Stidda e Cosa Nostra eterne rivali| “Pronte a una nuova guerra”

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28 Settembre 2019, 18:57

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PALERMO – Gli scissionisti “stanno tenendo a capa aizata”, diceva Ciro Di Palma, trafficante campano di droga. Se ne andavano in giro con la fronte alta, atteggiamento tipico di chi sa di essere forte. Il motivo era semplice: “… perché tenon e sordi”. La Stidda gelese ha ingenti somme di denaro da investire nei traffici illeciti.

Il potere dei soldi ha consentito agli scissionisti gelesi – paragonati a quelli di Camorra che sfidarono i capi di Secondigliano – di colmare il vuoto lasciato negli anni dalle famiglie di Cosa Nostra – Emmanuello e Rinzivillo su tutte – azzoppate dagli arresti.

Il capo degli stiddari era diventato Bruno Di Giacomo, arrestato nei giorni scorsi nel blitz della squadra mobile di Gela guidata da Marzia Giustolisi. Di Palma era l’uomo che gli riforniva la droga. Lavorava anche con i boss di Cosa Nostra, ma Di Giacomo pagava meglio. Massimiliano Tomaselli, che curava i canali napoletani della droga, sapeva bene che “qua può scoppiare da un momento all’altro la guerra”.

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Cosa Nostra e Stidda si sono combattuti a partire dagli anni Ottanta. Fu una carneficina. Alla fine, nel 1991, siglarono la pace di Riesi. Gli stiddari vennero ufficialmente riconosciuti. Sottotraccia rivolle il pericolo di nuovi conflitti. Così emerge con chiarezza dalle parole di Vincenzo Di Giacomo, fratello di Bruno. Tale Pasquale, che gli investigatori identificano in Pasquale Trubia, “uomo di Cosa Nostra”, diceva in giro che non appena fossero usciti i “leoni” dal carcere si sarebbero ripresi con la forza il terreno ceduto agli stiddari.

La risposta di Vincenzo Di Giacomo era rabbiosa: “Se noi partiamo ci mangiamo il paese… siamo in cinquecento… lo zio Vincenzo non ha bisogno di aspettare i leoni… i leoni c’è li abbiamo fuori… le pistole ce le abbiamo in giro per sparare”.

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28 Settembre 2019, 18:57

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