Tentata estorsione a ditta del Bingo |Colpo di scena, slitta la sentenza - Live Sicilia

Tentata estorsione a ditta del Bingo |Colpo di scena, slitta la sentenza

A novembre l'atteso verdetto per i quattro imputati.

IL PROCESSO
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CATANIA – Colpo di scena nel processo sulla tentata estorsione e usura ai danni dell’imprenditore aggiudicatario dei lavori di costruzione del Bingo di piazza Alcalà a Catania. L’attesa sentenza, prevista per fine settembre, è infatti slittata a novembre. A chiedere un rinvio è stato il pubblico ministero, dopo l’improvviso rinvenimento di uno dei due assegni, fino a poco tempo fa irreperibile, che la presunta vittima avrebbe consegnato ai suoi aguzzini. Un importante elemento di prova che il pm ha chiesto di produrre agli atti. Alla sbarra ci sono il ripostese Mario Di Bella, l’acese Luciano Messina, accusati di entrambi i capi di imputazione, il giarrese Leonardo Parisi, accusato solo di tentata estorsione, e, infine, il ripostese Giuseppe Tropea, imputato per usura. Per loro l’accusa, al termine della requisitoria, aveva chiesto ventidue anni di condanna complessivi: 7 per Di Bella, 6 anni e 8 mesi per Parisi, 4 anni e 6 mesi per Messina e, infine, 4 anni per Tropea. Anche il collegio difensivo, composto da Ernesto Pino, Maria Elisa Ventura e Andrea Lo Presti, avrà la possibilità di visionare il nuovo elemento e preparare le controdeduzioni.

LE ACCUSE. È tra la fine del 2007 e i primi mesi del 2008, quando la propria azienda, la Fisal appalti srl, è impegnata nei lavori di costruzione del Bingo di piazza Alcalá a Catania che Salvatore Fiore, amministratore unico dell’impresa edile, avrebbe ricevuto la prima richiesta di natura estorsiva. L’uomo racconta tutto agli agenti della Questura di Catania solo tre anni dopo, nel 2011, dopo aver letto su un articolo di stampa dell’arresto di Mario Di Bella e Luciano Messina, due dei quattro odierni imputati. A mettere in contatto la vittima con i suoi presunti aguzzini è Luciano Messina, con il quale l’imprenditore si era sfogato dopo aver subito, tramite il capo cantiere, una richiesta estorsiva di 40mila euro. L’uomo, che gli consiglia di non denunciare l’episodio alle forze dell’ordine, gli promette che avrebbe chiesto aiuto ad alcuni amici. Si tratta di Leonardo Parisi, attualmente in carcere dopo la condanna in primo grado per il tentato omicidio del ripostese Luigi Falzone, e Mario Di Bella, anch’egli detenuto ma per usura. I due garantiscono a Fiore di aver risolto tutto e, in un primo momento, non chiedono denaro. Poco dopo però è ancora una volta Luciano Messina a farsi vivo con la vittima e a svolgere il ruolo di intermediario, prendendo un nuovo appuntamento per conto di Di Bella e Parisi. Questa volta vengono avanzate richieste di denaro: 1500 per il precedente disturbo e 1000 euro al mese per proteggere la ditta in tutti i cantieri in cui è impegnata. Ma l’imprenditore, che non naviga in buone acque, chiede tempo e, nonostante le successive pressanti richieste, non paga. Strozzato dagli usurai, questa volta è lo stesso Fiore a telefonare a Luciano Messina e a chiedergli un prestito di 10mila euro. L’uomo gli fissa un nuovo appuntamento con Di Bella. Al porto di Riposto l’imprenditore avrebbe ottenuto 5000 euro in contanti, 2500 da Di Bella, la restante metà da Giuseppe Tropea. In cambio però l’uomo sarebbe stato costretto a consegnare due assegni, entrambi di 5000 euro, il primo per coprire il prestito, il secondo per pagare gli interessi, pari al 20% mensili.

 

 


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