17 Maggio 2015, 06:09
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CATANIA – Sono oltre 22 gli anni di reclusione chiesti complessivamente dal pubblico ministero Alessia Natale nei confronti di Mario Di Bella, Leonardo Parisi, Luciano Messina e Giuseppe Tropea, accusati a vario titolo di tentata estorsione aggravata in concorso e usura ai danni di Salvatore Fiore, amministratore unico dell’impresa edile Fisal appalti srl. Per Di Bella e Messina, accusati di entrambi i capi d’imputazione, l’accusa ha chiesto rispettivamente 7 anni e 4 anni e 6 mesi. E’ di 6 anni e 8 mesi, invece, la richiesta di pena formulata per Leonardo Parisi, imputato per la tentata estorsione. Infine chiesti 4 anni per Giuseppe Tropea, accusato di usura. I legali di parte civile, in rappresentanza di Salvatore Fiore, della Fisal appalti srl e dell’associazione antiestorsione di Catania, si sono associati alle richieste del pubblico ministero.
Nella prossima udienza, fissata per il 2 luglio, prenderà la parola il difensore di fiducia di Luciano Messina, Andrea Lo Presti. Le arringhe si concluderanno il 17 settembre, data in cui il legale Ernesto Pino discuterà le posizioni di Leonardo Parisi, Giuseppe Tropea e Mario Di Bella, quest’ultimo difeso anche da Marisa Ventura.
LA VICENDA. E’ il marzo del 2011 quando l’amministratore unico dell’impresa edile Fisal appalti srl, Salvatore Fiore, si presenta alla Questura di Catania per denunciare di aver subito un tentativo di estorsione e di essere vittima di usura. I fatti risalgono alla fine del 2007 ed all’inizio del 2008, quando l’azienda era impegnata nei lavori di costruzione del Bingo di piazza Alcalà a Catania. La vittima racconta di aver trovato il coraggio di denunciare i propri aguzzini solo dopo aver appreso dalla stampa dell’arresto di due di loro, Mario Di Bella e Luciano Messina, ad opera della Guardia di Finanza della Compagnia di Riposto.
L’uomo ricostruisce gli avvenimenti agli agenti della Squadra Mobile. L’intera vicenda prende il via quando il capo cantiere riferisce all’imprenditore della visita di un soggetto, che gli avrebbe intimato di riferirgli che entro la settimana successiva avrebbe dovuto procurare e consegnare 40mila euro. Una richiesta di chiara natura estorsiva. L’uomo avrebbe raccontato l’episodio a Luciano Messina, uno degli imputati, conosciuto qualche mese prima tramite il direttore della Banca Nuova di Catania, Giuseppe Miduri, condannato lo scorso febbraio in appello per usura, ma non coinvolto in questo procedimento. Messina tranquillizza l’imprenditore e gli consiglia di non denunciare alle forze dell’ordine. Avrebbe risolto lui il problema tramite amici. E in effetti in cantiere nessuno si sarebbe presentato nel giorno prestabilito. Pochi giorni dopo Luciano Messina telefona a Salvatore Fiore per prendere un appuntamento.
E’ in quell’occasione che l’uomo, insieme al socio Giuseppe Terranova, avrebbe conosciuto Mario Di Bella e Leonardo Parisi. Questi ultimi gli assicurano di aver risolto definitivamente il problema e, su richiesta dell’imprenditore, rifiutano qualsiasi somma di denaro per il disturbo. Almeno all’inizio. Dopo un paio di settimane, infatti, è ancora Luciano Messina, accusato di aver svolto il ruolo di intermediario, a chiedere un nuovo appuntamento a Fiore. L’incontro avviene a Giarre. L’imprenditore, giunto ancora una volta con il proprio socio, trova solo Di Bella e Parisi. I due, stando al racconto dell’uomo, avanzano la richiesta di una somma di circa 1500 euro per il precedente interessamento e chiedono anche1000 euro al mese per assicurare la protezione della ditta in tutti i cantieri aperti.
L’imprenditore, in difficoltà economiche, prende tempo. Dopo numerosi rinvii è ancora Luciano Messina a fissare un nuovo appuntamento con Mario Di Bella. Nel corso dell’incontro quest’ultimo, racconta ancora la vittima, insiste perché gli vengano consegnati i soldi chiesti, anche tramite assegni post datati, e riferisce che Parisi è molto arrabbiato. L’imprenditore continua a sostenere di non essere in grado di pagare.
Nell’aprile del 2008 Salvatore Fiore, strozzato dai debiti e già sotto usura da parte di altri soggetti, chiede a Luciano Messina un prestito di 10mila euro. Quest’ultimo ancora una volta lo indirizza a Di Bella. All’appuntamento, questa volta fissato al porto di Riposto, la vittima avrebbe conosciuto un altro degli imputati, Giuseppe Tropea. Di Bella e Tropea, racconta ancora la vittima, gli concedono un prestito di 5000 euro, consegnandogli 2500 euro ciascuno in contanti. In cambio però avrebbero preteso due assegni da 5000 euro. Il primo per la copertura della somma capitale ed il secondo per gli interessi, pari al 20% mensili.
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17 Maggio 2015, 06:09