Storia, Agata e non solo: gli altri santi catanesi - Live Sicilia

Storia, Agata e non solo: gli altri santi catanesi

Il tributo di sangue della primissima comunità cristiana catanese fu altissimo. Con Agata morirono, infatti, altri cinque martiri. Ma quello fu solo l'inizio. Una storia di testimonianza che arriva fino ai giorni nostri.

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CATANIA – Per molti “Agata è la sua città” e viceversa. Punto. La formula è immediata ed è scolpita in profondità nella immaginario catanese. Tant’è che sono in tanti a pensare che la santa patrona sia l’unica cittadina salita agli onori degli altari o a essere morta in odore di santità. La storia e la tradizione ci dicono, invece, ben altro.

La storia 

In primo luogo che la persecuzione anticristiana del 251 fu feroce. Il 5 febbraio, infatti, assieme ad Agata, furono almeno altri cinque catanesi a subire il martirio: Felice, Galasio, Saturo, Saturno e Revocato. Fu però la vicenda della futura patrona catanese a entrare nell’immaginario del cristianesimo cittadino e universale.

Il motivo di questa fama è nella fermezza con la quale Agata affrontò il giudizio di Quinziano. La sua vicenda, allora, scosse non solo la comunità cristiana, ma tutto il consesso cittadino, pagani compresi. Per dirla con un linguaggio assai attuale, quello di Agata fu un terribile caso di “malagiustizia” e di accanimento giudiziario.

La tradizione ci racconta che, quando la giovane fu condannata a rotolare sui carboni ardenti, scoppiò la sommossa popolare. Culminata con l’irruzione nel Tribunale e il tentativo di linciaggio dello stesso Quinziano, che però riuscì fuggire.

Agata morì in carcere. La comunità cristiana si prese immediatamente cura del suo corpo. Nell’atto della tumulazione, accanto alla testa della martire fu posta una tavoletta con una scritta che riassume il valore di quella morte, sia in termini cristiani che civili: Mentem Sanctam Spontaneum Honorem Deo Et Patrie Liberationem. Ovvero: “Mente santa, spontaneo onore a Dio e liberazione della Patria”. Insomma, per molti Agata fu un modello, sì, di santità, ma soprattutto di patriottismo.

San Berillo

Altra figura eccellente è quella di san Berillo, a cui è dedicato uno dei quartieri storici della città. Secondo la tradizione, sarebbe stato il primo vescovo di Catania, inviato nel capoluogo etneo da san Pietro in persona. Mancano, tuttavia, solide testimonianze utili a confermare questa datazione. Molto probabilmente, fu comunque lui il primo vescovo della città, ma solo dopo il III secolo. Di lui si racconta il miracolo della trasformazione di una sorgente di acqua salmastre in una dolce e potabile. Non è da escludere che sia morto da martire, ma in età avanzata.

San Comizio

Esempio di fortezza fu anche quello di san Comizio, un semplice contadino. Durante una nuova persecuzione contro i cristiani, fu denunciato e arrestato. Al prefetto che lo invitava a rinnegare la fede in Cristo e a sacrificare agli dèi pagani, Comizio rispose con fermezza. Fu quindi torturato. Ma non si piegò. Venne immerso, quindi, in una caldaia di piombo liquefatto, gli furono bruciati i fianchi con delle torce e gettato in una fornace ardente. Secondo il racconto sarebbe rimasto, però, illeso. Alla fine, constatata la fede, il prefetto ne ordinò la decapitazione. La morte avvenne l’1 maggio del 269.

San Euplio

Il beato Giovanni Paolo II omaggia sant’Agata

San Euplio, compatrono della città, è morto il 12 agosto del 304. Gli atti del martirio narrano che il procuratore Calvisiano lo condannò alla fustigazione e alla decapitazione. Il motivo? Aver portato i libri dei Vangeli, banditi in tutto l’impero, al suo cospetto. Insieme a lui patirono il martirio due vergini, Veneria e Nericia, e gli uomini Fiore, Pancrazio e Fortunato. Un mese dopo, il 12 settembre del 304, insieme ad altri 13 cristiani catanesi, tra cui san Magno e san Secondino, morì san Serapione. L’anno successivo, in coincidenza sempre del 12 agosto, persero la vita Agnese, Donata, Nominada, Rogada, Sinfoniano, Ammonio, Amone, Cotta, Seguende, Secondo, Caledonio, Evelpisto, Esuperanzio e Seminione. L’elenco dei loro nomi è tratto dal Martyrologium Hieronymianum.

San Giacomo

L’ultimo martire catanese è san Giacomo. Sono poche le notizie su di lui. I catanesi ne ignorano quasi totalmente l’esistenza. La sua vicenda è tuttavia rievocata da Giuseppe Reina su «Il Piccolo». Secondo la tradizione, Giacomo è morto nel 740. Il suo martirio non è legato ad alcuna persecuzione, ma all’opposizione sollevata contro l’imperatore iconoclasta Leone Isaurico.

San Leone

Anche la vicenda di San Leone è connessa alla grande crisi iconoclasta. Detto il Taumaturgo, nacque a Ravenna nel 720. Da giovane entrò nell’ordine dei benedettini e si trasferì a Reggio Calabria. Qui rimase fino all’elezione a Vescovo di Catania. Leone fu strenuo oppositore delle leggi imperiali riguardanti l’uso delle immagini sacre. Fu costretto, quindi, a lasciare Catania e a rifugiarsi sui Nebrodi. Lì visse da eremita. Dopo molti anni tornò in diocesi, dove riprese il seggio vescovile. Morì il 20 febbraio del 789. A lui è dedicato uno dei più popolosi quartieri catanesi.

San Sabino

San Sabino, vissuto nel secolo VIII, fu uno dei vescovi di Catania più stimati e apprezzati di sempre. Tuttavia, sentendosi oppresso dalla gestione della diocesi, decise di ritirarsi in un monastero sull’Etna, probabilmente a Zafferana, per dedicarsi totalmente alla preghiera. In questa decisione fu seguito da alcuni discepoli, che lo imitarono nello stile di vita ascetico.

Il beato Giuseppe Benedetto Dusmet

L’ultimo grande esempio di santità, vicinissimo a noi in ordine di tempo, è Giuseppe Benedetto Dusmet, palermitano e ultimo abate dell’imponente monastero dei benedettini di piazza Dante. Divenne Vescovo di Catania nel 1867. Nel 1888 Leone XIII lo creò cardinale, visti i meriti in campo pastorale e il vasto consenso tra i cittadini, soprattutto tra i più poveri.

La sua vicenda è comunque legata a quella di Agata. Secondo la tradizione, a fermare l’eruzione dell’Etna del 1886 all’altezza di Nicolosi, fu la grande fede del cardinale. Il quale, nonostante la forte opposizione del clero, decise di opporre all’ira del Vulcano il Velo della martire. Morì il 4 aprile del 1894. Nel 1931, l’arcivescovo di Catania Carmelo Patanè aprì la causa di beatificazione. Causa portata a compimento il 25 settembre del 1988 da papa san Giovanni Paolo II.


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