Tecnis, l’allarme della Cgil |A rischio opere e milioni

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30 Marzo 2016, 14:13

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CATANIA – Vertenza Tecnis: il punto della Cgil. C’è il rischio che la crisi si allarghi a macchia d’olio coinvolgendo le aziende e i lavoratori dell’indotto. E’ questa la preoccupazione emersa stamattina in casa Cgil dove il segretario provinciale Giacomo Rota, segretario della Fillea, Giovanni Pistorio e il segretario generale della Fiom, Stefano Materia hanno fatto il punto sullo stato dell’arte della vertenza alla luce dei nuovi risvolti giudiziari che hanno coinvolto ventiquattro società consortili controllate da Tecnis Spa, Artemis e Cogip. La domanda che tiene banco riguarda la sorte delle opere pubbliche e il destino occupazionale dei lavoratori, indotto compreso.

Per inquadrare la vicenda bisogna partire da lontano cioè nel novembre del 2015. “La crisi che ha investito Tecnis non è di natura giudiziaria ma finanziaria”, chiarisce Pistorio che ripercorre le tappe del caso dal tentativo di ristrutturazione al successivo commissariamento nel febbraio del 2016 fino al recentissimo sequestro delle società consortili. Pistorio mette nero su bianco che “il sequestro ha messo al riparo il gruppo da una potenziale catastrofe” cioè il fallimento. Per arginare tutti i rischi connessi alla fase attuale, però, è necessario un intervento muscolare in grado di mettere al riparo commesse, lavoratori, aziende collegate e indotto.

C’è in primo luogo un problema di tipo economico, mancano all’appello circa ventiquattro milioni di euro, cifre esorbitanti che le stazioni appaltanti devono pagare all’azienda. C’è poi una questione relativa alle spettanze arretrate, crediti vantati dai lavoratori del gruppo che da mesi attendono i soldi di settembre, ottobre, gennaio, febbraio e marzo. La fase di amministrazione giudiziaria dovrebbe agevolare questo processo. All’appello mancano altre cifre importanti: i crediti vantati dalle aziende fornitrici, qualcosa come undici milioni di euro.

“Si tratta di attività ad alta densità di manodopera”, spiega il segretario della Fillea. Sono soprattutto imprese che lavorano nel settore della vigilanza e del metalmeccanico. Quest’ultimo comparto, tra le altre cose, non gode esattamente di ottima salute. Il segretario della Fiom etnea, Stefano Materia, ha stimato che un eventuale tracollo di Tecnis “metterebbe in discussione circa trecento posti di lavoro legati all’indotto”. Tra le aziende coinvolte, ad esempio, c’è anche la Lara. Pistorio elenca anche le precise responsabilità di determinati soggetti che hanno svolto un ruolo chiave, in primis “chi non ha consentito ai lavoratori di percepire i propri salari” cioè le stazioni appaltanti alle quali il sindacato si appella per “mettere in moto oltre alla surroga procedure alternative” e di pagare i crediti vantati dai fornitori ( che spesso hanno contratto debiti per consentire di mettere in piedi i cantieri). C’è poi il capitolo Anas che di milioni (relativi ai Sal) ne deve venti: “senza questi soldi non si può andare avanti: questa lentezza è inaccettabile”.

La partita potrebbe chiudersi al più presto alla luce dei contatti sempre più frequenti che l’amministratore Ruperto intrattiene con i vertici di Anas. Si lavora sotto la spada di Damocle del tempo. Senza poi contare, i danni collegati a un’eventuale chiusura dei cantieri catanesi (Circumetnea e Ospedale San Marco) e alla mancata consegna dei lavori pubblici. Anche in questo caso le stime sono esorbitanti. In caso di mancata consegna dei lavori della metropolitana nei tempi previsti salterebbero 400 milioni di finanziamenti delle Comunità europea per completare la tratta fino all’aeroporto. La circumetnea potrebbe essere costretta a restituire altre somme, senza contare il destino socio-economico delle aree interessate alla realizzazione della metro.

La mancata consegna dei lavori dell’ospedale San Marco secondo la tabella di marcia potrebbe generare “un danno incalcolabile”. Sarebbe infatti difficilissimo trasferire le attività del Vittorio Emanuele verso il San Marco. Senza gli spostamenti in questione l’ex area del Vittorio Emanuele salterebbero altri 27 milioni di euro di futuri investimenti visti i numeri imponenti sul tavolo: “7.700 mq per uffici (da destinare ad Università che ancora oggi ha molte sedi in affitto) , 780 posti letto per studenti e 2.500 mq per attività ludiche”. Anche gli istituti di credito non sono esenti da responsabilità nel sistema di erogazione del credito e dei soci del gruppo. Pistorio, infine, prova a pungolare gli amministratori. “La politica locale non può fare finta di niente, deve scendere in campo per fare sopravvivere l’azienda”, spiega il sindacalista. “L’azienda non va male per colpa dello Stato, chi lo pensa sbaglia”, spiega Rota ringraziando la Prefettura e i magistrati per il lavoro svolto. Il segretario provinciale mette in guardia dai rischi che la collettività catanese tutta sta correndo, ricordando “il ruolo strategico dell’azienda Tecnis” e del compito in termini di riscatto e servizi che un ospedale come il San Marco può svolgere all’interno del quartiere Librino. Per questo si devono mettere in campo tutte soluzioni possibili. Una di queste è la legge Marzano. Ma non c’è tempo da perdere.

 

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30 Marzo 2016, 14:13

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