Tensioni nella malavita di Adrano |Quattro pentiti vuotano il sacco

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05 Dicembre 2016, 18:40

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CATANIA – Nel giro di un anno sono quattro i nomi della malavita adranita a fare il salto del fosso. Due nomi erano già emersi nelle colonne di questo giornale, Giuseppe Liotta (specializzato in rapine) i cui verbali sono entrati nell’inchiesta Time Out (già in fase di Riesame) che aveva azzerato gli Scalisi di Adrano e Gaetano Di Marco, uomo di peso tra i Laudani di Adrano e coinvolto nello stesso blitz. Caliddu è diventato collaboratore di giustizia da pochi mesi: ha maturato la decisione durante il processo terminato con una serie di condanne. Il pentito Di Marco, inoltre, ha dato una svolta all’indagine dell’omicidio di Maurizio Maccarrone freddato il 14 novembre 2014.

A Liotta e “Caliddu”  bisogna aggiungere il giovane Salvatore Paterniti Martello (appena 24 anni) e Antonino Zignale, detto U Ruvettu, coinvolto nell’inchiesta Adernò che ha permesso di disarticolare una gang specializzata in droga e rapine. Nell’operazione furono colpiti alcuni nomi di vertice del clan Toscano Mazzaglia e dei Santangelo “Taccuni”. Insomma le rilevazioni dei quattro collaboratori di giustizia potrebbero aprire filoni investigativi su ogni famiglia criminale operativa nel famigerato “triangolo della morte” dell’Etna e anche su fatti criminali non per forza collegati al crimine organizzato. Come ha dimostrato l’omicidio di Maccarrone, il cui movente è fuori dai contesti mafiosi ma è organizzato (secondo gli inquirenti) da Magro, affiliato ai Morabito Rapisarda di Paternò.

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Passiamo in rassegna i profili dei quattro collaboratori di giustizia. Giuseppe Liotta, arrestato per alcune rapine, a giugno del 2015 decide di entrare nel programma “perché mi sono sentito tradito dal gruppo malavitoso in cui operavo” – si legge nei verbali. Liotta fornisce un preciso organigramma del clan degli Scalisi, mettendo ai vertici della cupola Pippo Scarvaglieri, boss operativo, mentre Concetta Scalisi (arrestata nel blitz I Vicerè sui Laudani) la definisce “la donna che porta il nome del clan”. Gaetano Di Marco, da poco condannato nel processo Time Out, ha portato con le sue rivelazioni un colpo di scena. Il pentito ha infatti smentito il fatto che Omar Scaravilli, boss dei Laudani, lo avrebbe contattato perchè avrebbe dovuto farsi affiancare da un’altra persona nella leadership che gli era stata conferita a tempo da Scarvaglieri, in attesa che Giuseppe Santangelo (deceduto) uscisse dal carcere. Il giovane Salvatore Paterniti ha precedenti per detenzione di armi e rapina e ultimamente è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per minaccia aggravata e danneggiamento d’armi. Nino Zignali, “U Ruvettu”, invece – secondo le risultanze investigative dell’indagine Adernò – avrebbe gestito insieme a Vito Amoroso un traffico di cocaina.

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05 Dicembre 2016, 18:40

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