Torrisi professa la sua innocenza| Il Riesame “Un accordo punitivo”

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01 Novembre 2013, 18:32

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CALATABIANO. Saranno compiuti nei prossimi giorni dai Ris di Messina una serie di esami balistici e biologici irripetibili su armi e indumenti sequestrati dai carabinieri della Compagnia di Giarre a cinque dei sei indagati in carcere per l’omicidio di Salvatore Buda, il pastore di Calatabiano ucciso lo scorso 23 gennaio.

Intanto i tre testimoni dell’omicidio avrebbero confermato, nel corso dell’incidente probatorio di alcune settimane fa davanti al Gip, quanto già dichiarato precedentemente agli inquirenti. Proclama la sua innocenza dal carcere, nel quale è detenuto dallo scorso 17 luglio, l’ex assessore di Sant’Alfio Giovanni Torrisi per bocca del legale Gino Ioppolo. “Il mio assistito non sta bene – dichiara l’avvocato Ioppolo – perché si trova in carcere da oltre tre mesi, professando la propria innocenza rispetto ai fatti contestati. La sua unica colpa – prosegue Gino Ioppolo – è di essersi trovato in quei luoghi”. Torrisi, secondo la difesa, si sarebbe trovato per caso in Contrada Felicetto quel 23 gennaio. “Il mio assistito era impegnato in una battuta di caccia con Mariano Nucifora – spiega l’avvocato Ioppolo – il quale lo ha pregato di accompagnarlo all’ovile di Salvatore Buda, deviando quindi dal percorso prestabilito. Non c’era alcun progetto condiviso”.

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Non dello stesso avviso il Tribunale del Riesame che ha rigettato la richiesta di scarcerazione. Secondo i giudici, infatti, gli indagati si sarebbero ritrovati sul luogo dell’omicidio in seguito ad “un preciso accordo punitivo”. Non solo. Sarebbero stati proprio Giovanni Torrisi e Mariano Nucifora, quest’ultimo proprietario delle sei pecore sparite, ad attivare l’azione punitiva dopo aver accertato che nell’ovile della vittima erano custoditi i sei ovini. Secondo il Riesame la brevità delle conversazioni intercorse quella mattina tra tutti gli indagati testimonierebbe l’esistenza di un piano già preordinato. La reazione dell’ex assessore, scoppiato in lacrime dopo la morte di Buda, sarebbe dovuta, secondo il collegio, solo al “carattere traumatico” della scena. Secondo i giudici della quinta sezione penale tutti gli indagati avrebbero mostrato “facilità d’uso delle armi a scopo di minaccia contro soggetti disarmati, implicita accettazione di sviluppi violenti e compattezza criminosa nelle fasi di programmazione ed esecuzione”.

 

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01 Novembre 2013, 18:32

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