Riecco i termovalorizzatori |Ma resta l’incognita dei tempi

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18 Gennaio 2015, 19:57

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PALERMO – Il progetto è ancora solo una bozza. E al momento niente è certo: né i tempi, che alla Regione stimano ottimisticamente in un anno, né i numeri. Sta di fatto che la parola “termovalorizzatori” al dipartimento regionale Rifiuti non è più un tabù: di certo non si tratterà di impianti enormi come quelli previsti nell’èra Cuffaro e poi bloccati da Raffaele Lombardo, ma di strutture decisamente meno capienti nelle quali far confluire complessivamente un migliaio di tonnellate di rifiuti al giorno. Quel che alla Regione stanno cercando di capire, però, è il quando, il come e il dove. Tutto, insomma. Anche perché il pallino, in realtà, è nelle mani di Roma.
A cambiare la partita è stato il decreto “sblocca-Italia”. Il provvedimento del governo finito al centro delle polemiche per le trivelle, in realtà, contiene anche un’altra norma: all’articolo 35 è scritto chiaro e tondo che “gli impianti (di incenerimento, ndr) costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, garantiscono la sicurezza nazionale”. Insomma: sono strutture strategiche di competenza romana. E quindi solo Roma può decidere dove, quando e come costruirli. Certo, dopo aver sentito le Regioni. Ma in autonomia.
Naturale che, come LiveSicilia ha spiegato ieri, alla Regione si pensi più alla differenziata, nel frattempo. Al momento la Sicilia produce circa seimila tonnellate di immondizia al giorno: se la percentuale di riciclaggio passasse dal 10 attuale al 40-50 per cento, l’obiettivo ipotizzato da Palazzo d’Orléans per quest’anno, ne resterebbero tre-quattromila da smaltire. Qui entrerebbero in scena i termovalorizzatori, che al dipartimento Rifiuti chiamano semplicemente “valorizzatori”: l’ipotesi prevalente, al momento, è realizzarne due o tre per un totale di mille tonnellate, ma al momento non si escludono altre soluzioni. Quali? Ad esempio far confluire i rifiuti nelle centrali Enel ad olio – ad esempio quelle di Porto Empedocle e Augusta – o, con un’ipotesi meno probabile, nelle cementerie, ma anche affidarsi all’export del “secco stabilizzato”, insomma di quella parte dell’immondizia già trattata che secondo le valutazioni della Regione non dovrebbe ricevere autorizzazioni particolari per viaggiare.
Ancora meno certi, in queste condizioni, sono i tempi. Alla Regione nessuno si sbilancia, ma a microfoni spenti si respira ottimismo: “Una volta deciso tutto il resto – dice un funzionario molto vicino al dossier – si stima un anno per costruirli”. In realtà anche qui la trafila è più complessa: innanzitutto perché un anno è esattamente il tempo prescritto dalla legge per superare la fase delle autorizzazioni, insomma per permettere a chi abita vicino al futuro inceneritore di opporsi, e poi perché le nuove piattaforme ipotizzate sono strutture complesse. Tanto da spingere chi ha lavorato ai progetti del decennio scorso a ipotizzare un calendario con molti più fogli: “Anche se un piano definito ancora non c’è – spiega un tecnico dell’universo rifiuti – è praticamente impossibile costruire un inceneritore in meno di tre anni”. Fino ad allora bisognerà abbozzare. Magari affidandosi all’export. O aspettando, ancora una volta, che a sbrogliare la matassa ci pensi Roma.

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18 Gennaio 2015, 19:57

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