Cronaca

Tangente per l’appalto sulla frana, dopo due anni lavori ancora fermi

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28 Agosto 2023, 05:01

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CATANIA – Il versante giudiziario della storia si è chiuso con una condanna a tre anni e due mesi, in primo grado e col rito abbreviato, agli arresti domiciliari. Ma è solo un pezzo, quello più rapido, di una storia che è ancora in divenire. Ed è quella della tangente da centomila euro a San Marco d’Alunzio, in provincia di Messina: un borgo di neanche duemila anime che aspetta da due anni il completamento del cantiere per il consolidamento di un costone roccioso. Fermo al giorno in cui l’ex direttore dei lavori, Basilio Ceraolo, è stato arrestato dalla guardia di finanza dopo la denuncia di una richiesta di tangente fatta dall’imprenditore catanese Fabio D’Agata.

La richiesta di tangente

Già un anno fa, a ottobre 2022, dalle colonne di LiveSicilia Catania D’Agata aveva raccontato pubblicamente le lungaggini burocratiche di un cantiere su cui tante righe sono state scritte. In primo luogo dalla magistratura: secondo quanto verificato dalla procura di Patti, Ceraolo, “abusando dei poteri derivanti dalla sua funzione“, avrebbe “posto in essere atti idonei e diretti in modo non equivoco, mediante intimidazione consistita nel porre ostacoli all’esecuzione e alla contabilizzazione dei lavori”, a costringere D’Agata a pagargli una tangente. Cosa che D’Agata si è fermamente rifiutato di fare, rivolgendosi alla giustizia.

Le economie sui tiranti d’acciaio

Chiuse le indagini, si è fatto il processo col rito abbreviato. A febbraio 2023 è arrivata la sentenza di primo grado. Ma il cantiere di via Cappuccini, a San Marco d’Alunzio, è rimasto fermo a novembre 2021. A quando è stato sospeso per via dell’arresto del direttore dei lavori. Nonostante si tratti di un appalto bandito dall’ufficio del Commissario straordinario per l’emergenza idrogeologica della Regione Siciliana. Due milioni e mezzo di euro in totale, di cui centomila Ceraolo avrebbe tentato di intascarsi tramite alcune economie nell’esecuzione dei lavori. In particolare quelle relative ai tiranti d’acciaio, necessari per fermare alcuni muraglioni di cemento armato. La proposta di Ceraolo a D’Agata, che l’ha riportata ai militari delle fiamme gialle di Sant’Agata di Militello, sarebbe stata semplice: ridurre la lunghezza dei tiranti, farli di 16 o 18 metri, anziché dei 22 metri approvati nel progetto. E poi spartire i soldi avanzati.

La “tecno-burocrazia” della Regione

“Dopo l’arresto dell’ex direttore dei lavori, nel cantiere è entrato lo Stato. O meglio: è entrata una tecno-burocrazia degli uffici regionali. Che, a volte, sono velocissimi ad affidare appalti con somma urgenza, anche senza gara. Altre volte, invece, sono molto lenti e osservanti di ogni singola norma e regola“, attacca D’Agata. L’imprenditore etneo si sarebbe aspettato che, vista la situazione e un appalto bandito con i poteri del commissario straordinario, la nomina del nuovo direttore dei lavori e la prosecuzione del cantiere si sarebbero svolti con una certa rapidità. Cosa che non si è verificata.

L’ultimo intoppo, dopo la redazione di una perizia di variante rispetto al progetto originario, riguarda una richiesta del Genio civile di Messina. Che, per dare corso alla richiesta di autorizzazione alla realizzazione dei lavori (e quindi alla ripartenza del cantiere) avrebbe chiesto una relazione proprio a Ceraolo. “Sono venuto a conoscenza che il funzionario direttivo del Genio Civile di Messina ha richiesto all’ex direttore dei lavori Basilio Ceraolo di produrre una relazione sulla conformità delle opere eseguite durante il proprio incarico“, si legge in una lettera firmata da D’Agata e inviata, in copia, anche al commissario per il dissesto idrogeologico della Regione Siciliana.

La richiesta al tecnico condannato

“Tale richiesta, di cui non ho evidenza in atti, ma della quale ho avuto conferma telefonica da parte dello stesso funzionario – prosegue la missiva – è inammissibile e comunque inopportuna in quanto il predetto ingegnere Ceraolo, per fatti commessi nell’esercizio delle funzioni di direttore dei lavori nell’appalto in questione, è stato condannato in primo grado alla pena di anni tre e mesi due di reclusione con sentenza del Tribunale di Patti del 1 febbraio 2023“.

In altri termini: al tecnico già condannato, anche se solo in primo grado, sarebbe stato richiesto di produrre un documento in cui parli dei lavori eseguiti mentre i magistrati indagavano sulla sua presunta concussione. E questo nonostante il nuovo direttore dei lavori e il nuovo collaudatore abbiano già prodotto, continua la lettera, “un’ampia ed esaustiva documentazione” arrivata dopo “un’approfondita campagna d’indagini“. Costata, peraltro, oltre 80mila euro. “Di soldi pubblici”, sottolinea Fabio D’Agata.

“Illegittima, inammissibile e inopportuna”

Una richiesta “in pieno conflitto d’interesse“, di cui l’imprenditore ha deciso di dare notizia anche alla procura, giacché, secondo lui, “può configurarsi quale tentativo di fare conseguire a Ceraolo un qualche risultato utile da fare valere in seno al processo penale d’Appello“. Senza contare che sia “illegittima, inammissibile e comunque inopportuna“.

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28 Agosto 2023, 05:01

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