06 Maggio 2021, 16:37
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CATANIA. La condanna è arrivata. Ed è pesantissima. Il gup Luigi Barone ha inflitto una pena di 7 anni e 2 mesi nei confronti di Roberto Mirabella, Salvatore Castrogiovanni e di 7 anni e 4 mesi per Agatino Valentino Spampinato. I tre sono accusati di aver stuprato una giovane americana nel marzo del 2019. I quattro si sono conosciuti in un bar, poi si sono allontanati in auto nella zona del lungomare e lì si sarebbe consumato la violenza immortalata in un video sul telefonino. Che è poi diventata la prova regina del processo: in quel filmato infatti c’è la ragazza che dice ‘non voglio’. Per l’accusa è quella la chiara manifestazione del ‘diniego’. La pena è un po’ più mite rispetto alle richieste della pm, che aveva chiesto 8 anni per Mirabella e Castrogiovani e 9 per Spampinato.
Mentre il gup oggi pomeriggio leggeva il dispositivo in una delle aule del Palazzo di piazza Verga c’è stato qualche momento di tensione. Appena i parenti degli imputati, che sono ai domiciliari, hanno preso coscienza della condanna e della relativa pena si è levato un coro di ‘contestazioni’ sul verdetto “ritenuto ingiusto”.
La pena maggiore di due mesi comminata a Spampinato è relativa al fatto che è stato accusato di una seconda violenza sessuale avvenuta nel sottoscala dello stabile dove abitava la famiglia che ospitava la baby sitter statunitense. Un rapporto che venuto fuori dal racconto proprio dell’imputato agli investigatori. Quel rapporto per Spampinato sarebbe stata la prova del “consenso” della giovane donna. Tesi ribaltata dalla Procura che glielo ha contestato nel processo e per il quale è stato alla fine condannato. Il gup ha escluso per tutti e tre gli imputati l’aggravante dell’uso di alcol.
Il giudice ha inoltre riconosciuto un risarcimento danni per la vittima e alle altri parti civili: il Comune di Catania e le associazioni antiviolenza Galatea e Penelope. Per la giovane americana è stato stabilito un provvisionale di 20 mila, per il comune invece di 6 mila euro.
L’indagine che ha portato i tre giovani al processo, che si è svolto con il rito abbreviato condizionato, si è aperta dopo la denuncia della giovane americana ai carabinieri. Oltre al video registrato da uno dei tre ragazzi imputati, l’apparato accusatorio si compone anche delle decine di chiamate al 112 e al 911 (numero di soccorso americano) che la vittima ha fatto nel corso di quei momenti. Oltre a una chat con un amico, a cui invia la posizione chiedendo di aiutarla. Il suo racconto è stato cristallizzato in un incidente probatorio che è entrato tra gli atti del processo.
L’avvocato Giuseppe Rapisarda, del collegio difensivo, annuncia “il ricorso in appello” dopo il deposito delle motivazioni. Il gup ha fissato il termine in 90 giorni. “Noi restiamo convinti che in questo processo ci siano molte incongruenze e contraddizioni. Le sentenze però non vanno commentate ma impugnate. Leggeremo le motivazioni – commenta l’avvocato Giovanni Avila – e ricorreremo in appello”.
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06 Maggio 2021, 16:37