21 Febbraio 2023, 07:56
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Buste paga più leggere in 22 province su 107 tra il 2019 e il 2021. In queste aree un lavoratore dipendente ha perso in media nel triennio 312 euro, a fronte di una crescita nazionale di circa 301 euro. Sensibili sono le differenze a livello territoriale. Salari più magri di oltre mille euro a testa si registrano a Venezia, Firenze e Prato. Mentre crescite al top si rilevano a Milano (+1.908 euro), Parma (+1.425) e Savona (+1.282): qui gli stipendi sono aumentati di più di mille euro in tre anni.
In assoluto al primo posto troviamo Milano, seguita da Bolzano e Bologna. Invece, per quanto riguarda le città siciliane, Catania è al 72esimo posto. Posizionate ancora più in basso sono Caltanissetta, Palermo, Messina, Trapani, Agrigento ed Enna. A piazzarsi meglio sono Ragusa e Siracusa, rispettivamente alla 51esima e 60esima posizione.
Sotto la Madonnina i dipendenti sono anche i meglio pagati d’Italia, con uno stipendio medio di 30.464 euro nel 2021, due volte e mezzo la media nazionale di 12.473 euro, nove volte più alto di quello di Rieti fanalino di coda nella classifica retributiva, e nettamente superiore a quello di Palermo (7.378 euro). Inoltre a Milano tra il 2019 e il 2021 le buste paga hanno avuto un incremento del 6,7% mentre a Palermo non ci sono state variazioni (+ 0,6%). Ma, va detto, che nel capoluogo lombardo il reddito da lavoro dipendente rappresenta oltre il 90% del reddito disponibile contro il 23,9% di Rieti e il 63,1% della media nazionale. Palermo si posiziona alla posizione numero 80 su 107 città. Con uno stipendio nettamente inferiore rispetto a quello medio nazionale. Tra le grandi città Palermo è quella messa peggio.
È quanto emerge dalle elaborazioni provinciali realizzate dal Centro Studi Tagliacarne sulle voci che compongono il reddito disponibile a prezzi correnti.
“L’analisi dimostra che la geografia delle retribuzioni è diversificata territorialmente, e sotto vari aspetti non rispetta la tradizionale dicotomia Nord-Sud”. È quanto ha sottolineato Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne che aggiunge “infatti se confrontiamo la graduatoria del pil pro capite (che misura la produzione della ricchezza) con quella delle retribuzioni, vediamo che nel primo caso praticamente tutte le ultime trenta posizioni sono appannaggio di province meridionali (con la sola eccezione di Rieti), mentre in quella delle retribuzioni pro-capite troviamo ben 10 province del Centro-Nord, il che induce a riflettere sulle politiche dei redditi a livello locale”.
Ma se Milano è la prima provincia italiana per valore pro-capite dei salari, Savona (+14,3%), Oristano (+11,8%) e Sud Sardegna (+11,2%) presentano i maggiori incrementi delle retribuzioni.
Tra 2019 e 2021, il peso in termini pro-capite del reddito da lavoro dipendente sul totale del reddito disponibile è rimasto stabile intorno al 63%. Ma in 42 province su 107, delle quali solo sei sono del Mezzogiorno, è aumentato passando dal 68,7% nel 2019 al 69,7% nel 2021. Nel complesso, l’incidenza delle retribuzioni sulle entrate disponibili si rileva più marcata nelle città metropolitane (71,3%) meno nelle province (57,6%).
Ai due estremi di questa forbice, come abbiamo visto, si trovano Rieti con il 23,9% e Milano con il 90,7%. Tanto che, se stilassimo una classifica del reddito disponibile al netto del reddito da lavoro dipendente, il capoluogo lombardo precipiterebbe all’ultimo posto in classifica con appena 3.131 euro a testa.
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21 Febbraio 2023, 07:56