Strage del mare, il difensore: |”Manca la scatola nera”

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04 Agosto 2015, 15:34

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CATANIA – Manca la “scatola nera” della King Jacob. La nave mercantile è quella che lo scorso 18 aprile ha effettuato le operazioni di soccorso del barcone affondato con 800 persone. Non ci sono dunque le registrazioni di quei momenti drammatici: quando la collisione tra il portacontainer e il peschereggio ha provocato l’affondamento del natante con centinaia di migranti. E’ il difensore di Mohamed Ali Malek, 27 anni, il tunisino indicato come il comandante dell’imbarcazione a raccontare questi nuovi dettagli dell’inchiesta. L’avvocato Massimo Ferrante ritiene che la scatola nera poteva fornire “dati importanti” per una ricostruzione più vicina alla verità. “Il processo della Concordia – ricorda il legale – si è basato per quasi l’ottanta per cento sulla cosiddetta scatola nera, che è il Voyager Data Recorder (VDR)”.

Conversazioni, orientamento della navigazione, velocità della nave, girobussola, immersione dello scafo: non esiste più nulla. Quei dati sono stati sovrascritti e quindi cancellati. Ma per l’avvocato Ferrante il comandante avrebbe dovuto salvaguardarli, perchè così stabilisce una convenzione internazionale.  “Nella nave King Jacob – spiega il difensore – non vi era montato un VDR semplice ma semplificato (S-Vdr). Una convenzione internazionale (Solar) stabilisce che in caso di sinistro navale il comandante ha il dovere di consegnare al primo approdo la scatola nera con le ultime 12 ore di navigazione. Purtroppo nel nostro caso non sono state salvaguardate le ultime 12 ore e, quindi, non sono a disposizione per l’indagine. Questi dati potevano fornire – incalza – degli elementi importanti, magari anche a discapito del mio assistito, ma di fatto potevano aiutare nella ricostruzione dell’impatto tra la King Jacob e il peschereccio dove viaggiavano i migranti”.

La ricostruzione in grafica dell'impatto e dell'affondamento (Clicca per ingrandire)

E ci sono piccoli dettagli anche sull’affondamento della nave che sarebbe avvenuto a una certa distanza dal mercantile. “La nave King Jacob – spiega Ferrante in conferenza stampa – non era ferma al momento dell’impatto, questo è emerso durante l’incidente probatorio avvenuto a Palmi quando è stato sentito il comandante filippino Abdullah Ambrousi Angeles e il suo secondo Allan Escamillas. I due sostengono che si trovavano in abrivio (cioè la forza di inerzia della nave). Noi deduciamo che la nave fosse in movimento perchè l’urto tra la King Jacob e il battello è avvenuto al centro della fiancata sinistra del portacointainer, punta con lato sinistro. Dopo la collisione, visto che la King Jacob non era ferma, – afferma – il peschereccio si è affiancato ed è andato indietro rispetto alla nave che invece andava in avanti e il ribaltamento è avvenuto nello specchio di poppa, cioè lontano dalla nave e dall’impatto”.

Questo significa che “il salvataggio delle persone non è avvenuto nell’immediatezza perchè il barcone era lontano: il comandante ha effettuato – dichiara Ferrante –  la manovra di Williamson che viene utilizzata proprio per il soccorso in mare delle persone. Quindi ha girato a babordo facendo un giro di 360 gradi ed è rientrata. La manovra è stata possibile azionando i motori. Noi faremo un giudizio abbreviato condizionato – aggiunge – ad un’attività istruttoria che serve a colmare queste lacune”.

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Ferrante fissa i tempi dell’intervento in mare del mercantile battente bandiera portoghese. “La nave King Jacob viene a sapere del barcone alle 21 del 18 aprile: da lì inizia a cambiare rotta di 200 gradi e si porta nel punto dove si troverebbe il peschereccio. Alle 23 si trova a sei miglia marine dal natante: copre  sei miglia marine e compie otto minuti di manovre nell’arco di 20 minuti. L’impatto avviene, infatti, alle 23.25”.

Si punterà a definire le reali responsabilità del tunisino che non ci stà “a passare per un  omicida”. Per Ferrante non si può “dire che è stato solamente l’urto a causare al 100% il ribaltamento della nave. Secondo noi – continua – è un fatto su cui discutere”. Il processo che ancora non è iniziato servirà a individuare “il soggetto che in quel momento era alla guida del barcone”. E’ vero che molti hanno individuato il mio assistito, però è anche vero che nessuno – afferma – lo ha visto nelle fasi immediatamente precedenti all’urto”.

Dalle indagini investigative Ali Malek non avrebbe mai usato il telefono satellitare. Dalle registrazioni acquisite non sembra esserci mai la voce del tunisino: “Le abbiamo anche ascoltate in carcere con il mio assistito”- afferma Ferrante.

Per la Procura, però, non ci sono dubbi sulle responsabilità di Mohamed Alì Malek e Mahmud Bikhit. Per il tunisino e il siriano, infatti, i pm Rocco Liguori e Andrea Bonomo avevano presentato a conclusione delle indagini istanza di giudizio immediato. Per Alì Malek le accuse sono di omicidio colposo plurimo e naufragio.

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04 Agosto 2015, 15:34

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