16 Settembre 2015, 19:39
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PALERMO – “Si può archiviare l’indagine, ma non l’argomento”, specie se riguarda una pagina buia della storia d’Italia. Ecco perché gli avvocati Rosalba Di Gregorio e Giuseppe Scozzola invocano l’intervento del “ministro della Giustizia, del Csm, del ministro dell’Interno, che dovranno provvedere certamente a dare il loro contributo, affinché non si spengano i riflettori su questa vergognosa vicenda”.
La richiesta di archiviazione è quella formulata dalla Procura di Caltanissetta per Mario Bo, Vincenzo Ricciardi e Salvatore La Barbera, i dirigenti di polizia indagati per concorso in calunnia aggravata, assistiti dagli avvocati Nino Caleca, Marcello Montalbano e Roberta Pezzano. L’ipotesi, senza che siano stati trovati i riscontri necessari, è che i poliziotti del pool guidato dal questore Arnaldo La Barbera imbeccarono Vincenzo Scarantino, il picciotto della Guadagna che confessò di avere avuto un ruolo nella strage di via D’Amelio. Scarantino era un pataccaro. Anni dopo si sarebbe scoperto che si era inventato tutto, mandando degli innocenti in carcere per 18 anni. Gaetano Murana, Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina e Gaetano Scotto hanno passato gran parte della loro vita in galera, prima di scoprire che si trattava di un clamoroso errore giudiziario. A difenderli sono stati gli avvocati Di Gregorio e Scozzola secondo cui, “non è concepibile o accettabile limitarsi ad archiviare l’argomento strage di Via D’Amelio con le commemorazioni annuali, senza offrire contributi reali e apprezzabili a coloro che continuano i loro sforzi investigativi per far luce su una delle pagine più nere della storia giudiziaria italiana, dietro la quale si celano eventi drammatici e di cruciale importanza nella vita di questa nazione”.
Ed ancora: “Siamo davanti ad una archiviazione che ci appare ‘tecnica’, necessitata dalla scadenza del termine per le indagini. Come cittadini, come avvocati, come difensori di parte civile e parti offese in questi processi costruiti, per quel che riguarda i nostri assistiti, sul ‘castello di menzogne che ha condotto a risultati che lasciano davvero attoniti’, non ci opponiamo a questa archiviazione, perché attendiamo il completamento di tutte le indagini che la Procura di Caltanissetta sta portando avanti. L’insufficienza e l’imprecisione delle ‘fonti di prova’ (da Andriotta a Candura e Scarantino) per sostenere proficuamente un dibattimento penale, sono analiticamente tracciate nella richiesta della Procura di Caltanissetta”.
“Un tema da approfondire – prosegue la nota dei legali – è certamente quello dello ‘indottrinamento’ di Scarantino, rispetto al quale si può contare, non solo sui fogli di interrogatorio annotati, sugli appunti e promemoria, ma anche su altri tipi di “riscontro” già acquisiti e ancora da acquisire. Sul punto, però, si è scelto di non proporre opposizione per non circoscrivere e limitare temporalmente il lavoro che già i pm stanno svolgendo (e di cui danno atto nella richiesta), nello spazio temporale certamente limitato che il gip potrebbe consentire fuori tempo d’indagine. A ciò va aggiunta, altresì, la considerazione per cui la validità di un percorso d’indagine, specie sui temi delicati e gravi quali quelli relativi alla strage di Via D’Amelio, necessita della riservatezza che solo il segreto istruttorio può garantire. Resta già oggi il peso di quanto scritto dai pm – concludono i legali – nella loro richiesta di attuale archiviazione: ‘Emergono sprazzi di luce su una vicenda che può dirsi certamente ben più complessa di quella, confinata dentro angusti confini, che affiorerebbe andando ad analizzare esclusivamente ciò che risulta dal racconto fornito da Candura, Andriotta e Scarantino, confini entro cui la stessa non può e non deve certamente essere ricondotta, e dove forse si vorrebbe che rimanesse rinchiusa…’. In ogni caso, oltre all’assenza di contributo da parte di chi avrebbe potuto e dovuto fare chiarezza e restituire giustizia alle vittime della strage di Via D’Amelio, i pm condivisibilmente stigmatizzano l’esistenza di forzature, condotte disdicevoli o, spregiudicate, che sono più che presenti nella vicenda giudiziaria relativa ai due processi (uno e bis) di Via D’Amelio, definita ‘Tra le più gravi, se non la più grave della storia giudiziaria di questo Paese’.
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16 Settembre 2015, 19:39