tappezzano la città di manifesti antimafia. Anche Confindustria si schiera e lo scontro in Sicilia fra mafia e antimafia si fa altissimo: i boss rilanciano con attentati eclatanti, ma la polizia sta ormai stringendo il cerchio attorno ai vertici della nuova Cosa Nostra. Il 5 novembre 2007, un blitz porta finalmente all’arresto dei boss.
“La storia dell’indagine che ha portato alla cattura dei Lo Piccolo si intreccia inevitabilmente con le vicende palermitane perché i Lo Piccolo sono andati a conquistare Palermo inasprendo pizzo ed estorsioni” spiega Claudio Canepari che anticipa così le prime immagini della docu-fiction: “Apriamo con le immagini di Gaspare Mutolo che racconta i suoi trascorsi da killer con Lo Piccolo e, poi, via con il racconto dettagliato, condito da un pizzico di antropologia e di sociologia, di come vive la famiglia di un boss dentro la citta’”. Tra le testimonianze proposte, aggiunge Canepari, “c’é quella di Rodolfo Guajana, un grossista di articoli per ferramenta che non ha pagato il pizzo e che è diventato un po’ un simbolo a Palermo. La sua attività è stata bruciata alla fine di luglio 2007 ma lui non si è dato per vinto e ha ricominciato daccapo. Di questa vicenda ricorderemo, tra l’altro, il racconto di alcuni pentiti su come i Lo Piccolo hanno progettato questa estorsione e il brindisi che gli stessi mafiosi hanno fatto quando hanno saputo che l’incendio era andato a buon fine”. A.C.

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10 Ottobre 2008, 08:51

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