23 Marzo 2017, 09:05
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CATANIA – Omicidio Caponnetto: arrestate quattro persone. Picchiato, strangolato con il metodo della garrota e infine dato alle fiamme.
TUTTE LE FOTO – Sarebbe morto così l’imprenditore agrumicolo Fortunato Caponnetto, scomparso nell’aprile 2015. Questa mattina su delega della Procura Distrettuale, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di quattro presunti appartenenti alla Famiglia Santapaola-Ercolano e, in particolare, alla frangia operante nel territorio di Belpasso (CT), capeggiata da Carmelo Aldo Navarria.
Gaetano Doria, Carmelo Aldo Navarria, Gianluca Presti e Stefano Prezzavento sono ritenuti i responsabili dell’omicidio aggravato e della distruzione del cadavere del paternese Fortunato Caponnetto, scomparso l’8 Aprile del 2015, vittima di “lupara bianca”. Il provvedimento trae origine da un’indagine, denominata “Araba Fenice”, avviata all’indomani della scomparsa di Caponnetto, attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali, pedinamenti e video-riprese, riscontrate dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Francesco Carmeci, già organico alla frangia del Navarria e presente alle fasi salienti dell’efferato delitto.
Il 23 giugno 2014, Carmelo Aldo Navarria, uomo di fiducia di Giuseppe Pulvirenti, detto “U Malpassotu”, braccio armato di Nitto Santapaola, scarcerato dopo ventisei anni e mezzo di reclusione si sarebbe posto al timone di un “gruppo”, alle dirette dipendenze di Francesco Santapaola, pro-cugino di Nitto, arrestato nel 2016 nell’ambito dell’indagine Kronos. L’ 8 aprile 2015, Fortunato Caponnetto, conosciuto come “Renato” scompare nel nulla dopo avere incontrato Navarria nella sua villa di Belpasso.
Le indagini hanno consentito di far luce sul fatto di sangue. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, Caponnetto è stato prima picchiato e poi strangolato con il metodo della “garrota”. Il cadavere è stato in seguito completamente distrutto dal fuoco alimentato da vecchi pneumatici, secondo il tradizionale modus operandi utilizzato, nel passato, dai Malpassoti. Il movente sarebbe da addebitare ad una serie di concause. L’imprenditore avrebbe prima dato e poi negato l’assenso ad assumere Navarria nella propria azienda preferendogli un’altra persona, “un presunto appartenente ad un’altra organizzazione mafiosa operante nel paternese, licenziato la moglie di quest’ultimo, la cui assunzione gli era stata fittiziamente imposta dallo stesso Navarria tempo addietro, nonché creato dissidi con appartenenti ad altra associazione mafiosa, per un debito che un congiunto della vittima aveva contratto con questi ultimi e di cui il Navarria si sarebbe fatto garante”. Il provvedimento emesso è stato notificato in carcere agli indagati, già detenuti per un’estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni della “Lavica Marmi”, azienda di Belpasso che, nel novembre del 2015, era finita nel mirino del Navarria e dei suoi sodali, che erano stati arrestati dai Carabinieri e poi condannati in primo grado di giudizio.
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23 Marzo 2017, 09:05