Taglieggiavano il titolare di un bar| Due in manette: furono scarcerati

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17 Gennaio 2013, 10:36

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PALERMO – Erano stati scarcerati per un errore formale. Oggi tornano in cella per estorsione aggravata. Sono Benedetto Marciante e Gianfranco Cutrera, considerati esponenti del mandamento mafioso di Resuttana.

Sono accusati di avere imposto il pizzo al titolare del bar all’interno del tribunale di Palermo. Un caso eclatante con un epilogo altrettanto tale scritto dal Riesame nel maggio scorso quando fu decisa la scarcerazione per Marciante, Cutrera, e per altri due indagati: Francesco e Michele Lo Valvo, padre e figlio. L’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari era stata annullata sulla base dell’articolo 292, comma 2. Quello che elenca tutti i vizi che rendono inapplicabile una misura cautelare che, in quel caso, non era stata ritenuta ben motivata.

Il pubblico ministero Sergio Barbiera, considerata la pericolosità degli indagati, ora è tornato a chiedere l’arresto, accolto solo per Marciante e Cutrera. Nell’aprile scorso erano arrestati entrambi in flagranza di reato, sorpresi mentre intascavano la seconda tranche del pizzo: 18 mila euro in contanti. Neppure il fatto che il bar si trovasse all’interno del Tribunale li aveva fatti desistere. Un video aveva immortalato la consegna avvenuta in un capannone di via Cervantes.

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Francesco e Michele Lo Valvo, padre e figlio, per i quali è stata respinta la nuova richiesta, di arresto sono parenti del commerciante. Sarebbero stati i mediatori dell’estorsione. Coloro che avrebbero fatto ottenere uno sconto all’imprenditore. La prima richiesta era stata, infatti, più pesante. Marciante voleva una tabaccheria. Poi, scese a 38 mila euro e infine a 28 mila, di cui 5 mila pagati a gennaio e 18 successivamente. Il saldo di 5 mila euro doveva essere sborsato a fine aprile, ma l’arresto avrebbe impedito il pagamento. Tutto merito dell’imprenditore che si ribellò, facendo scattare la trappola. Per convincerlo a pagare lo avevano pure picchiato e allora aveva capito di non avere altra via di uscita che chiedere aiuto ai carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo, guidati da Salvatore Altavilla e Antonio Coppola. Da allora sulla sua sicurezza vigilano i i militari che, contestualmente all’arresto, hanno sequestrato beni per circa due milioni di euro, ritenuti riconducibili ai due presunti estorsori e intestati a prestanome. Sono le imprese Detergroup srl di via Ravenna a Carini e la Giglio Andrea e Filippone Maria snc con sede in via Montalbo a Palermo.

 

 

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17 Gennaio 2013, 10:36

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