Tornano le ‘Ntuppatedde” |”In bianco per la libertà”

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04 Febbraio 2013, 11:32

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Le 'Ntuppatedde insieme alle Candelore in piazza Duomo

CATANIA – Vogliono far tornare a Catania la tradizione delle “Ntuppatedde” e per questo si aggirano tra i devoti cantando, ballando e spiegando ai cittadini il loro gesto. Sono sette ragazze – sei siciliane ed una spagnola – che in questi giorni di Festa si vestono di bianco per far rivivere una figura speciale della tradizione antica ormai andata perduta. Si chiamano Deborah Rizzuto, Stefania Milazzo, Elena Rosa, Sara Firarello, Vera De Propis, Ester ed Ila. Alcune sono studentesse, altre lavorano nel sociale, insegnano danze popolari, sono performers.

Un'immagine storica delle Ntuppatedde catanesi

“Le ntuppatedde – spiegano a LiveSiciliaCatania Stefania Milazzo ed Elena Rosa – erano figure femminili che, fino alla metà dell’800, si velavano il viso per non farsi riconoscere e, così nascoste, vivevano il loro unico momento di libertà femminile nel quale era loro concesso di tutto: fare scherzi, lasciarsi corteggiare, ricevere doni, uscire di casa da sole. Noi ci ispiriamo a questa tradizione e vogliamo riproporla portando il simbolo della libertà della donna, con la sola differenza dell’abito bianco: secondo la tradizione, infatti, le ntuppatedde erano vestite di nero con un lungo mantello scuro. Noi, invece, abbiamo scelto il bianco perchè pensiamo sia più vicino al colore della donna e di Agata”.

Le Ntuppadette insieme ai devoti catanesi

Ieri la prima uscita del gruppo: “Abbiamo seguito le candelore – racconta Elena – e danzato al ritmo delle loro bande musicali. La reazione della gente è stata bellissima: gli uomini, specie i portatori delle candelore ed i membri delle bande, ci hanno accolto in modo molto festoso, abbiamon suonato e ballato con loro. Le donne hanno guardato con simpatia, ci hanno chiesto informazioni su chi eravamo e abbiamo ballate tutte insieme”.

Le Ntuppatedde danzano durante i festeggiamenti agatini

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La loro danza continua anche oggi: le nuove “‘Ntuppatedde” hanno creato un evento di Facebook ed invitano le ragazze catanesi ad unirsi a loro. Questo il testo del loro invito.

“Agata, pronta a farsi amputare le mammelle pur di non sottostare al suo carnefice.. Le ‘Ntuppatedde, accanto a lei, fino alla metà dell’Ottocento. Signore maritate o nubili che si mescolavano tra la folla dei devoti, travestite e irriconoscibili, potevano andare tra i cittadini, molestarli, toccarli, esigere regali, senza che i rispettivi padri o mariti potessero protestare.. poi furono proibite e passarono di moda. Bene, eccoci alla festa della Santa Patrona di Catania, tra le candelore, la carne di cavallo, la cera e la devozione. Migliaia di uomini pronti a perdere il sonno, a trascinare a braccia il fercolo della santa, ad urlare a squarciagola il loro amore per la Picciridda. Noi di Oscena Urbana, donne, vogliamo partecipare perché pensiamo di essere imprigionate nelle menti di noi stesse, tra l’idea di chi siamo e quella di una libertà che vorremmo essere, praticare ed avere. Ma non la pratichiamo e non la siamo. Il martirio è quotidiano nel tavolo del potere al quale serviamo, mangiamo, brindiamo e festeggiamo. Eccoci nel vaneggiamento tra una Santa Agata e una qualunque anonima ‘Ntuppatedda, alla quale come da antica tradizione secentesca concediamo due giorni di libertà.. Poi tra qualche giorno ritorneremo alla normalità. Faremo di ciò che resta del vostro banchetto la nostra occupazione, ritorneremo a chiamarci colleghe, a studiare nelle università, dalle quali non avremmo imparato nulla, fuorché farcele palpeggiare, le mammelle (ci perdoni Santa Agata, ma certi mali non hanno tempi e noi non siamo martiri), faremo concorsi e ci aspetteremo di trovare un lavoro, forse qualche volta ci occuperemo di Teatro, così per diletto, s’intenda, siamo solo giovani e donne. Non sia mai questo il banchetto, quello del Teatro, misero e scaduto, del quale nutrirci. E non sia neppure quello della performance urbana a farci venire troppa fame di libertà, perchè c’è sempre qualcosa di più importante da fare nelle nostre giornate ammaestrate. Quindi due giorni, solo due.

Le Ntuppatedde

Vi invitiamo, dunque, care concittadine, ad unirvi a questa comparsata, tra le vie della nostra città, travestite dell’abito bianco più bello che avete, con un velo a coprire il volto, irriconoscibili, ‘Ntuppatedde e libere”.

La figura delle Ntuppatedde è stata raccontata da Giovanni Verga nella novella “La coda del diavolo“: “Il costume componesi – si legge nel testo – di un vestito elegante e severo, possibilmente nero, chiuso quasi per intero nel manto, il quale poi copre tutta la persona e lascia scoperto soltanto un occhio per vederci e per far perdere la tramontana, o per far dare al diavolo. (…) Dalle quattro alle otto o alle nove di sera la ’ntuppatedda è padrona di sé (cosa che da noi ha un certo valore), delle strade, dei ritrovi, di voi, se avete la fortuna di esser conosciuto da lei..”.

“Facevano capire – spiega a LiveSicilia Catania l’esperta di beni culturali e tradizioni popolari Maria Teresa Di Blasi – la necessità di una valvola di sfogo da parte delle donne dell’epoca, e indicano quanto fosse terribile la condizione femminile nella Catania del tempo. Spero davvero che l’iniziativa di queste ragazze, che riapre il dibattito sull’emancipazione femminile, sia utile per far capire che non c’è bisogno di tenere ancora oggi le donne chiuse in una scatola”. Maria Teresa Di Blasi ricorda che sull’argomento ci sono due saggi: “Le donne nella festa di Sant’Agata a Catania, ossia Delle ‘ntuppateddi” (1952) di Carmelina Naselli (1894-1971), e “Il mondo popolare di Giovanni Verga” di Carmelo Ciccia. Quest’ultimo le descrive così: ” … ‘intuppateddi (specie di chiocciole che hanno l’uscita tappata da un velo), traducibile in italiano con imbacuccate. Usanza per la quale le donne catanesi in occasione della festa di Sant’Agata, si mascheravano lasciando visibile solo un occhio e andavano per le strade con facoltà di accompagnarsi in incognito a qualsiasi uomo gradito”. “L’uomo – osserva Maria Teresa Di Blasi – passa da cacciatore a preda, con una sorprendente inversione dei ruoli. Successivamente l’usanza, abbandonata a Catania, proseguì nel comune di Paternò, in occasione del Carnevale”.

Per seguire la Festa di Sant’Agata su Twitter: #LiveSAgata

 

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04 Febbraio 2013, 11:32

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